Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla.
Questo curioso episodio segue la moltiplicazione dei pani
e dei pesci (Mt 14, 16-21). Il messaggio che vuole dare Gesù è ‘non
preoccupatevi, non vi mancherà ciò di cui avete bisogno’. Ma di fronte ai
bisogni immediati e vitali (fame, pericoli) è difficile confidare solo in Dio
senza preoccuparsi. In un altro momento raccontato da Marco, che inizia anche
con il richiamo ai pani e alla barca, si vede come i discepoli fatichino, pur
avendo assistito ai segni fatti da Gesù, a staccarsi dalle necessità materiali:
I discepoli
avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che
un pane solo. Allora egli li ammoniva dicendo: “Fate attenzione, guardatevi dal
lievito dei farisei e dal lievito di Erode!”. E quelli dicevano fra loro: “Non
abbiamo pane”. Ma Gesù, accortosi di questo, disse loro: “Perché discutete che
non avete pane? Non intendete e non capite ancora? Avete il cuore indurito?
Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando
ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete
portato via?”. Gli dissero: “Dodici”. “E quando ho spezzato i sette pani per i
quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?”. Gli dissero:
“Sette”. E disse loro: “Non capite ancora?”. Mc 8, 14-21
Nel nostro episodio Gesù mette ancora una volta i
discepoli in una situazione di bisogno, per aiutarli a capire dove bisogna
mettere la presenza del Signore nella loro vita.
L’episodio inizia con Gesù che costringe i discepoli a salire sulla barca e ad attraversare il
lago. Li costringe proprio, e li lascia da soli nella traversata.
Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a
pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto
distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti
era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro
Non solo li lascia da soli, ma devono affrontare la
traversata con il vento contrario. E li lascia in quella situazione tutta la
notte. Notte che richiama le notti travagliate che nella nostra vita non
mancano mai.
camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i
discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura.
Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».
È un episodio curioso perché si intravvede in trasparenza
un richiamo a qualcosa di più grande rispetto al solo evento della traversata.
Perché Gesù fa fare questa cosa ai discepoli? Che significato ha questo
episodio? E cosa vuol dire questo suo camminare sull’acqua? Non mi sembra che
Gesù faccia mai dei gesti a caso o solo per stupire. Giovanni li chiama ‘segni’
proprio perché indicano qualcosa che va oltre e che va scoperto.
Proviamo a rileggere il testo in una visione più ampia.
Sappiamo che il mare, nella visione biblica (e non solo) è il simbolo stesso
della vita. Per un popolo che vive tra il deserto, il Mediterraneo e il
Giordano, il mare è allo stesso tempo fonte di sostentamento e di morte. E la
vita davvero è come un mare profondo, pieno di risorse ma anche di pericoli.
Siamo stati costretti, come i discepoli da Gesù, ad
attraversare questo mare. Non abbiamo scelto noi di venire al mondo. Se
vogliamo il vivere è un subire decisioni altrui, a partire da Dio stesso. Ma
nello stesso tempo è certamente un grande regalo e una potente sfida. Ma la
grande domanda che tutto questo genera è: in tutto questo il Signore dov’è?
Quante volte ci siamo fatti questa domanda! Un episodio nel vangelo di Marco ci
presenta una situazione simile:
In quel medesimo
giorno, verso sera, disse loro: “Passiamo all'altra riva”. E lasciata la folla,
lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con
lui. Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava le onde
nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino,
e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t'importa che
moriamo?”. Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il
vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché siete così
paurosi? Non avete ancora fede?”. E furono presi da grande timore e si dicevano
l'un l'altro: “Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare
obbediscono?”. Mc 4, 35-41
Non ti importa che moriamo? Perché ci lasci soli nella
vita e te ne vai (o dormi)?
La singola situazione ci sembra chiusa, disperata,
abbandonata.
Però…
nel nostro episodio Gesù non se n’è andato in ferie:
salì sul monte,
in disparte, a pregare
E per chi starà mai pregando?
Coraggio, sono
io, non abbiate paura!».
E nell’episodio di Marco Gesù è pur sempre lì sulla
barca. Dorme, è vero, ma è lì.
Perché siete
così paurosi? Non avete ancora fede?
E nell’episodio del rimprovero perché pensano al pane,
Gesù li mette di fronte a due eventi in cui ha provveduto.
Non capite
ancora?
Mi sembra sia possibile intravvedere nel nostro episodio
tutto il senso della nostra vita. Il nostro essere costretti ad attraversarla
fino all’altra riva, le difficoltà che incontriamo, il nostro sentirci soli. E
nello stesso tempo la sua presenza-assenza. Il suo pregare per noi, il suo
saper camminare su questo mare in cui noi rischiamo di affondare. Il nostro
essere comunque su una barca, che per quanto in pericolo ci tiene a galla.
Il camminare di Gesù sull’acqua e la paura dei discepoli
ci richiama un altro evento fondamentale: la resurrezione:
Mentre essi
parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: “Pace
a voi!”. Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse:
“Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie
mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha
carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i
piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti,
disse: “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di
pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Lc 24, 36-43
Solo la capacità di vedere le cose nel loro insieme
globale, eterno, come le vede Dio, ci permette ci capire il senso dei piccoli
eventi e delle singole situazioni che nel momento in cui le viviamo non
sappiamo capire.
Solo la resurrezione ci fa intravvedere il senso delle
cose.
Ma mica è ancora finita. La resurrezione in sé potrebbe
essere il miracolo supremo, l’intervento conclusivo di Dio che mette tutto a
posto (ma che nel nostro piccolo raramente siamo capaci di vedere, quindi non
capiamo sempre quello che ci sta capitando). Ma, come nel vangelo, mai Gesù
interviene autonomamente e dall’esterno, bensì richiede sempre una
collaborazione di qualche tipo da parte nostra. Anche nella nostra vita ci
coinvolge, ci chiama in causa, non ci lascia spettatori ad ammirare i suoi
superpoteri in azione.
Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami
di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla
barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.
Mi viene in mente un altro episodio, sempre dopo la resurrezione
di Gesù:
Tommaso, uno dei
Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora
gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non
vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei
chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo
i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù,
a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Poi disse a
Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e
mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!”. Rispose
Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai
creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”. Gv 20, 24-29
Sia Pietro che Tommaso vogliono sperimentare in prima
persona. E Gesù non glielo impedisce. Li provoca, li invita a sperimentare, a
toccare, a provare in prima persona.
Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e,
cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la
mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Manca qualcosa a Pietro. Ricordiamoci che la fede, così
come ce la presenta Gesù, non è un semplice credere nell’esistenza di un dio,
ma un invito a fidarci di lui, qualunque cosa succeda.
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che
erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio
di Dio!».
Stupore per loro, ma credo non ancora comprensione. Comprendere
significherebbe non solo meravigliarci e osannare, ma immergerci in lui,
diventare come lui, fare come lui. Ma quanto è difficile! È più facile stupirci
e lasciarlo da solo a fare miracoli che diventare come lui.