Gesù
e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo
sapesse.
Il
vangelo di ieri è strettamente legato al testo della domenica precedente. Al centro
di entrambi c’è Gesù che rivela il suo ‘programma’.
Insegnava
ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle
mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni
risorgerà».
Nel
brano della domenica precedente la reazione dei discepoli, e in particolare di Pietro, era stata
assai decisa:
Pietro lo prese in disparte e si mise
a rimproverarlo. Mc 8, 32
Ma non
meno decisa è stata la risposta di Gesù:
rimproverò Pietro e disse: Va’ dietro
a me, Satana! Mc 8, 33
Questo
appellativo, già di per sé pesantissimo, in bocca a Gesù, assume un peso ancora
maggiore. Pietro, pur con tutte le sue buone intenzioni, si mette davanti a
Gesù e vuole dargli indicazioni. Questo Gesù non lo accetta, e invita
decisamente Pietro a tornare al suo posto, dietro al Maestro, non davanti.
Mi
fermo un attimo su questo dialogo perché rivela particolari interessanti.
Innanzitutto
non sappiamo i motivi addotti da Pietro per rimproverare Gesù. Non gradisce le
cose che Gesù ha detto perché vuole bene a Gesù e non accetta che possa andare
a soffrire, oppure non le gradisce perché non gli piacciono, non corrispondono
al proprio programma? Non dimentichiamo che le persone che stanno discutendo
sono ebrei, e hanno in mente un’idea ben chiara di Messia. Poco prima Pietro
aveva appena dichiarato di Gesù:
«Tu sei il Cristo». Mc 8, 29
Cristo
è la traduzione in greco di mashiah, messia. Quindi Pietro stava comportandosi
nei confronti di Gesù come di fronte al Messia atteso dal popolo di Israele. Ma
appunto il Messia atteso da Israele è un Messia trionfante, potente, glorioso. E
Pietro non capisce come Gesù possa dire:
…il Figlio dell’uomo dovrà soffrire
molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e
venire ucciso. Mc 8, 31
Ma pure
nella sua buona fede Pietro diventa tentatore, come satana, che aveva chiesto a
Gesù di dimostrare il proprio essere Figlio di Dio facendo quello che lui gli
chiedeva.
Il tentatore gli si
avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino
pane … Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù».Mt 4, 3-7
Pietro
vuole dire al Signore cosa deve fare. Il Signore rimette subito Pietro al suo
posto, dietro e non davanti. Il discepolo deve seguire il Maestro, non
indicargli la strada.
C’è
ancora un aspetto che mi sembra rilevante: Gesù sa cosa vuole fare e non si
lascia dirigere da Pietro, ma credo che la sua volontà si scontrasse ogni
giorno con la debolezza umana che aveva assunto, e dubito che andasse verso la
propria morte con allegria e noncuranza. La notte al Getsemani rivelerà quanto
grande sia la sua fatica nell’accettare di dare la vita per l’umanità. Ma credo
che anche in questa discussione con Pietro Gesù sia lui stesso tentato di fermarsi, di tornare
indietro, di percorrere un’altra strada, che peraltro gli veniva richiesta dai
discepoli stessi, quella del trionfo e della gloria. Pietro allora diventa davvero
il tentatore, perché gli è d’ostacolo, gli impedisce di realizzare
la propria decisione, e lo fa in modo subdolo, solleticando il desiderio di
vivere, e di essere glorioso e vincitore in modo umano, che certo Gesù aveva.
Pietro è scandalo per Gesù, nel significato proprio di questa parola di origine
greca: scàndalon, pietra che affiora dal terreno e che fa inciampare. Interessante
tra l’altro l’accostamento pietro-pietra.
Essi
però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Torniamo
al nostro testo. Alla seconda predizione di Gesù riguardo alla propria sorte
che lo attende, i discepoli, non pretendono più, dopo la ramanzina a Pietro, di
ostacolare la decisione di Gesù, ma non capiscono. E non osano chiedere. Allora
che fanno?
Giunsero
a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per
la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro
chi fosse più grande.
Davanti
alla durezza del programma di Gesù, se la reazione di Pietro era stata quella
di costringere Gesù a fare qualcosa di diverso e più adeguato ai desideri
umani, la reazione dei discepoli è quella di disinteressarsi del programma di
Gesù e di pensare al proprio, ovviamente realizzato secondo criteri umani, dove
vale chi è più grande.
Ecco
allora che forse riusciamo a capire perché Gesù continua a proibire ai
discepoli di fargli pubblicità. Come impediva agli spiriti impuri di rivelare
la sua identità
«Che vuoi da noi,
Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E
Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». Mc 1, 23-25
non permetteva ai
demòni di parlare, perché lo conoscevano. Mc 2, 34
Gli spiriti impuri,
quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di
Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse. Mc 3,
11-12
così
chiede e anche ordina sia ai discepoli che alle persone che ha intorno di non
parlare di lui
disse al lebbroso:
«Guarda di non dire niente a nessuno. Mc 1, 44
E comandò loro di
non dirlo a nessuno. Mc 7, 36
E ordinò loro
severamente di non parlare di lui ad alcuno. Mc 8, 30
Gesù
non cerca agenti pubblicitari che gli facciano una campagna di propaganda. Non vuole
che si parli di lui perché, come Marco dice dei discepoli, ‘non capivano’, e se
non capiscono come fanno a parlare di lui nel modo giusto? Possiamo fargli pubblicità, ma si tratterebbe
di pubblicità ingannevole, vuota, come è spesso la pubblicità televisiva, che
fa credere ciò che non è.
Chi
non ha capito Gesù finisce per dire a nome suo le proprie idee, finisce per
proporre come suo il proprio programma, finisce per mettere in bocca a Dio
delle proposte solo umane.
Ecco
perché è così grave quando noi cristiani ci permettiamo di dichiararci tali, quindi
di parlare a nome di Cristo, e poi proponiamo, decidiamo, chiediamo delle cose
che sono nostre, non sue.
Come
Pietro diventiamo degli scandali, delle pietre che fanno inciampare gli altri.
Ecco
perché Gesù non cerca agenti pubblicitari,
ma umili discepoli che siano disposti a stare dietro di lui e non
davanti.
Solo quando il discepolo ha capito può comunicare. Solo dopo la resurrezione, quando avranno fatto esperienza di tutta la vita di Gesù, compreso il fallimento e la croce, e ne avranno capito il senso, i discepoli di Gesù potranno cominciare a parlare di lui nel modo giusto. Ma anche allora dovranno fare ben attenzione ad annunciare lui, non se stessi.
Sedutosi,
chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di
tutti e il servitore di tutti».
Questa
dichiarazione finale è talmente chiara e lapidaria che non richiede commenti. Ma
certo non corrisponde ai nostri desideri.
E,
preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi
accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie
me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
L’immagine
dei piccoli tornerà domenica prossima, legata ancora allo scandalo, e avremo
modo di approfondirla meglio.