mercoledì 17 gennaio 2018

buona Pasqua



Gv 1, 35-42

Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?».

Abbiamo da poco passato il Natale, e ora che questa ricorrenza è passata che si fa? Se il Natale è solo una delle festività, non resta che aspettarne un’altra. Come il mio amico Enzo, che è un po’ particolare e che in questi giorni è venuto da me con un pandoro tutto accartocciato e mi ha augurato buona Pasqua. Ma se anche, oltre la festività, abbiamo colto l’evento in essa racchiuso di Dio che entra nella vita dell’umanità rendendosi più avvicinabile, la domanda in fondo rimane. Ora che Dio si è fatto uomo che si fa? Se questa incarnazione ci può facilitare l’incontro con lui, allora bisognerebbe realizzarlo, questo incontro. Ed ecco che il vangelo di domenica scorsa ci suggerisce qualche spunto.
Gesù chiede: ‘Che cosa cercate?’ Riflettere su questa domanda mi ha fatto pensare a molte cose (tra l'altro queste sono le prime parole di Gesù nel vangelo di Giovanni). La prima considerazione preliminare, magari ovvia, è che se Dio non si fosse fatto vedere qualunque nostro sforzo di ricerca sarebbe stato vano. Ma il solo suo incarnarsi non è sufficiente perché avvenga l’incontro. Occorre un nostro muoverci in ricerca. Ma, ecco la domanda di Gesù, non è sufficiente qualunque ricerca: cosa cerchiamo veramente? Se cerchiamo altro, lui può anche essere vicino e raggiungibile ma non lo incontreremo. E ancora, ultima considerazione, è anche possibile che noi cerchiamo proprio lui, ma come vorremmo che fosse, o come immaginiamo che sia, mentre lui si presenta in tutt’altro modo. Ancora una volta il risultato sarebbe un non incontro, o al più un incontro deludente. E’ un po’ quello che è successo alla gente di Israele che aspettava il Messia, ma quando è arrivato molti non hanno saputo riconoscerlo perché era diverso da come se lo aspettavano.


Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Per Andrea e per il suo amico (un altro discepolo sconosciuto in cui possiamo intravvedere noi stessi) l’incontro avviene, anche perché favorito dal Battista che presenta loro Gesù. Loro cercavano, non avevano ancora trovato ma si erano fatti aiutare da qualcuno che ne sapeva di più. Ed ecco che possono ‘andare, vedere e rimanere con lui’. A sua volta Andrea fa il ‘Giovanni Battista’ per suo fratello Simone, che può anche lui incontrare e conoscere Gesù. E poi Simone, Andrea e gli altri apostoli a loro volta lo presenteranno ad altri ed ecco che il cercare di molti diventa per loro il trovare colui che cercano. Non sempre l’incontro con Gesù corrisponderà alla loro ricerca e alle loro aspettative. Alcuni saranno delusi e insoddisfatti. Altri se ne andranno. Ma intanto abbiamo capito come può realizzarsi l’incontro.