domenica 11 febbraio 2024

lo toccò

Mc 1, 40-45

Venne da Gesù un lebbroso

La lebbra, per quanto sia ora curabile e curata, resta una malattia terribile per i danni che può arrecare. Senza cure il corpo si sgretola letteralmente. ‘Essere a pezzi’ in quel caso diventa ben più che un modo di dire. E la reazione istintiva davanti a chi si trova in quella terribile situazione è quella di repulsione, di disgusto.

lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!».

Ancora il riferimento alla ‘purificazione’. Lo ‘spirito’ nella sinagoga di Cafarnao era impuro e il lebbroso chiede a Gesù di essere purificato. L’impurità rituale aveva un posto rilevante nella mentalità biblica, e sarà interessante vedere che Gesù non la tratta con sufficienza, come una cosa sbagliata o secondaria, ma come in molte altre cose aiuta a ridarle il senso originario che si è perso. Il punto fondamentale attorno al quale ruota tutto è la santità di Dio. Dio è santo, il suo popolo deve essere santo.

Il Signore parlò a Mosè: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Lv 19, 2

Una prima distorsione di questo presupposto avviene quando si confonde la santità con la purezza. La santità è la perfezione nel bene di Dio. La purezza ne è solo un aspetto. Dio è santo, quindi in lui non c’è alcun male. Della necessità di somigliare a Dio, il popolo biblico (ma anche noi) a volte si ferma solo su alcuni aspetti, in particolare l’evitare il male, tralasciando l’aspetto principale, che è invece quello di tendere al bene. Insomma, l’uomo tende a semplificare le cose, e confonde a volte il fare il bene con il non fare il male. Nel fare il bene l’attenzione è rivolta al bene. Nel non fare il male l’attenzione è rivolta al male. 

È un piccolo passaggio, difficile da cogliere nei suoi risvolti pratici (che sono quelli a cui facciamo più attenzione), ma è un passaggio importantissimo. Invece di essere proteso verso il bene, l’uomo rischia di essere ossessionato dal male. E l’attenzione a evitare il male, che di per sé è un connotato positivo, rischia di ridursi a evitare che qualcosa di male mi contamini. Anche questo è un passaggio importante, anch’esso purtroppo verso il basso. È il criterio che sta sotto non solo, come si è visto, a un certo modo di vedere le cose del popolo biblico, ma anche a un modo di vedere le cose non estraneo alla nostra mentalità: quello che vede il male come generato da forze ostili esterne a noi (malocchio, fatture, maledizioni) ma che che è anche quello che banalmente ci porta a dare sempre la colpa a qualcun altro.

Il male è in primo luogo quello che commette l’uomo, non qualcosa che lo sporca dall’esterno. È qualcosa di interno, di interiore. È vero che c’è anche la sua origine diabolica (e infatti Gesù già dall’inizio della sua predicazione si scontra con questo aspetto), ma il male in noi è tale quando è fatto nostro, con una scelta libera e consapevole.

Una delle cose a cui il popolo biblico faceva maggiormente attenzione era il non contaminarsi. E causa di contaminazione era una serie innumerevole di cause, dal maligno fino a qualunque tipo di malattia o di problema psichiatrico, e ancora giù giù fino agli animali e agli oggetti.

Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate ( i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti), quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:

Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.

...

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

Mc 7, 1-23

Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 

Gesù risponde alla richiesta del lebbroso assecondandola, e parlando di purificazione anche lui. Ma per Gesù la purificazione è un atto completo, che non interviene solo sull’impurità rituale, ma anche sulla malattia. 

Poi però fa qualcosa di inaspettato, che in realtà abbiamo già avuto modo di vedere:

E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Gesù lo caccia via e gli impedisce di parlare. Come aveva fatto con lo spirito impuro nella sinagoga e con i demòni. Perché questo atteggiamento di Gesù? Ormai la sua fama si sta già diffondendo, che senso ha ormai dire a uno solo di non divulgare la notizia?

