Gv 1, 35-42
Giovanni
stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava,
disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare
così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano,
disse loro: «Che cosa cercate?».
Abbiamo da poco passato il Natale, e ora che questa ricorrenza è
passata che si fa? Se il Natale è solo una delle festività, non resta che
aspettarne un’altra. Come il mio amico Enzo, che è un po’ particolare e che in
questi giorni è venuto da me con un pandoro tutto accartocciato e mi ha
augurato buona Pasqua. Ma se anche, oltre la festività, abbiamo colto l’evento
in essa racchiuso di Dio che entra nella vita dell’umanità rendendosi più
avvicinabile, la domanda in fondo rimane. Ora che Dio si è fatto uomo che si
fa? Se questa incarnazione ci può facilitare l’incontro con lui, allora
bisognerebbe realizzarlo, questo incontro. Ed ecco che il vangelo di domenica
scorsa ci suggerisce qualche spunto.
Gesù chiede: ‘Che cosa cercate?’ Riflettere su questa domanda mi
ha fatto pensare a molte cose (tra l'altro queste sono le prime parole di Gesù nel vangelo di Giovanni). La prima considerazione preliminare, magari
ovvia, è che se Dio non si fosse fatto vedere qualunque nostro sforzo di
ricerca sarebbe stato vano. Ma il solo suo incarnarsi non è sufficiente perché
avvenga l’incontro. Occorre un nostro muoverci in ricerca. Ma, ecco la domanda
di Gesù, non è sufficiente qualunque ricerca: cosa cerchiamo veramente? Se cerchiamo
altro, lui può anche essere vicino e raggiungibile ma non lo incontreremo. E
ancora, ultima considerazione, è anche possibile che noi cerchiamo proprio lui,
ma come vorremmo che fosse, o come immaginiamo che sia, mentre lui si presenta
in tutt’altro modo. Ancora una volta il risultato sarebbe un non incontro, o al
più un incontro deludente. E’ un po’ quello che è successo alla gente di Israele
che aspettava il Messia, ma quando è arrivato molti non hanno saputo
riconoscerlo perché era diverso da come se lo aspettavano.
Gli
risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse
loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel
giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno
dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era
Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e
gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse
da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio
di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Per Andrea e per il suo amico (un altro discepolo sconosciuto in
cui possiamo intravvedere noi stessi) l’incontro avviene, anche perché favorito
dal Battista che presenta loro Gesù. Loro cercavano, non avevano ancora trovato
ma si erano fatti aiutare da qualcuno che ne sapeva di più. Ed ecco che possono
‘andare, vedere e rimanere con lui’. A sua volta Andrea fa il ‘Giovanni
Battista’ per suo fratello Simone, che può anche lui incontrare e conoscere
Gesù. E poi Simone, Andrea e gli altri apostoli a loro volta lo presenteranno
ad altri ed ecco che il cercare di molti diventa per loro il trovare colui che
cercano. Non sempre l’incontro con Gesù corrisponderà alla loro ricerca e alle
loro aspettative. Alcuni saranno delusi e insoddisfatti. Altri se ne andranno. Ma
intanto abbiamo capito come può realizzarsi l’incontro.