Molti dei discepoli di
Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può
ascoltarla?».
Gesù nel suo lungo discorso sul pane ha insistito molto sull’identificazione pane-carne, ed ecco il risultato: dapprima
la perplessità, poi il rifiuto.
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non
andavano più con lui.
Una bella differenza
dalle scene di grandi folle che lo seguivano!
Gesù, sapendo dentro di sé che i
suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi
scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo
Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto
sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
È un momento
fondamentale nel percorso dei vangeli. Ciò che Gesù propone a questo punto mette in crisi la
folla e in particolare i
discepoli. Gesù non accontenta più la folla e spiazza i suoi
seguaci. Momento davvero importante, questo, perché finalmente Gesù si presenta
con quello che è venuto a portare, che piaccia o no. Lui sa benissimo che le
cose che propone sono sconcertanti e inaspettate, e non si aspetta che tutti le
accolgano e le accettino subito e acriticamente. Si aspetta però che si fidino
di lui. Fidarsi permette di aprirsi anche a cose che non si capiscono, ma
richiede anche un rapporto personale sufficientemente profondo e una adeguata
conoscenza di colui del quale ci si fida.
Ecco perché questo
momento è così fondamentale. Chi ha cercato Gesù, seguito Gesù, magari osannato
e applaudito Gesù senza però arrivare a conoscerlo (quindi in fondo
pensando più a se stesso che a lui), ora si trova spiazzato. Ciò che Gesù
chiede e propone non corrisponde più alle esigenze di chi lo segue.
Gesù infatti sapeva fin da principio
chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E
diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è
concesso dal Padre».
Gesù introduce ora un
ulteriore aspetto, e chiama in causa il Padre. Non c’è in ballo solo da una
parte l’esigenza dell’uomo, le sue aspettative, le sue necessità e i suoi
desideri, e dall’altra le proposte, le esigenze e le rivelazioni di Gesù. C’è
in questione anche un misterioso intervento del Padre, a cui Gesù aveva già fatto
riferimento in precedenza.
Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha
mandato. Gv 6, 44
Noi cristiani tendiamo a
mettere in gioco, nelle cose che riguardano la fede, due punti di vista, che
tra l’altro mettiamo allo stesso livello di dignità e importanza: il nostro e
quello di Cristo. Come se fossero due opinioni personali ugualmente valide, che
possono coincidere o divergere, ma che hanno la stessa importanza. Normalmente il passaggio successivo è la
prevalenza della nostra posizione personale; se coincide con quella di Gesù, la
sentiamo avvalorata, se non coincide, troviamo sempre il modo di giustificare
la nostra scelta e non la sua, tirando in ballo la libertà e la coscienza.
Ma se le cose non
stessero proprio così, e riguardo al rapporto con Dio ci fosse uno
sbilanciamento? La mia idea e quella di Dio sono ugualmente importanti? Hanno la
stessa dignità e lo stesso peso? Gesù qui tira in ballo il Padre, perché la
propria divinità è ancora troppo nascosta, e rischia ancora di essere ritenuto
un uomo come gli altri, davanti al quale ci si potrebbe porre alla pari,
contrapponendo le proprie opinioni alle sue. Ma Gesù piano piano mette
in gioco anche Dio stesso, davanti al quale le nostre posizioni, le nostre idee,
le nostre opinioni, per quanto legittime e importanti, assumono un peso molto
diverso.
“chi pretendi di essere?”. Rispose Gesù: “Se io glorificassi me
stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del
quale voi dite: "E' nostro Dio!", e non lo conoscete. Io invece lo
conosco. Gv 8, 53-55
Da quel momento molti dei suoi
discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Ecco il risultato finale:
quello che Gesù (e il Padre) propongono non corrisponde alle attese, non
asseconda le aspettative, non piace o non interessa più, o non viene capito. Il
discepolo (io, ciascuno di noi) finisce per trovarsi di fronte non a una scelta
tra posizioni diverse ma comunque possibili, ma a doversi fidare, e se non c'è una sufficiente conoscenza personale di Dio questo non è possibile.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete
andarvene anche voi?».