Tutta la città era riunita davanti alla porta. Mc 1, 33

Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Mc 1, 37

Gesù non voleva che si sapesse che lo aveva toccato? Potrebbe essere. Gesù toccando un impuro, secondo la legge di Mosè si era reso impuro anche lui, e a sua volta avrebbe reso impuri tutti coloro che lo avrebbero toccato. Ma allora perché aveva toccato il lebbroso? La questione è molto complicata, ma interessante, perché cominciano ad emergere degli indizi riguardo all’identità di Gesù. Il primo è nascosto nel gesto stesso di Gesù. Secondo la legge di Mosè chi toccava un impuro diventava impuro. Ma Gesù toccando l’impuro lo purifica. Ma allora chi è Gesù? I sacerdoti da cui Gesù invia il lebbroso non potevano purificare della lebbra, ma solo accertare che il lebbroso fosse guarito, quindi dichiararne la purezza e quindi il ritorno alla socialità. Ma Gesù fa qualcosa di più: guarisce la lebbra. Quindi Gesù è ben più dei sacerdoti. Ma se, oltre alla fama, Gesù si portasse con sé anche una dichiarazione pubblica di impurità non potrebbe più fare nulla. Ecco allora forse perché Gesù non vuole che questo lebbroso faccia sapere in giro quello che Gesù ha fatto. Quello che dice Marco subito dopo infatti potrebbe essere un indizio di questo timore di Gesù:

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Il lebbroso ha diffuso la notizia, e Gesù deve stare fuori delle città, come era imposto a chi era impuro:

Il lebbroso … è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento». Lv 13, 45-46

Il tocco di Gesù ha ribaltato la situazione: il lebbroso che doveva essere isolato ora può rientrare con gli altri. Gesù invece non può più entrare in città e deve stare fuori lui, come un lebbroso. Questa situazione evidenzia bene come Gesù si immedesima totalmente nella situazione. Non è solo il benefattore che dall’alto della sua bontà fa qualcosa per gli altri. Guarisce il lebbroso diventando lebbroso lui.

Ma c’è un altro aspetto in quest’ultima constatazione dell’evangelista: Gesù ha ordinato al lebbroso di non dire nulla. E il lebbroso disobbedisce. E lo fa doppiamente: non solo divulga il fatto, ma a quanto pare non si presenta neppure al sacerdote come Gesù gli ha chiesto. Questa disobbedienza ha due conseguenze gravi: Gesù non potrà più fare quello che voleva. Non potrà più entrare nelle città. Non potrà più incontrare le persone che avrebbe voluto incontrare. È vero che saranno loro ad andare da lui, ma non è detto che sarebbero state le stesse. A causa della disobbedienza del lebbroso qualcuno non potrà incontrare Gesù. La seconda conseguenza è che l'azione di annuncio del lebbroso guarito è in qualche modo ‘contaminata’. La sua stessa guarigione non è completa: ha disobbedito al Signore e ha disobbedito alla Legge. Se vogliamo usare un linguaggio diverso, prima era malato, ma ora è un peccatore.

Abbiamo già notato che uno dei motivi per cui Gesù non vuole che chi ha ricevuto il suo intervento benefico vada subito in giro a parlarne è che quell'intervento deve essere l'inizio di una conversione della persona guarita; deve entrare nel profondo e guarire tutta la propria vita. E questo richiede del tempo, anche molto tempo. Saltare quel passaggio fa diventare il proprio annuncio nient'altro che una notizia straordinaria da raccontare a tutti.

È possibile da parte nostra giustificare e interpretare con leggerezza questo comportamento. Dopotutto quell’uomo è talmente contento che non sa tacere quello che gli è successo. Però Gesù gli ha detto di fare una cosa e lui non ha obbedito. Dopo che lui ha fatto una richiesta a Gesù ed è stato ascoltato. 

 

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