Gesù, entrato di sabato nella
sinagoga, a Cafàrnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli
infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Gesù ha autorità. Il suo modo di insegnare possiede un’autorevolezza che gli scribi non hanno, ma questa autorità la si può intendere anche come l’essere autore di ciò che sta avvenendo. Il vangelo non esiste ancora, e Gesù stesso lo sta scrivendo, lo sta creando con le sue parole e con le sue azioni.
Nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro
Anche se l’origine della parola in latino richiama il
respiro, la vita, quindi qualcosa di interiore, nel linguaggio parlato noi
occidentali intendiamo genericamente con spirito qualunque cosa richiami al
soprannaturale, quindi qualcosa o qualcuno al di fuori di noi. Nella cultura
ebraica per ‘spirito’ si intende sì qualcosa di soprannaturale ma anche e prima
ancora l’interiorità della persona. Quello che noi occidentali chiameremmo
forse l'animo, il cuore.
…il faraone si svegliò: era stato
un sogno. Alla mattina il suo spirito ne era turbato. Gen 41, 7-8
Sansone bevve, il suo spirito si rianimò ed egli riprese vita. Gdc 15, 19
Entrò da Acab la moglie Gezabele e gli domandò: “Perché mai il tuo spirito è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare?”. I Re 21, 5
Prima di vedere all’opera qualcosa di soprannaturale,
possiamo cogliere in quest’uomo nella sinagoga di Cafarnao ‘uno spirito’, cioè
un cuore, impuro, contaminato da qualcosa. Credo che onestamente possiamo
ammettere che queste contaminazioni non ci sono del tutto estranee. Sporcature
affettive, emotive, ossessive, aggressive ce ne portiamo dentro ogni giorno.
Chi di noi non è stato almeno alcune volte preda di ansie, preoccupazioni,
desideri travolgenti, emozioni difficilmente controllabili? Per l'uomo di
Cafarnao questa contaminazione è diventata un vincolo, una schiavitù. Ne è
posseduto, non riesce più da solo a liberarsene. È più forte di lui.
…Sul
pianeta del piccolo principe ci sono, come su tutti i pianeti, le erbe buone e
quelle cattive. Ma se si tratta di una pianta cattiva, bisogna strapparla
subito appena la si è riconosciuta. C'erano dei terribili semi sul pianeta del piccolo
principe: erano i semi dei baobab. Il suolo ne era infestato. Ora, un baobab, se
si arriva troppo tardi, non si riesce più sbarazzarsene. Ingombra tutto il
pianeta. Lo trapassa con le sue radici. E se il pianeta è troppo piccolo e i
baobab troppo numerosi, lo fanno scoppiare.
E un giorno mi consigliò di fare un bel disegno per far entrare bene questa idea nella testa dei bambini del mio paese. "Questo consiglio gli potrà servire" mi diceva. "Qualche volta è senza inconvenienti rimandare a più tardi il proprio lavoro. Ma se si tratta dei baobab è sempre una catastrofe. Ho conosciuto un pianeta abitato da un pigro. Aveva trascurato tre arbusti...".
E su indicazione del piccolo principe ho disegnato quel pianeta. Non mi piace prendere il tono del moralista. Ma il pericolo dei baobab è così poco conosciuto, e i rischi che correrebbe chi si smarrisse su un asteroide, così gravi, che una volta tanto ho fatto un’eccezione. E dico: "Bambini! Fate attenzione ai baobab!"
Antoine de Saint-Exupèry - Il Piccolo Principe
e cominciò a gridare, dicendo: «Che
vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo
di Dio!».
Credo che a tutti sia successo qualche volta di
assistere alla scena di qualcuno che viene accusato o criticato dei suoi
atteggiamenti e invece di mettersi in discussione si inalbera e reagisce
violentemente: ‘Fatti gli affari tuoi!’, ‘Non rompermi le scatole!’. La
reazione di stizza e di ribellione presuppone che chi ci sta criticando o
accusando abbia in fondo ragione. E noi questa ragione non vogliamo sentirla
perché dovremmo ammettere di aver sbagliato e in più darci da fare a cambiare i
nostri atteggiamenti. Cosa che non vogliamo fare, quindi reagiamo urlando
(‘cominciò a gridare’) e aggredendo (’che vuoi da me?’). Sappiamo benissimo che
l’altro ha ragione (‘io so chi tu sei’), ma non vogliamo ascoltare.
E Gesù gli ordinò severamente:
«Taci! Esci da lui!».
