Mt 22, 15-21
I
farisei tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi
discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a
dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità.
Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque,
di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù,
conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla
prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro.
Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli
risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che
è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Ci sono diversi modi di vivere la propria vita di cristiani, e
ciascuno, soprattutto in questo tempo di relativismo, se la imposta come meglio
crede, anche a correndo il rischio di dimenticare qualche pezzo importante. Tra
questi diversi modi ce n’è uno che è sempre andato molto di moda, quello che
negli anni ’70 veniva chiamato spiritualità a cassetti. La propria vita viene
suddivisa in diversi scomparti, ciascuno dei quali viene aperto secondo le
necessità. Questi scomparti non sono comunicanti tra loro. Ciascuno è autonomo
e autogestito, come i cassetti della biancheria. C’è il cassetto delle cose di
Dio, quello del lavoro, quello del denaro, quello del corpo, quello delle
relazioni e quello dei sentimenti. Dio non c’entra nulla con il denaro, i sentimenti
non hanno nulla a che fare con il lavoro, le esigenze del corpo sono indipendenti
da quelle dell’anima. Sembra che Gesù vada in questa direzione quando pronuncia la celebre
frase ‘Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio’. A
ciascuno il suo. Le cose di Cesare non sono di Dio e le cose di Dio non sono di
Cesare.
Eppure le stesse parole di Gesù mi sembra aprano un orizzonte
diverso, o almeno si prestano ad alcune osservazioni che mi sembrano
interessanti. Gesù, prendendo spunto dall’immagine sulla moneta del tributo,
afferma che il tributo spetta a Cesare. Il denaro è di proprietà di Cesare,
dell’Uomo. Quindi, pur essendo una realtà che ha le sue proprie leggi, Gesù
evidenzia una dipendenza ben precisa tra i due: il denaro è di Cesare, non
viceversa. I due cassetti, del denaro e di Cesare, non sono sullo stesso
livello, pur possedendo ciascuno una sua identità. Non è il denaro che possiede
l’uomo, ma l’uomo che possiede il denaro e gli dà valore e identità: l’uomo
senza denaro esiste ugualmente, ma il denaro senza l’uomo non ha nessun
significato. Se l’umanità improvvisamente scomparisse e rimanesse tutto il
resto, il denaro perderebbe il suo significato, nessun animale o essere vivente
potrebbe usarlo. Al più le tarme per mangiarselo. Nei casi in cui il denaro e
le sue leggi fossero considerate superiori all’uomo si creerebbero degli
scompensi gravissimi. Lo vediamo quasi ogni giorno nelle conseguenze che una
finanza internazionale diventata troppo autonoma e autoreferenziale causa nella
vita delle persone. I due cassetti di Cesare e del denaro sono indubbiamente
diversi, ma non sono indipendenti. e solo se è chiara la supremazia di Cesare,
dell’uomo, sul denaro, entrambi possono ‘funzionare’ bene. Il denaro porta l’immagine di Cesare. Cesare, l’uomo, ne è il
creatore ed è anche colui che gli dà senso. Ma Cesare, l’uomo, di chi porta
l’immagine? Chi è il suo creatore? Da chi trae senso nel suo esistere?
Dio creò l'uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò. Gen 1, 27-28
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò. Gen 1, 27-28
Ecco allora che le parole di Gesù piano piano cominciano ad
avere un significato particolare, molto diverso dall’impressione iniziale che
veniva data dalla contrapposizione Cesare-Dio come realtà separate e
indipendenti. Come le leggi della finanza (che pure
hanno una loro indubbia autonomia) trovano senso e unità nell’uomo che le
scopre, le elabora e le usa, così le varie componenti dell’uomo trovano il
proprio senso unificatore in chi le ha create.
Come il corpo,
pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un
corpo solo, così anche Cristo … Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma
di molte membra. Se il piede dicesse: “Poiché io non sono mano, non appartengo
al corpo”, non per questo non farebbe più parte del corpo. E se l'orecchio
dicesse: “Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo”, non per questo
non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe
l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato? Ora, invece, Dio ha disposto le
membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. Se poi tutto fosse un
membro solo, dove sarebbe il corpo? Invece molte sono le membra, ma uno solo è
il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; né la testa
ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. I Cor
12, 12-27
Gesù quindi ci presenta una visione della vita non a cassetti
indipendenti e autonomi, ma a cascata, dove in alto sta Dio, che dà senso a
tutte le cose e in particolare all’uomo che ha creato, che a sua volta dà senso
a tutte le cose che crea, elabora e costruisce, e che gli sono sottomesse.
Se
per autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse
società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire,
usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d'autonomia legittima: non
solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme
al volere del Creatore. Infatti
è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte ricevono la loro
propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi proprie e il loro ordine; e
tutto ciò l'uomo è tenuto a rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo
proprie di ogni singola scienza o tecnica. Perciò
la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente
scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la
fede, perché le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal
medesimo Dio. Anzi,
chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della
realtà, anche senza prenderne coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio,
il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono. A
questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che
talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere
sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza, suscitando
contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da
ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro.
Se
invece con l'espressione « autonomia delle realtà temporali » si intende dire
che le cose create non dipendono da Dio e che l'uomo può adoperarle senza
riferirle al Creatore, allora a nessuno che creda in Dio sfugge quanto false
siano tali opinioni. La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce. Del
resto tutti coloro che credono, a qualunque religione appartengano, hanno
sempre inteso la voce e la manifestazione di Dio nel linguaggio delle creature.
Anzi, l'oblio di Dio rende opaca la creatura stessa.
Gaudium
et spes, costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo, n. 36