lunedì 25 luglio 2011

berlicche 3


Mio caro Malacoda,
sono molto compiaciuto di quanto dici in merito alle relazioni di questo giovanotto con sua madre. Ma devi sfruttare più che puoi la posizione vantaggiosa di cui ti trovi. Il Nemico lavorerà dal centro alla superficie, portando la condotta del paziente sempre più, gradualmente, al nuovo livello e, un momento o l’altro, potrà raggiungere il suo modo di comportarsi con la vecchia signora. È necessario che tu arrivi primo. Mantieniti in stretto contatto con il nostro collega Farfarello che ha in custodia la madre, e vedete di imbastire in quella casa un’atmosfera costante di disturbo reciproco, di giornaliere trafitture di spillo. Saranno utili i metodi seguenti:
   1. Fissagli il pensiero sulla vita interiore. Egli pensa che la sua conversione sia qualcosa che sta dentro di lui; perciò al presente la sua attenzione è rivolta principalmente ai suoi propri stati mentali (o piuttosto a quella purgatissima versione di essi che è tutto quanto tu dovresti permetterti di fargli vedere). Incoraggialo in ciò. Tienigli la mente lontano dai doveri più elementari, sospingendolo verso quelli più progrediti e più spirituali. Aggrava quella caratteristica umana che è utilissima: l’orrore e la negligenza delle cose ovvie. Devi condurlo a una condizione nella quale possa soffermarsi per un’ora a fare l’esame di coscienza senza riuscire a scoprire neppure uno di quei fatti suoi personali che sono perfettamente chiari a chiunque abbia vissuto con lui nella stessa casa o abbia lavorato nello stesso ufficio.
   2. È naturalmente impossibile impedirgli di pregare per sua madre, ma noi possediamo dei mezzi per rendere innocue le sue preghiere. Assicurati che esse siano sempre assai ‘spirituali’ e che egli si preoccupi sempre dello stato dell’anima di lei e mai dei suoi dolori reumatici. Ne seguiranno due vantaggi. In primo luogo la sua attenzione sarà tenuta su quanto egli considera i peccati di sua madre. E, con un poco di manovra da parte tua, egli può venire indotto a ritenere tali quelle qualsiasi azioni di lei che gli siano scomode o che lo irritino. Così potrai continuare a fregare le ferite della giornata e a renderle un poco più dolorose perfino mentre sta pregando in ginocchio. L’operazione non è per nulla difficile e la troverai assai divertente. In secondo luogo, dal momento che le sue idee intorno all’anima di sua madre saranno incomplete e spesso errate, egli in qualche modo pregherà per una persona immaginaria, e sarà tuo compito rendere quell’immaginaria persona ogni giorno meno simile alla madre vera, quella vecchia signora che a tavola ha una lingua quanto mai tagliente. Col tempo potrai ottenere che la separazione sia tanto vasta che nessun pensiero, nessun sentimento possa traboccare dalle sue preghiere per la madre immaginata nel suo modo di trattare la vera. Alcuni miei pazienti erano diventati così maneggevoli che in un attimo si riusciva a girarli dalla preghiera più spassionata per ‘l’anima’ della moglie o del figliuolo alle battiture o all’insulto della vera moglie o del vero figliuolo senza neppure l’ombra di uno scrupolo.
   3. Quando due esseri umani sono vissuti insieme per molti anni capita di solito che ciascuno abbia toni di voce ed espressioni di volto che riescono quasi insopportabilmente irritanti all’altro. Sotto al lavoro, su questo fatto. Presenta alla piena consapevolezza del tuo paziente quel modo particolare che ha sua madre di alzare le sopracciglia che non gli piaceva fin dall’infanzia, e fallo pensare a quanto gli sia ora antipatico. Fagli supporre che lei sa che ciò gli dà molta noia e che lo fa apposta per dargli noia. Se riesci a farlo, egli non si accorgerà neppure che una tale supposizione è infinitamente improbabile. E naturalmente non deve avere il minimo sospetto che anche lui ha modi di parlare e sguardi che allo stesso modo recano noia a lei. Ciò si ottiene facilmente, poiché lui non è in grado né di vedersi, né di ascoltarsi.
   4. Nella storia dei popoli civili, l’odio domestico si esprime di solito col dir cose che sulla carta avrebbero un aspetto innocente (le parole non sono offensive) ma con quella tal voce, o in quel tal momento, che le portano non molto lontano dall’essere come uno schiaffo sulla faccia. Perché questo gioco non abbia a cessare, tu e Farfarello dovete fare in modo che ciascuno di questi due sciocchi abbia una specie di misura duplice. Il tuo paziente deve esigere che tutto quanto egli esprime deve essere interpretato come si presenta e giudicato semplicemente secondo le parole dette, mentre, nello stesso tempo, giudicherà tutte le espressioni di sua madre interpretando nel modo più completo e più sensibile il tono della voce, il contesto, s’intenzione sospetta. Ed essa deve essere incoraggiata a fare lo stesso nei suoi riguardi. Così, alla fine di ogni lite ciascuno se ne andrà convinto, o quasi convinto, di essere perfettamente innocente. Tu sai cosa succede: “Basta che le chieda l’ora del pranzo perché dia in escandescenze”. Una volta che questa abitudine ha messo radici, nasce quella deliziosa situazione di un essere umano che dice cose con il proposito dichiarato di offendere, e che tuttavia si lamenta quando l’altro si offende davvero.
Da ultimo dimmi qualcosa sulla posizione religiosa della vecchia. È, per caso, gelosa del nuovo elemento della vita di suo figlio? Se la prende perché ha dovuto imparare da altri, e tanto in ritardo, ciò che lei crede di avergli offerto di conoscere con tanta facilità fin dalla fanciullezza? Ha l’impressione che stia facendo un po’ troppo ‘chiasso’, oppure che se la prenda troppo alla leggera? Ricordati del fratello maggiore nella storiella del Nemico.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche


