domenica 24 aprile 2011

pasqua

Gv 20, 1-9


c'è bisogno di vita.

grazie a Colui 
che ce l'ha in sè 
e ce l'ha regalata.




 buona Pasqua

sabato 23 aprile 2011

sabato santo

Da un'antica «Omelia sul Sabato santo»

Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.
Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.
Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.


Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura.
Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta.
Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire. Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell'inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te.
Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.
Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».


attesa



Cristo fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall'Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del male come dalla mano del Faraone. Egli è colui che percosse l'iniquità e l'ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l'Egitto. Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell'agnello fu sgozzato. Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato. Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli fu preso dal gregge, condotto all'uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione. Risuscitò dai morti e fece risorgere l'umanità dal profondo del sepolcro.

Melitone di Sardi

venerdì 22 aprile 2011

venerdì santo




Cristo di san Giovanni della Croce - Salvador Dalì, 1951
Chi è Cristo? E' colui del quale si dice: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». (Gv 1, 1). Ebbene questo Verbo di Dio «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). Egli non aveva nulla in se stesso per cui potesse morire per noi, se non avesse preso da noi una carne mortale. In tal modo egli immortale poté morire, volendo dare la vita per i mortali. Rese partecipi della sua vita quelli di cui aveva condiviso la morte. Noi infatti non avevamo di nostro nulla da cui aver la vita, come lui nulla aveva da cui ricevere la morte. Donde lo stupefacente scambio: fece sua la nostra morte e nostra la sua vita. Dunque non vergogna, ma fiducia sconfinata e vanto immenso nella morte del Cristo. Prese su di sé la morte che trovò in noi e così assicurò quella vita che da noi non può venire. Come si può dubitare che egli darà ai suoi fedeli la sua vita, quando per essi egli non ha esitato a dare anche la sua morte? Perché gli uomini stentano a credere che un giorno vivranno con Dio, quando già si è verificato un fatto molto più incredibile, quello di un Dio morto per gli uomini?

Agostino, vescovo di Ippona

giovedì 21 aprile 2011

giovedì santo



L’Onnipotente, avendo preso in sposa una debole e l’eccelso una di bassa condizione, da schiava ne ha fatta una regina e colei che gli stava sotto i piedi la pose al suo fianco. Uscì infatti dal suo costato, donde la fidanzò a sé. E come tutte le cose del Padre sono del Figlio e quelle del Figlio sono del Padre, essendo una sola cosa per natura, così lo sposo ha dato tutte le cose sue alla sposa e lo sposo ha condiviso tutto quello che era della sposa, che pure rese una sola cosa con se stesso e con il Padre. Voglio, dice il Figlio al Padre, pregando per la sposa, che come io e te siamo una cosa sola, così anch’essi siano una cosa sola con noi (Gv 17, 21). Lo sposo pertanto è una cosa sola con il Padre e uno con la sposa. Quello che ha trovato di estraneo nella sposa l’ha tolto via. Quanto appartiene per natura alla sposa ed è sua dotazione lo ha assunto e se ne è rivestito. Invece ciò che gli appartiene in proprio ed è divino l’ha regalato alla sposa. Egli annullò ciò che era del diavolo, assunse ciò che era dell’uomo e donò ciò che era di Dio. Per questo quanto è della sposa è anche dello sposo. Ed ecco allora che colui che non commise peccato e sulla cui bocca non fu trovato inganno, può dire: “pietà di me, Signore, vengo meno” (Sal 6, 3), perché colui che ha la debolezza di lei ne abbia anche il pianto e tutto sia comune allo sposo e alla sposa.