Gesù non lascia parlare gli ‘spiriti’. Perché? Eppure
lui è ancora sconosciuto, e gli farebbe comodo un po’ di pubblicità. Ma non è
questo che vuole. Sapere intellettualmente che Gesù è ‘il santo di Dio’ in
realtà non ci serve a molto. Così come conoscere a memoria tutti i vangeli non
aumenta il nostro rapporto con Cristo. Una consapevolezza e soprattutto un
rapporto personale lo si può ottenere solamente con una frequentazione costante
e prolungata con lui. Questo ‘spirito’, il cuore di quest’uomo, sa chi è Gesù,
ma non ha nessuna intenzione di ascoltarlo o di seguirlo. Ecco perché Gesù lo
fa tacere. Per arrivare a conoscere Gesù (che è diverso dal sapere chi è Gesù)
occorre per prima cosa ascoltarlo, poi seguirlo e per molto tempo stare con
lui. La vera professione di fede avverrà al termine del vangelo, non
all’inizio:
Il centurione e quelli che con lui
facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva,
furono presi da grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”.
Mt 27, 54
Per arrivare a questa esclamazione ci vuole in mezzo
tutta l’esperienza degli apostoli, della folla, del centurione stesso.
Un’esperienza di confronto con Cristo, di ascolto, di incomprensione magari,
anche di ribellione e di diffidenza, ma sempre al suo seguito. Sono molte le
situazioni nei vangeli in cui Gesù dopo un suo intervento impone il silenzio:
…la lebbra scomparve ed egli guarì.
E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: “Guarda di non dir niente a
nessuno… Mc 1, 42-44
…la fanciulla si alzò e si mise a
camminare; aveva dodici anni … Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse
a saperlo e ordinò di darle da mangiare. Mc 5, 42-43
…gli si aprirono gli
orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E Gesù comandò
di non dirlo a nessuno. Mc 7, 36
Mentre scendevano dal monte, ordinò
loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il
Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé la cosa,
domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti. Mc 9, 9-10
E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Liberarsi dalle proprie contaminazioni, dalle proprie
dipendenze, non è facile. Pensiamo a quelle dipendenze più eclatanti che sono
la droga, l’alcool, il fumo o il gioco. Quanto è difficile uscirne! Se però queste contaminazioni le si elimina appena notate, è tutto molto più facile.
"E' una questione di disciplina", mi diceva più tardi il piccolo principe: "Quando si ha finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta. Bisogna costringersi regolarmente a strappare i baobab appena li si distingue dai rosai ai quali assomigliano molto quando sono piccoli. E' un lavoro molto noioso, ma facile".
Antoine
de Saint-Exupèry- Il
Piccolo Principe
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
Non ho volutamente tirato in ballo satana nel
commentare questo episodio. Innanzitutto perché non mi pare che si parli
principalmente di lui, come abbiamo visto. In secondo luogo perché diffido un
po’ di chi tira in ballo il diavolo tutti i momenti. Come cristiano riconosco
in Cristo il vincitore del maligno e quindi non devo più preoccuparmene
granchè, e poi ritengo che essere creati liberi significa anche assumersi tutte
le responsabilità. E vedere sempre il diavolo in azione per farci compiere il
male mi sembra troppo deresponsabilizzante e contrario al messaggio di Cristo,
che pure di satana parla quando necessario. Infine c’è un ultimo motivo: quando
facciamo il male non c’è bisogno che satana intervenga, facciamo già tutto noi.
È fuor di dubbio che bisogna combattere le grandi tentazioni con un
coraggio travolgente, e la vittoria che ne riporteremo ci sarà di molto aiuto;
tuttavia avviene che si tragga un profitto ancora maggiore nel combattere le
piccole. Il motivo è intuibile: le prime sono grandi, le seconde sono tante. I
lupi e gli orsi sono senza dubbio più pericolosi delle mosche, ma quanto a
farci esercitare la pazienza le mosche li superano di molto!
È facile non essere assassini, ma molto difficile evitare le piccole
collere. È abbastanza facile non cadere in adulterio, ma non altrettanto facile
impedirsi le occhiate. È abbastanza facile non profanare il letto matrimoniale,
ma non altrettanto non compromettere l’amore matrimoniale. È facile non rubare
i beni altrui, non altrettanto non desiderarli e non corteggiarli. È molto
facile non portare falsa testimonianza in tribunale, non altrettanto non
mentire in conversazione. Molto facile non ubriacarsi, non altrettanto
mantenersi sobri. Molto facile non desiderare la morte altrui, non altrettanto
non desiderargli qualche accidente.
Si può concludere che le piccole tentazioni di collera, di sospetto, di
gelosia, di invidia, di antipatia, di stranezza, di vanità, di doppiezza, di
astuzia, di pensieri indecenti, sono abituali anche per coloro che sono già più
incamminati nella vita spirituale e più risoluti!
Ecco perché, cara Filotea, è necessario che ci prepariamo con grande cura e
diligenza a questo combattimento; sii certa che tutte le vittorie che
riporterai contro questi piccoli nemici, saranno tante pietre preziose
incastonate nella corona di gloria che Dio ti prepara in paradiso.
San Francesco di Sales, Filotea
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