venerdì 22 luglio 2011

lunedì 18 luglio 2011

berlicche 2


Mio caro Malacoda,
ho notato con profondo dispiacere che il tuo paziente s’è fatto cristiano. Non nutrire speranza alcuna di sfuggire alle punizioni che si sogliono infliggere in simili casi. Sono certo del resto che, nei tuoi momenti migliori, neppure tu lo desidereresti. Nel frattempo è necessario ricavare il meglio possibile da una tale situazione. Non bisogna disperarsi. Centinaia di codesti convertiti adulti sono stati recuperati dopo un breve soggiorno nel campo del Nemico ed ora sono con noi. Tutte le abitudini del paziente, tanto le mentali quanto le spirituali, ci sono ancora favorevoli. Uno dei nostri grandi alleati, al presente, è la stessa chiesa. Cerca di non fraintendermi. Non intendo alludere alla chiesa come la si vede espandersi attraverso il tempo e lo spazio, e gettar le radici nell’eternità, terribile come un esercito a bandiere spiegate. Confesso che questo è uno spettacolo che rende nervosi i nostri più ardimentosi tentatori. Ma fortunatamente essa è del tutto invisibile a codesti esseri umani. Tutto ciò che il tuo paziente vede è quel palazzo, finito solo a metà, di stile gotico spurio, che si erge su quel nuovo terreno. Quando entra, vi trova il droghiere locale, con un’espressione untuosa sul volto, che si dà da fare per offrirgli un librino lustro lustro che contiene una liturgia che nessuno di loro due capisce, e un altro libricino frusto, che contiene testi corrotti di un certo numero di liriche religiose, la maggior parte orrende, e stampate a caratteri fittissimi. Entra nel banco, e guardandosi attorno s’incontra proprio con quella cernita di quel suoi vicini che finora aveva cercato di evitare. Devi far leva più che puoi su quei vicini. Fa’ in modo che la sua mente svolazzi qua e là tra un’espressione quale ‘il corpo di Cristo’ e le facce che gli si presentano nel banco accanto. Importa pochissimo, naturalmente, la razza di gente che in realtà s’è messa nel banco vicino. Tu puoi sapere magari che uno di loro è un grande combattente dalla parte del Nemico. Non importa. Il tuo paziente, grazie al Nostro Padre Laggiù, è uno sciocco. Se uno qualsiasi di questi vicini canta con voce stonata, se ha le scarpe che scricchiolano, o la pappagorgia, o se porta vestiti strani, il paziente crederà con la massima facilità che perciò la loro religione deve essere qualcosa di ridicolo. Vedi, nella fase in cui si trova al presente, egli ha in mente una certa idea dei cristiani, che crede sia spirituale, ma che, di fatto, è per molta parte pittoresca. Ha la mente piena di toghe, di sandali, di corazze e di gambe nude, e il solo fatto che l’altra gente in chiesa porta vestiti moderni è per lui una seria difficoltà, quantunque, naturalmente, inconscia. Non permettere mai che venga alla superficie; non permettere che si domandi a che cosa si aspettava che fossero uguali. Fa’ in modo che ogni cosa rimanga ora nebulosa nella sua mente, e avrai a disposizione tutta l’eternità per divertirti a produrre in lui quella speciale chiarezza che l’Inferno offre. Lavora indefessamente, dunque, sulla disillusione e il disappunto che sorprenderà senza dubbio il tuo paziente nelle primissime settimane che si recherà in chiesa. Il Nemico permette che un disappunto di tal genere si presenti sulla soglia di ogni sforzo umano. Esso sorge quando un ragazzo, che da fanciullo si era acceso di entusiasmo per i