sabato 30 marzo 2024
domenica 10 marzo 2024
domenica 3 marzo 2024
domenica 25 febbraio 2024
domenica 18 febbraio 2024
domenica 11 febbraio 2024
lo toccò
Venne da Gesù un lebbroso
La lebbra, per
quanto sia ora curabile e curata, resta una malattia terribile per i danni che
può arrecare. Senza cure il corpo si sgretola letteralmente. ‘Essere
a pezzi’ in quel caso diventa ben più che un modo di dire. E la reazione istintiva davanti a chi si trova in quella terribile situazione è quella di repulsione, di disgusto.
lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!».
Ancora il riferimento alla ‘purificazione’. Lo ‘spirito’ nella sinagoga di Cafarnao era impuro e il lebbroso chiede a Gesù di essere purificato. L’impurità rituale aveva un posto rilevante nella mentalità biblica, e sarà interessante vedere che Gesù non la tratta con sufficienza, come una cosa sbagliata o secondaria, ma come in molte altre cose aiuta a ridarle il senso originario che si è perso. Il punto fondamentale attorno al quale ruota tutto è la santità di Dio. Dio è santo, il suo popolo deve essere santo.
Il Signore parlò a Mosè: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Lv 19, 2
Una prima distorsione di questo presupposto avviene quando si confonde la santità con la purezza. La santità è la perfezione nel bene di Dio. La purezza ne è solo un aspetto. Dio è santo, quindi in lui non c’è alcun male. Della necessità di somigliare a Dio, il popolo biblico (ma anche noi) a volte si ferma solo su alcuni aspetti, in particolare l’evitare il male, tralasciando l’aspetto principale, che è invece quello di tendere al bene. Insomma, l’uomo tende a semplificare le cose, e confonde a volte il fare il bene con il non fare il male. Nel fare il bene l’attenzione è rivolta al bene. Nel non fare il male l’attenzione è rivolta al male.
È un piccolo passaggio, difficile da cogliere nei suoi risvolti pratici (che sono quelli a cui facciamo più attenzione), ma è un passaggio importantissimo. Invece di essere proteso verso il bene, l’uomo rischia di essere ossessionato dal male. E l’attenzione a evitare il male, che di per sé è un connotato positivo, rischia di ridursi a evitare che qualcosa di male mi contamini. Anche questo è un passaggio importante, anch’esso purtroppo verso il basso. È il criterio che sta sotto non solo, come si è visto, a un certo modo di vedere le cose del popolo biblico, ma anche a un modo di vedere le cose non estraneo alla nostra mentalità: quello che vede il male come generato da forze ostili esterne a noi (malocchio, fatture, maledizioni) ma che che è anche quello che banalmente ci porta a dare sempre la colpa a qualcun altro.
Il male è in primo luogo quello che commette l’uomo, non qualcosa che lo sporca dall’esterno. È qualcosa di interno, di interiore. È vero che c’è anche la sua origine diabolica (e infatti Gesù già dall’inizio della sua predicazione si scontra con questo aspetto), ma il male in noi è tale quando è fatto nostro, con una scelta libera e consapevole.
Una delle cose a cui il popolo biblico faceva maggiormente attenzione era il non contaminarsi. E causa di contaminazione era una serie innumerevole di cause, dal maligno fino a qualunque tipo di malattia o di problema psichiatrico, e ancora giù giù fino agli animali e agli oggetti.
Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate ( i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti), quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le
labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
...
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
Mc 7, 1-23
Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
Gesù risponde alla richiesta del lebbroso assecondandola, e parlando di purificazione anche lui. Ma per Gesù la purificazione è un atto completo, che non interviene solo sull’impurità rituale, ma anche sulla malattia.
Poi però fa qualcosa di inaspettato, che in realtà abbiamo già avuto modo di vedere:
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Gesù lo caccia via e gli impedisce di parlare. Come aveva fatto con lo spirito impuro nella sinagoga e con i demòni. Perché questo atteggiamento di Gesù? Ormai la sua fama si sta già diffondendo, che senso ha ormai dire a uno solo di non divulgare la notizia?