Isacco, abate del monastero della Stella

sabato 16 aprile 2011

il mondo


Cos’è per noi il mondo? Chi è questo mondo che noi dobbiamo amare? Il mondo è l’umanità che ci passa accanto. È il mondo della violenza, il mondo delle periferie, il mondo della droga, il mondo della cattiveria, il mondo del sopruso, il mondo dello squallore, il mondo delle nostre strade invase dalla prostituzione e dalla delinquenza, il mondo dei lontani, di quelli che non hanno mai sentito parlare di Dio. Questo mondo che ci fa gli sberleffi, che sorride dei nostri slanci, che si meraviglia di fronte alla nostra fede, che ci domanda, scettico: ‘ma cosa volete da noi?’…
Il mondo di coloro che non credono in Gesù Cristo, dei marocchini, degli extracomunitari, dei musulmani che arrivano nelle nostre città, degli albanesi…
Il mondo che troviamo alla stazione, il mondo che vediamo quando andiamo in autobus, afferrati ai sostegni per non cadere, il mondo che cambia intorno a noi, di coloro che ci toccano e ci stanno vicini un momento e poi non li vediamo più, il mondo che parla un linguaggio diverso dal nostro, che ha una mentalità totalmente diversa…

Gerolamo Bolli - Gesù presentato alla folla

Questo è il mondo. Per questo mondo Dio ha trepidato, per questo mondo Dio non chiude occhio: per questo mondo, per il mondo degli iracheni, degli americani, dei sudamericani o degli eschimesi… per tutto questo mondo Dio ha trepidato.
Noi siamo la chiesa per il mondo. Gesù la chiesa l’ha stabilita per questo mondo, perché simpatizzi col mondo, perché soffra insieme col mondo, gioisca insieme col mondo e non chiuda occhio per il mondo. La chiesa è il prolungamento di Gesù Cristo nello spazio e nel tempo, è la “propaggine della Santissima Trinità”, come diceva Romano Guardini, la chiesa è come la pròtesi di Gesù Cristo: dalla Trinità a Gesù, da Gesù all’Eucarestia, dall’Eucarestia alla Chiesa.
Come mi rapporto con questo mondo? Lo scomunico soltanto, lo maledico, mi turo le orecchie, mi giro dall’altra parte per dire: Dio, in che mondo mi tocca vivere?
Oppure ho nel cuore gli stessi sentimenti, la stessa passione di Gesù Cristo per le realtà terrene che lo circondavano, per cui lui non ha escluso nessuno, e per tutti quanti lui si è sentito in sintonia?
Coraggio, allora, riscopriamo, e aiutiamo gli altri a riscoprire, la dimensione estroversa della chiesa, la chiesa che va verso il mondo.
Il mondo non è il ripostiglio dei rifiuti, non è una chiesa mancata, non è qualcosa che fa il braccio di ferro con la chiesa. Il mondo non è il rivale della chiesa. Il mondo deve essere il termine della passione della chiesa, così come è il temine della passione di Dio e termine del suo progetto salvifico.

don Tonino Bello – ‘cirenei della gioia’

giovedì 14 aprile 2011

perdono


         Ora – disse padre Brown – lascio Maurizio Mair alla vostra carità cristiana. Mi pareva che deste ad essa una troppo grande importanza, a parole almeno, ma quale fortuna per un peccatore come questo che siate disposti a tanta misericordia…
         ch’io possa essere impiccato – esplose il generale – se voi pensate che io possa riconciliarmi con una ripugnante vipera come quella. Io vi dico che non direi una parola per salvarlo dall’inferno! Potevo perdonare un regolare duello ma non un brutale assassinio.
         Dovrebbe essere linciato – esclamò Cockspur eccitato – e se esistesse qualcosa come il fuoco eterno, gli andrebbe bene!
         Non vorrei toccarlo nemmeno con le molle – disse Mallow.
         Vi è un limite alla carità umana! – soggiunse lady Outram, tremando tutta.
         Vi è infatti – disse padre Brown – e questa è la vera differenza tra la carità umana e la carità cristiana. Mi perdonerete se oggi pomeriggio non sono stato molto impressionato da tutte le vostre belle parole sulla necessità di perdonare. A me sembra infatti che voi perdoniate soltanto i peccati che realmente non pensate peccaminosi. Voi perdonate i criminali quando essi commettono qualche cosa che voi non considerate come un delitto, ma piuttosto come un atto convenzionale. Così voi tollerate un duello convenzionale come un convenzionale divorzio. Voi perdonate perché per voi non vi è nulla da perdonare.