racconti dell’Odissea, si mette seriamente a studiare il greco. Sorge quando i fidanzati si sono sposati e cominciano il compito serio di imparare a vivere insieme. In ogni settore della vita esso segna il passaggio dalla sognante aspirazione alla fatica del fare. Il Nemico si prende questo rischio perché nutre il curioso ghiribizzo di fare di tutti codesti disgustosi vermiciattoli umani altrettanti, come dice lui, suoi ‘liberi’ amanti e servitori, e ‘figli’ è la parola che adopera secondo l’inveterato gusto che ha di degradare tutto il mondo spirituale per mezzo di legami innaturali con gli animali a due gambe. Volendo la loro libertà, egli si rifiuta di portarli di peso, facendo uso soltanto delle loro affezioni e delle loro abitudini, al raggiungimento di quegli scopi che pone loro innanzi, ma lascia che li raggiungano essi stessi. Ed è in questo che ci si offe un vantaggio. Ma anche, ricordalo, un pericolo. Se per caso riescono a superare con successo questa aridità iniziale, la loro dipendenza dall’emozione diventa molto minore, ed è perciò più difficile tentarli. Quanto sono venuto esponendo finora vale nella ipotesi che la gente del banco vicino non offra alcun motivo ragionevole di disillusione. È chiaro che se invece lo offrono (se il paziente sa che quella donna con quel cappellino assurdo è una fanatica giocatrice di bridge, che quel signore con le scarpe scricchiolanti è un avaro e uno strozzino), allora il compito ti sarà molto più facile. Si ridurrà a tenergli lontano dalla mente questa domanda: “Se io, essendo ciò che sono, posso in qualche senso ritenermi cristiano, per quale motivo i vizi di quella gente che sta lì in quel banco dovrebbero essere una prova che la loro religione non è che ipocrisia e convenzione?”. Forse mi chiederai se è possibile tener lontano perfino dalla mente umana un pensiero così evidente. Sì, Malacoda, si, è possibile! Trattalo come deve essere trattato, e vedrai che non gli passerà neppure per l’anticamera del cervello. Non è ancora stato a sufficienza con il Nemico per possedere già la vera umiltà. Le parole che ripete, anche in ginocchio, sui suoi numerosi peccati, le ripete pappagallescamente. In fondo crede ancora che lasciandosi convertire ha fatto salire di molto un saldo attivo in suo favore nel libro mastro del Nemico, e crede di dimostrare grande umiltà e degnazione solo andando in chiesa con codesti ‘compiaciuti’ vicini, gente comune. Mantienigli la mente in questo stato il più a lungo possibile.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche

lunedì 11 luglio 2011

il seminatore

Mt 13, 1-23 

Il seminatore uscì a seminare.

Questa parabola parla degli effetti della Parola di Dio.
Il seminatore semina la Parola (Mc 4, 14).
Se Dio ha parlato è importante non lasciarsi scappare nulla di quello che ha detto. Non dimentichiamo che nelle parole di Dio non ci sono solo indicazioni morali e operative. Ci sono anche rivelazioni su Dio e sull’uomo. E la Parola di Dio ha un peso e un’efficacia diversa dalle semplici parole umane attraverso le quali passa:
Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata. Is 55, 10-11
Il seme ha come scopo quello di produrre una pianta. Ma per fare questo occorrono delle condizioni particolari. Non basta che ci sia un seme perché una pianta prenda vita. Occorre che venga seminato, e seminato nel terreno adatto.


una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono.