Tutta la città era riunita davanti alla porta. Mc 1, 33
Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Mc 1, 37
Gesù non voleva che si sapesse che lo aveva toccato? Potrebbe essere. Gesù toccando un impuro, secondo la legge di Mosè si era reso impuro anche lui, e a sua volta avrebbe reso impuri tutti coloro che lo avrebbero toccato. Ma allora perché aveva toccato il lebbroso? La questione è molto complicata, ma interessante, perché cominciano ad emergere degli indizi riguardo all’identità di Gesù. Il primo è nascosto nel gesto stesso di Gesù. Secondo la legge di Mosè chi toccava un impuro diventava impuro. Ma Gesù toccando l’impuro lo purifica. Ma allora chi è Gesù? I sacerdoti da cui Gesù invia il lebbroso non potevano purificare della lebbra, ma solo accertare che il lebbroso fosse guarito, quindi dichiararne la purezza e quindi il ritorno alla socialità. Ma Gesù fa qualcosa di più: guarisce la lebbra. Quindi Gesù è ben più dei sacerdoti. Ma se, oltre alla fama, Gesù si portasse con sé anche una dichiarazione pubblica di impurità non potrebbe più fare nulla. Ecco allora forse perché Gesù non vuole che questo lebbroso faccia sapere in giro quello che Gesù ha fatto. Quello che dice Marco subito dopo infatti potrebbe essere un indizio di questo timore di Gesù:
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Il lebbroso ha diffuso la notizia, e Gesù deve stare fuori delle città, come era imposto a chi era impuro:
Il lebbroso … è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento». Lv 13, 45-46
Il tocco di Gesù ha ribaltato la situazione: il lebbroso che doveva essere isolato ora può rientrare con gli altri. Gesù invece non può più entrare in città e deve stare fuori lui, come un lebbroso. Questa situazione evidenzia bene come Gesù si immedesima totalmente nella situazione. Non è solo il benefattore che dall’alto della sua bontà fa qualcosa per gli altri. Guarisce il lebbroso diventando lebbroso lui.
Ma c’è un altro
aspetto in quest’ultima constatazione dell’evangelista: Gesù ha ordinato al
lebbroso di non dire nulla. E il lebbroso disobbedisce.
E lo fa doppiamente: non solo divulga il fatto, ma a quanto pare non si
presenta neppure al sacerdote come Gesù gli ha chiesto. Questa disobbedienza ha
due conseguenze gravi: Gesù non potrà più fare quello che voleva. Non potrà più
entrare nelle città. Non potrà più incontrare le persone che avrebbe voluto
incontrare. È vero che saranno loro ad andare da lui, ma non è detto che
sarebbero state le stesse. A causa della disobbedienza del lebbroso qualcuno
non potrà incontrare Gesù. La seconda
conseguenza è che l'azione di
annuncio del lebbroso guarito è in qualche modo ‘contaminata’. La sua stessa guarigione non è completa: ha disobbedito al Signore e ha
disobbedito alla Legge. Se vogliamo usare un linguaggio diverso, prima era malato, ma ora è un peccatore.
Abbiamo già notato che uno dei motivi per cui Gesù non vuole che chi ha ricevuto il suo intervento benefico vada subito in giro a parlarne è che quell'intervento deve essere l'inizio di una conversione della persona guarita; deve entrare nel profondo e guarire tutta la propria vita. E questo richiede del tempo, anche molto tempo. Saltare quel passaggio fa diventare il proprio annuncio nient'altro che una notizia straordinaria da raccontare a tutti.
È possibile da parte nostra giustificare e interpretare con leggerezza questo comportamento. Dopotutto quell’uomo è talmente contento che non sa tacere quello che gli è successo. Però Gesù gli ha detto di fare una cosa e lui non ha obbedito. Dopo che lui ha fatto una richiesta a Gesù ed è stato ascoltato.
giovedì 8 febbraio 2024
lunedì 5 febbraio 2024
tutti ti cercano!
domenica 28 gennaio 2024
fate attenzione ai baobab!
Gesù, entrato di sabato nella
sinagoga, a Cafàrnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli
infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Gesù ha autorità. Il suo modo di insegnare possiede un’autorevolezza che gli scribi non hanno, ma questa autorità la si può intendere anche come l’essere autore di ciò che sta avvenendo. Il vangelo non esiste ancora, e Gesù stesso lo sta scrivendo, lo sta creando con le sue parole e con le sue azioni.
Nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro
Anche se l’origine della parola in latino richiama il
respiro, la vita, quindi qualcosa di interiore, nel linguaggio parlato noi
occidentali intendiamo genericamente con spirito qualunque cosa richiami al
soprannaturale, quindi qualcosa o qualcuno al di fuori di noi. Nella cultura
ebraica per ‘spirito’ si intende sì qualcosa di soprannaturale ma anche e prima
ancora l’interiorità della persona. Quello che noi occidentali chiameremmo
forse l'animo, il cuore.
