Lc 20, 27-38
Si
avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi, i quali dicono che non c’è risurrezione
Dei sadducei (il cui nome deriva da Sadoc, il sacerdote che consacrò come re Salomone) ne dà una buona definizione wikipedia qui. Quello
che è interessante e curioso è che questa corrente di pensiero ‘alternativa’ nella
cultura ebraica del tempo di Gesù possa essere stata presente e accettata in un
ambito che faceva della fede nella resurrezione la propria
nota caratteristica (e certo non erano emarginati, se è dall’aristocrazia
sadducea che spesso venivano scelte le figure dei sommi sacerdoti, e se ancora
pochi anni dopo la morte di Gesù una parte del sinedrio, il massimo organo
legislativo ebraico, era composta di sadducei).
Paolo, sapendo che
una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel
sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in
giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe
detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si
divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né
spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. At 23, 6-8
Tendiamo a dare per scontato che una fede in Dio implichi
automaticamente la fede in qualche forma di resurrezione o di sopravvivenza
dell’anima dopo la morte. Invece nella religiosità ebraica hanno sempre
convissuto queste due correnti, in forme e modi diversi, condividendo la fede
nel Dio dei Padri ma non nella resurrezione dei morti. La resurrezione sarà, come si vede in questo testo, espressamente rivelata solo da Cristo.
gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha
prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli,
suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”.
C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza
figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono
senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla
risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Quello dei sadducei non pare un riferimento a una situazione
realmente accaduta, ma un esempio creato ad hoc per porre la questione delle
modalità della resurrezione. Gli interlocutori di Gesù fanno riferimento alla legge del levirato,
promulgata nel libro del Duteronomio, ma presente anche in altre culture.
Quando i fratelli
abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del
defunto non si sposerà con uno di fuori, con un estraneo. Suo cognato si unirà
a lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere di
cognato. Il primogenito che ella metterà al mondo, andrà sotto il nome del
fratello morto, perché il nome di questi non si estingua in Israele. Ma se
quell’uomo non ha piacere di prendere la cognata, ella salirà alla porta degli
anziani e dirà: “Mio cognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del
fratello; non acconsente a compiere verso di me il dovere di cognato”. Allora
gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno. Se egli persiste e
dice: “Non ho piacere di prenderla”, allora sua cognata gli si avvicinerà in
presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede, gli sputerà in
faccia e proclamerà: “Così si fa all’uomo che non vuole ricostruire la famiglia
del fratello”. La sua sarà chiamata in Israele la famiglia dello scalzato. Dt
25, 5-10
Gesù coglie l’opportunità non tanto per entrare nella questione
dei particolari della resurrezione, quanto per affermarne la reale possibilità.
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo
prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della
vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito:
infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono
figli della risurrezione, sono figli di Dio.
Gesù rivela un particolare interessante: nella resurrezione non si è più sposati. Affermazione curiosa e un po' spiazzante: chi è sposato non sarà più sposato. Perchè? Se il fine della vita, a cui siamo invitati continuamente da Gesù, è amarci gli uni gli altri, nella resurrezione
tutti ci troveremo finalmente nella situazione di poter amare tutti in modo completo,
cosa che nella vita terrena è possibile realizzare solo verso pochissime
persone (la moglie/il marito, i figli), e neppure sempre. Quindi nella
resurrezione non sarà più necessario ‘prendere moglie e marito’, perché saremo
innamorati di tutti. Se la resurrezione è la pienezza della vita, che ora possiamo realizzare solo parzialmente, sarà anche la pienezza dei legami, non più vincolati da limiti.
"In paradiso ci ameremo tutti e con un cuore puro, senza
invidie né diffidenze, e non solo verso il marito o la moglie, i figli o i
consanguinei, ma verso tutti, senza eccezioni né discriminazioni d’idioma, di
nazionalità, razza o cultura" (San Paolino di Nola).
Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto,
quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”.
Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per mezzo di lui».
Per dare forza e autorevolezza all’affermazione della
resurrezione, Gesù chiama in causa, da buon ebreo e da buon conoscitore dei
sadducei, i libri che anch’essi considerano rivelati da Dio, in questo caso il
libro dell’Esodo:
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Mosè e il roveto ardente, monastero di Kizhi, Russia, sec. XVIII |
Mentre Mosè stava
pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il
bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del
Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò
ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè
pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il
roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio
gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non
avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu
stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo,
il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Es 3, 1-6
Gesù dà quindi peso alle proprie parole legandole alla rivelazione
stessa, a cui i sadducei davano in modo particolare importanza e autorevolezza (non per nulla è appunto nella
corrente sadducea che venivano spesso cercati i sommi sacerdoti, massima
autorità ebraica), ma evidenziandone espressamente la prospettiva della resurrezione, che essi negavano.