La prima situazione che viene presentata è quella della non comprensione. Il seme cade sulla strada. Niente piante germogliate dal seme. La Parola viene pronunciata, ma l’uomo non la capisce. Nella spiegazione data da Gesù
“Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada”.
Il maligno è la sintesi di tutti i fallimenti. Nel caso della Parola il fallimento è doppio: di chi la dovrebbe ricevere (il terreno), che non produce nulla, e della Parola stessa (il seme), che non può svilupparsi. Il male è totale: fallisce la parola, fallisce l’ascoltatore. E quando il male è totale è il maligno a vincere. Il rapporto che potrebbe crearsi tra Dio e uomo non avviene. Perché manca uno dei due: Dio parla ma non c’è nessuna reazione da parte dell’ascoltatore. Non si instaura quindi nessuna relazione personale tra Dio e l’uomo. Dio e l’uomo sono divisi, separati. Il separatore, il ‘diabolon’ (dal greco dia-ballo, separo, divido) ha vinto. Su questo primo momento della parabola occorrerà tornare, e lo farà anche Gesù: perché la Parola è ascoltata ma non compresa?

Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò.


Nel secondo caso si assiste a un passo in avanti. La Parola è ascoltata e anche accolta con gioia. Il seme germoglia. C’è del terreno adatto. Però la pianta non arriva a portare frutto. Nella spiegazione:
“Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno”.
In questo caso l’ostacolo al portare frutto è la difficoltà dell’ascoltatore nel gestire le conseguenze della relazione con Dio. Dio mi ha insegnato o rivelato delle cose, ma queste cose sono difficili. Le ho ascoltate, ma non le realizzo. La pianta cresce, ma non porta frutto, e infine si secca.

Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono.

Il seme germoglia. Ma anche stavolta non arriva a portare frutto. L’ostacolo in questo caso è la concorrenza. Nella spiegazione di Gesù:
Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto”.
La relazione si crea, l’ascolto si realizza, ma l’ascoltatore ha altre cose da fare (preoccupazione del mondo) e ha altre cose che attraggono il suo interesse (la seduzione della ricchezza). Mentre nel caso del seme sul terreno sassoso l’ostacolo è intrinseco all’ascoltatore e in qualche modo inevitabile (fare la volontà di Dio può essere difficile, faticoso, impegnativo), in questo caso l’ostacolo è esterno: mettere in pratica la Parola non solo è difficile, ma si scontra con interessi contrastanti.

Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».


L’ultima situazione è quella del seme che cade sul terreno buono e la pianta generata dal seme porta il suo frutto:
“Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”.
Solo in questa situazione il frutto viene generato. Solo ora il seme e la sua semina ottengono il risultato. E se il seme è la Parola, solo nel caso in cui si crea una collaborazione tra Dio e l’uomo, tra la Parola e chi la ascolta e la mette in pratica, la Parola porta i suoi risultati. Molto interessante questa fiducia che Dio dà all’uomo: la Parola che potrebbe fare da sola non fa nulla se l’uomo non collabora. E se c’è questa collaborazione il risultato è enorme: trenta, sessanta, anche cento semi per una sola pianta.

La parabola si conclude. L’immagine che aiuta a riflettere sui vari aspetti dell’ascolto è completa. Ma occorre ancora approfondire due aspetti.
Il primo è capire il motivo per cui Gesù parla in parabole, visto che la cosa secondo quello che dice lui stesso è più complessa di quanto si creda.
Il secondo è capire i meccanismi della non comprensione della Parola.
In fondo il secondo e il terzo esempio, il seme sulle pietre e il seme tra i rovi, individuano una responsabilità da parte dell’ascoltatore. La Parola viene ascoltata, ma non si ha la volontà o il coraggio di metterla in pratica. Invece il primo esempio, il seme sulla strada, illustra la situazione in cui la Parola viene ascoltata, ma non compresa. E questa non comprensione può dipendere dalla cattiva volontà dell’ascoltatore (non si è preparato), ma può essere anche colpa di chi la propone. Se Dio dice una cosa incomprensibile, è colpa dell’uomo se non viene capita?