…il faraone si svegliò: era stato
un sogno. Alla mattina il suo spirito ne era turbato. Gen 41, 7-8
Sansone bevve, il suo spirito si rianimò ed egli riprese vita. Gdc 15, 19
Entrò da Acab la moglie Gezabele e gli domandò: “Perché mai il tuo spirito è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?”. I Re 21, 5
Prima di vedere all’opera qualcosa di soprannaturale,
possiamo cogliere in quest’uomo nella sinagoga di Cafarnao ‘uno spirito’, cioè
un cuore, impuro, contaminato da qualcosa. Credo che onestamente possiamo
ammettere che queste contaminazioni non ci sono del tutto estranee. Sporcature
affettive, emotive, ossessive, aggressive ce ne portiamo dentro ogni giorno.
Chi di noi non è stato almeno alcune volte preda di ansie, preoccupazioni,
desideri travolgenti, emozioni difficilmente controllabili? Per l'uomo di
Cafarnao questa contaminazione è diventata un vincolo, una schiavitù. Ne è
posseduto, non riesce più da solo a liberarsene. È più forte di lui.
…Sul
pianeta del piccolo principe ci sono, come su tutti i pianeti, le erbe buone e
quelle cattive. Ma se si tratta di una pianta cattiva, bisogna strapparla
subito appena la si è riconosciuta. C'erano dei terribili semi sul pianeta del piccolo
principe: erano i semi dei baobab. Il suolo ne era infestato. Ora, un baobab, se
si arriva troppo tardi, non si riesce più sbarazzarsene. Ingombra tutto il
pianeta. Lo trapassa con le sue radici. E se il pianeta è troppo piccolo e i
baobab troppo numerosi, lo fanno scoppiare.
E un giorno mi consigliò di fare un bel disegno per far entrare bene questa idea nella testa dei bambini del mio paese. "Questo consiglio gli potrà servire" mi diceva. "Qualche volta è senza inconvenienti rimandare a più tardi il proprio lavoro. Ma se si tratta dei baobab è sempre una catastrofe. Ho conosciuto un pianeta abitato da un pigro. Aveva trascurato tre arbusti...".
E su indicazione del piccolo principe ho disegnato quel pianeta. Non mi piace prendere il tono del moralista. Ma il pericolo dei baobab è così poco conosciuto, e i rischi che correrebbe chi si smarrisse su un asteroide, così gravi, che una volta tanto ho fatto un’eccezione. E dico: "Bambini! Fate attenzione ai baobab!"
Antoine de Saint-Exupèry - Il Piccolo Principe
e cominciò a gridare, dicendo: «Che
vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo
di Dio!».
Credo che a tutti sia successo qualche volta di
assistere alla scena di qualcuno che viene accusato o criticato dei suoi
atteggiamenti e invece di mettersi in discussione si inalbera e reagisce
violentemente: ‘Fatti gli affari tuoi!’, ‘Non rompermi le scatole!’. La
reazione di stizza e di ribellione presuppone che chi ci sta criticando o
accusando abbia in fondo ragione. E noi questa ragione non vogliamo sentirla
perché dovremmo ammettere di aver sbagliato e in più darci da fare a cambiare i
nostri atteggiamenti. Cosa che non vogliamo fare, quindi reagiamo urlando
(‘cominciò a gridare’) e aggredendo (’che vuoi da me?’). Sappiamo benissimo che
l’altro ha ragione (‘io so chi tu sei’), ma non vogliamo ascoltare.
E Gesù gli ordinò severamente:
«Taci! Esci da lui!».
Gesù non lascia parlare gli ‘spiriti’. Perché? Eppure
lui è ancora sconosciuto, e gli farebbe comodo un po’ di pubblicità. Ma non è
questo che vuole. Sapere intellettualmente che Gesù è ‘il santo di Dio’ in
realtà non ci serve a molto. Così come conoscere a memoria tutti i vangeli non
aumenta il nostro rapporto con Cristo. Una consapevolezza e soprattutto un
rapporto personale lo si può ottenere solamente con una frequentazione costante
e prolungata con lui. Questo ‘spirito’, il cuore di quest’uomo, sa chi è Gesù,
ma non ha nessuna intenzione di ascoltarlo o di seguirlo. Ecco perché Gesù lo
fa tacere. Per arrivare a conoscere Gesù (che è diverso dal sapere chi è Gesù)
occorre per prima cosa ascoltarlo, poi seguirlo e per molto tempo stare con
lui. La vera professione di fede avverrà al termine del vangelo, non
all’inizio:
Il centurione e quelli che con lui
facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva,
furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”.