Gesù non si lascia
intimorire dalla caduta di consenso, dai sondaggi che non lo premiano. Non gli
interessa farsi eleggere, ma continuare a proporre quello che ha da dire e da
rivelare. Piaccia o no. La domanda che fa agli Apostoli non è ‘ho esagerato? Sono
stato troppo esigente?’, non chiede loro se quello che ha detto piace o no,
interessa o no, corrisponde alle attese o no.
Gli rispose Simon Pietro: «Signore,
da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto
che tu sei il Santo di Dio».
Credo che il miglior
commento alla risposa di Pietro sia questo:
lettera
di don Lorenzo Milani a don Ezio Palombo, Prato
Barbiana,
25. 3. 1955
... non so cosa
dirti del ping pong. Io sono sicuro che se lo spezzi nel mezzo e se in
conseguenza di ciò non avrai più nessun ragazzo intorno non morrà nessuno.
Avrai più tempo per pensare, più silenzio, e in più pian piano andrai
costruendo quell’immagine di prete più vera e degna di te che con l’andare del
tempo attirerà col suo valore intrinseco molto più i ragazzi che il ping pong.
L’immagine di quel vero prete che sei già e che non devi mascherare da
giocoliere né abbassare per avvicinare chi è in basso.
Chi è in basso
(cioè chi cerca disperatamente dei sistemi per buttare via il tempo) deve
vederti in alto, magari per qualche anno odiarti e disprezzarti e fuggirti, e
poi se Dio gli dà la grazia pian piano cominciare a invidiarti, imitarti,
superarti.
“Ponete in alto il vostro cuore e fate sia
come fiaccola che arda”. Io penso che su questo punto non bisogna aver pietà,
di nessuno. La mira altissima, addirittura disumana (perfetti come il Padre!) e
la pietà, la mansuetudine, i compromessi paterni, la tolleranza illimitata solo
per chi è caduto e se ne rende conto e chiede perdono e vuol riprovare da capo
a porre la mira altissima. Ma un tavolo da ping pong è un monumento sempre
presente di mira modesta e squalifica la tua dignità di sacerdote del Dio Altissimo.
Non
mi pare che risulti che Gesù andasse a cercare i peccatori tanto quanto che
erano loro a cercarlo. E se quest’ultima affermazione non fosse vera, diciamo
almeno che se anche li ha cercati c’è riuscito poco dato che quando morì
l’avevano abbandonato tutti. Eppure se li avesse voluti poteva far comparire
ben altro che un ping pong per attirarli! Quando fu morto e ben fallito, i
milioni di uomini che lo hanno cercato e trovato non lo hanno fatto perché lui
e la sua croce e la sua legge fossero molto attraenti, ma perché erano loro che
si sentivano vuoti e disperati e bisognosi di lui.
Ecco
dunque l’unica cosa decente che ci resta da fare: stare in alto (cioè in grazia
di Dio), mirare in alto (per noi e per gli altri) e sfottere crudelmente non chi
è in basso, ma chi mira basso. Rinceffargli ogni giorno la sua vuotezza, la sua
miseria, la sua inutilità, la sua incoerenza. Star sui coglioni a tutti come
sono stati i profeti prima e dopo Cristo. Renderci antipatici, noiosi, odiosi,
insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce. E
splendenti e attraenti solo per quelli che hanno la grazia sufficiente da
gustare altri valori che non siano quelli del mondo.
La
gente viene a Dio solo se Dio ce la chiama. E se invece che Dio la chiama il
prete (cioè l’uomo, il simpatico, il ping pong) allora la gente viene all’uomo
e non trova Dio.
Ma
io tutte queste cose ti ho già detto a sazietà e dimostrato coi fatti alla mano
che son riuscito ad attirare gente io che sono in grazia di Dio una volta sì e
dieci no... e tu ti sgomenti che stai in grazia di Dio dalla mattina alla sera?
Sei
tanto bischero!
Un abbraccio affettuoso e scrivi
presto, tuo