         Ma voi non vi aspetterete – disse Mallow – che noi possiamo perdonare una cosa vile come questa!
         No – disse il prete – ma noi sì, possiamo perdonarla. – si alzò in piedi e si guardò attorno – noi dobbiamo toccare tali uomini non con le molle, ma con una benedizione. Noi dobbiamo dir loro la parola che li salverà dall’inferno. Rimaniamo noi soli per liberarli dalla disperazione, quando la vostra carità umana li sfugge. Continuate sul vostro sentiero fiorito, perdonando tutti i vostri vizi preferiti ed essendo generosi verso i vostri delitti alla moda, e lasciateci nelle nostre tenebre, vampiri della notte, a consolare coloro che realmente hanno  bisogno di consolazione, coloro che fanno cose veramente indifendibili, cose che né il mondo, né loro stessi possono difendere, e che nessuno, tranne un prete, saprà perdonare. Lasciateci con gli uomini che commettono vili e ripugnanti e reali delitti, vili come san Pietro quando il gallo cantò. E tuttavia venne poi l’alba.
         L’alba – ripetè Mallow dubbiosamente – voi volete dire speranza per lui?
         Sì – replicò il prete…

G. K. Chesterton – i racconti di Padre Brown

sabato 9 aprile 2011

il capo e il corpo

Come il capo e il corpo formano un unico uomo, così Cristo e le sue membra costituiscono un solo uomo e l'unico Figlio dell'uomo. Secondo la Scrittura il Cristo totale e integrale è capo e corpo, vale a dire tutte le membra assieme sono un unico corpo, il quale con il suo capo è l'unico Figlio dell'uomo, con il Figlio di Dio è l'unico Figlio di Dio, con Dio è lui stesso un solo Dio. Quindi tutto il corpo con il capo è Figlio dell'uomo, Figlio di Dio, Dio.
Perciò si legge nel vangelo: Voglio, o Padre, che come io e te siamo una cosa sola, così anch'essi siano una cosa sola con noi (cfr. Gv 17, 21). Secondo questo testo della Scrittura né il corpo è senza capo né il capo senza corpo, né il Cristo totale, capo e corpo, è senza Dio. Tutto con Dio è un solo Dio. Ma il Figlio di Dio è con Dio per natura, il Figlio dell'uomo è con lui in persona, mentre il suo corpo forma con lui una realtà sacramentale.
Pertanto le membra di Cristo possono dire di sé, in tutta verità, ciò che egli è, anche Figlio di Dio, anche Dio. Ma ciò che egli è per natura, le membra lo sono per partecipazione; ciò che egli è, lo è in pienezza, esse lo sono solo parzialmente. Infine ciò che il Figlio di Dio è per generazione, le sue membra lo sono per adozione, come sta scritto: «Avete ricevuto uno spirito di figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abba, Padre» (Rm 8, 15).

Carlo Bianchi, l'ultima cena

Così «diede loro il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1, 12), perché ad uno ad uno siamo  istruiti da colui che è il primogenito tra molti fratelli a dire: «Padre nostro, che sei nei cieli».
Infatti per quel medesimo Spirito Santo per mezzo del quale il Figlio dell'uomo, nostro capo, è nato dal grembo della Vergine, noi rinasciamo dal fonte battesimale come figli di Dio, suo corpo. E come egli fu senza alcun peccato, così anche noi otteniamo la remissione di tutti i peccati.
Come egli portò sulla croce nel suo corpo di carne i peccati di tutto il corpo di carne, così dona a tutto il corpo mistico la liberazione dei peccati per la grazia della rigenerazione. Sta scritto infatti: «Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun male» (Sal 31, 2). Questo uomo beato è senza dubbio Cristo. Egli per il fatto che il capo del Cristo mistico è Dio, rimette i peccati e per il fatto che il capo del corpo è un unico uomo, non ha nulla da farsi perdonare. E poi, anche se il corpo del capo è costituito da molti, niente gli è imputato.
Egli è giusto in se stesso e giustifica se stesso. Unico salvatore, unico salvato. Egli portò nel suo corpo sulla croce ciò che rimosse dal suo corpo attraverso il battesimo e salva ancora per mezzo della croce e dell'acqua. E' Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, che aveva preso su di sé. E' sacerdote e sacrificio e Dio.

Isacco, abate del monastero della Stella - Discorsi