Mt 27, 54
Per arrivare a questa esclamazione ci vuole in mezzo
tutta l’esperienza degli apostoli, della folla, del centurione stesso.
Un’esperienza di confronto con Cristo, di ascolto, di incomprensione magari,
anche di ribellione e di diffidenza, ma sempre al suo seguito. Sono molte le
situazioni nei vangeli in cui Gesù dopo un suo intervento impone il silenzio:
…la lebbra scomparve ed egli guarì.
E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: “Guarda di non dir niente a
nessuno… Mc 1, 42-44
…la fanciulla si alzò e si mise a
camminare; aveva dodici anni … Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse
a saperlo e ordinò di darle da mangiare. Mc 5, 42-43
…gli si aprirono gli
orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E Gesù comandò
di non dirlo a nessuno. Mc 7, 36
Mentre scendevano dal monte, ordinò
loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il
Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa,
domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti. Mc 9, 9-10
E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Liberarsi dalle proprie contaminazioni, dalle proprie
dipendenze, non è facile. Pensiamo a quelle dipendenze più eclatanti che sono
la droga, l’alcool, il fumo o il gioco. Quanto è difficile uscirne! Se però queste contaminazioni le si elimina appena notate, è tutto molto più facile.
"E' una questione di disciplina", mi diceva più tardi il piccolo principe: "Quando si ha finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta. Bisogna costringersi regolarmente a strappare i baobab appena li si distingue dai rosai ai quali assomigliano molto quando sono piccoli. E' un lavoro molto noioso, ma facile".
Antoine
de Saint-Exupèry- Il
Piccolo Principe
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Non ho volutamente tirato in ballo satana nel
commentare questo episodio. Innanzitutto perché non mi pare che si parli
principalmente di lui, come abbiamo visto. In secondo luogo perché diffido un
po’ di chi tira in ballo il diavolo tutti i momenti. Come cristiano riconosco
in Cristo il vincitore del maligno e quindi non devo più preoccuparmene
granchè, e poi ritengo che essere creati liberi significa anche assumersi tutte
le responsabilità. E vedere sempre il diavolo in azione per farci compiere il
male mi sembra troppo deresponsabilizzante e contrario al messaggio di Cristo,
che pure di satana parla quando necessario. Infine c’è un ultimo motivo: quando
facciamo il male non c’è bisogno che satana intervenga, facciamo già tutto noi.
È fuor di dubbio che bisogna combattere le grandi tentazioni con un
coraggio travolgente, e la vittoria che ne riporteremo ci sarà di molto aiuto;
tuttavia avviene che si tragga un profitto ancora maggiore nel combattere le
piccole. Il motivo è intuibile: le prime sono grandi, le seconde sono tante. I
lupi e gli orsi sono senza dubbio più pericolosi delle mosche, ma quanto a
farci esercitare la pazienza le mosche li superano di molto!
È facile non essere assassini, ma molto difficile evitare le piccole
collere. È abbastanza facile non cadere in adulterio, ma non altrettanto facile
impedirsi le occhiate. È abbastanza facile non profanare il letto matrimoniale,
ma non altrettanto non compromettere l’amore matrimoniale. È facile non rubare
i beni altrui, non altrettanto non desiderarli e non corteggiarli. È molto
facile non portare falsa testimonianza in tribunale, non altrettanto non
mentire in conversazione. Molto facile non ubriacarsi, non altrettanto
mantenersi sobri. Molto facile non desiderare la morte altrui, non altrettanto
non desiderargli qualche accidente.
Si può concludere che le piccole tentazioni di collera, di sospetto, di
gelosia, di invidia, di antipatia, di stranezza, di vanità, di doppiezza, di
astuzia, di pensieri indecenti, sono abituali anche per coloro che sono già più
incamminati nella vita spirituale e più risoluti!
Ecco perché, cara Filotea, è necessario che ci prepariamo con grande cura e
diligenza a questo combattimento; sii certa che tutte le vittorie che
riporterai contro questi piccoli nemici, saranno tante pietre preziose
incastonate nella corona di gloria che Dio ti prepara in paradiso.
San Francesco di Sales, Filotea
mercoledì 24 gennaio 2024
lunedì 8 gennaio 2024
sabato 6 gennaio 2024
dov'è?
Mt 2, 1-12
Nato Gesù a Betlemme di Giudea
Dopo l’evento della nascita di Gesù
che cosa succede? Possiamo chiedercelo sia in riferimento agli eventi
raccontati dai vangeli, sia nella nostra esperienza personale. Dopo il Natale cosa
avviene? Non tanto dal punto di vista del calendario, quanto dal punto di vista
della rilevanza che per noi ha la nascita di Cristo. È solo un evento storico
che ricordiamo ogni anno (e quindi un appuntamento di calendario) o genera
delle conseguenze per noi? Il fatto che Dio si sia fatto uomo può portare a due
possibilità: lo cerco o non lo cerco.
Dio ha fatto la sua parte, ora tocca
a noi.
al tempo del re Erode, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?
Non sappiamo quasi nulla di questi personaggi, ma quello che ci interessa è cogliere il significato per noi di questo episodio riferito da Matteo. I Magi, chiunque fossero, hanno colto un segno, ma quel segno non è ancora sufficiente per permettere loro di raggiungere Dio, che pure si è già reso visibile. Devono ancora fare due cose, per riuscirci: muoversi e informarsi.
Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».
Riporto qui il commento di Raymond E. Brown (La nascita del Messia, pp. 218-219) in merito a questa curiosa questione della stella.
L’epoca di Matteo non doveva considerare bizzarra l’affermazione che ad annunciare la nascita del re dei Giudei era sorta una stella, la quale avrebbe poi guidato i magi-astrologhi nel tentativo di trovarlo. Virgilio (Eneide II 694) riferisce che una stella aveva guidato Enea al luogo dove doveva sorgere Roma. Giuseppe Flavio (Guerra Giudaica VI v 3) parla di una stella che si era fermata nel cielo di Gerusalemme e di una cometa che era durata un anno all’epoca della caduta della città. … l’opinione secondo la quale almeno le nascite e le morti dei grandi personaggi sarebbero state contrassegnate da segni celesti era ampiamente condivisa. … Svetonio (Augusto 94) riporta una tradizione risalente a Giulio Marato secondo la quale alcuni mesi prima della nascita di Augusto un portento avvenuto in pubblico avrebbe messo in guardia i Romani che la natura si stava preparando a dare loro un re, cosa che avrebbe spaventato il Senato a tal punto da fargli emanare un decreto in cui si proibiva per un anno che venissero allevati maschi.…Svetonio (Nerone 36) narra quanto fosse agitato l’imperatore quando apparve una cometa diverse notti di seguito, poiché, secondo una credenza popolare, una cometa annunciava la morte di una persona di grande importanza. Nerone, superstizioso com’era, eseguì prudentemente il portento mandando a morte alcune personalità del suo regno. Così, dovevano essere motivi familiari a quel tempo, non soltanto l’apparizione di una stella che annunciava la nascita del Messia, ma anche il tentativo di Erode di uccidere il fanciullo.
I Magi hanno individuato un segno che indicava loro qualcosa. Ma questo segno non è sufficiente, non dà indicazioni precise. Tant’è vero che devono informarsi e chiedere ‘dov’è?’.
All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Una risposta alla domanda ‘dov’è?’ è
possibile. C’è qualcuno che può trasformare un segno generico in una
indicazione precisa. Ma bisogna sapere a chi chiedere. Bisogna andare da chi
conosce questa rivelazione: ‘a Betlemme di Giudea, perché così è scritto per
mezzo del profeta’.
E qui succede una cosa curiosa: chi
conosce questa informazione non sembra interessato. Capi dei sacerdoti e scribi
non reagiscono a questa sollecitazione. Potremmo anche dire che anche loro
hanno visto un segno, ma non si sono mossi. Anzi, di segni ne hanno avuti due:
la profezia e i Magi stessi. Eppure non hanno saputo cogliere questi segni. I
più lontani e impreparati (i Magi), che hanno individuato solo un segno
generico da cui non sanno trarre indicazioni precise, sono quelli invece che si
mettono in moto e in ricerca per trovare maggiori informazioni. Con il
risultato che i Magi incontrano il nuovo nato, mentre gli altri no.
Ma c’è ancora un particolare da
notare: è vero che in questo episodio chi ha le informazioni giuste se ne
disinteressa, mentre chi non le ha le cerca …ma ha bisogno comunque di chi le
ha.
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.