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Molto misteriose queste parole di Gesù. Molto strane. Verrebbe da pensare che le parabole servano a spiegare cose difficili in modo facile e comprensibile a tutti, anche ai piccoli:
Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. (Mt 11, 25)
Gesù vuol dire che chi non vuole ascoltare, neppure se gli dicono le cose nel modo più semplice non capirà? Oppure che chi s valuta sapiente e dotto rischia di non capire più le cose di Dio? Oppure è proprio Dio che non vuole che capiscano?

Innanzitutto mi sembra che Gesù con questa parabola stia presentando una graduatoria, una molteplicità di livelli nel confronto con la Parola.

Un primo livello è quello dei quattro terreni.
Il seme viene seminato su tutti, ma i risultati sono diversi, in base alla volontà di ascolto di chi riceve: Seme sulla strada = incomprensione totale: la pianta non cresce. Ma questo aspetto va chiarito.
Seme tra le pietre = ascolto senza impegno: la pianta cresce, ma muore e non porta frutto.
Seme tra le spine = ascolto distratto: la pianta cresce, ma muore e di nuovo non porta frutto.
Seme sulla terra = ascolto completo: la pianta cresce e porta frutto.


Un secondo livello si ferma sull’ultimo terreno
L’esito diverso dipende in questo caso dalla capacità di ascolto: la Parola non è magia che agisce per conto suo, ma si ‘mescola’ diciamo con la situazione di chi la riceve, per cui lo stesso messaggio ottiene esiti diversi perché chi lo riceve ha diverse capacità. Tutte le ‘terre buone’ ce la mettono tutta, ma le diverse capacità di ciascuno portano a esiti diversi. Sempre però in questo caso il seme porta frutto.

Un terzo livello è riferito alla diversa situazione di chi è vissuto prima di Cristo e di chi è vissuto dopo
L’esito diverso dipende in questo caso dalla possibilità di ascolto:
“molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!”.
Come dire: a voi è stato dato un dono grande, rendetevene conto. Loro non l’anno avuto e questo in qualche modo li giustifica, ma voi il dono della Parola lo avete ricevuto eccome, non lasciatevelo scappare, non rendetelo inefficace.

Un quarto livello mi pare si fermi a esaminare il primo dei terreni.
“parlo loro in parabole… perché non vedono, non ascoltano e non comprendono”. Qui il riferimento non è alla volontà di ascolto, perché nella spiegazione della parabola, in riferimento al seme sulla strada, viene detto:
uno ascolta la parola del Regno e non la comprende’.
Quindi l’ascolto c’è, manca la comprensione. Perché? Credo manchi la preparazione all’ascolto.
“Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”.
Mi viene in mente ancora una volta un’altra parabola, quella del ricco e del povero, che si conclude così:
[il ricco dice ad Abramo]: “padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». Lc 16, 27-31
‘Il cuore di questo popolo è diventato insensibile’, dice Isaia. Mi sembra una sottolineatura molto importante. L’ascolto della Parola non è solo una questione di volontà di ascoltarla e metterla in pratica, o di doti personali che facilitino l’ascolto, o di condizioni esterne all’uomo che la rendano possibile (in primis la Parola stessa di Dio: se Dio non parla l’uomo, per quanto abbia buona volontà, non può ricevere nulla). È anche una questione di allenamento, di impostazione di vita. Se io vivo costantemente lontano da Dio, se il mio cuore è continuamente dedicato ad altro o ad altri, se vivo continuamente a livello del suolo e mi occupo solo di questioni immediate e materiali, il mio cuore si indurisce, diventa incapace di percepire la presenza e la parola di Dio. Posso avere le capacità, la possibilità, la volontà di ascoltarla, e la ascolto davvero. Però non la capisco più.




domenica 10 luglio 2011

le lettere di berlicche


Clive Staples Lewis (1898-1963), grande amico di Tolkien e autore delle Cronache di Narnia e, per gli appassionati di fantascienza, della Trilogia Spaziale (Lontano dal pianeta silenzioso, Perelandra e Quell'orribile forza), ha pubblicato nel 1942 Le Lettere di Berlicche (The Screwtape Letters), originariamente apparse sul quotidiano The Guardian e poi raccolte in un volume. In questo libro Lewis immagina un diavolo anziano, Berlicche appunto, che scrive delle lettere al suo nipote Malacoda per istruirlo nell’arte della tentazione. Lewis, ateo convertito al cristianesimo nella chiesa anglicana, escogita questo simpatico escamotage per scrivere un piccolo trattato sulla fede cristiana.


1

Mio caro Malacoda,
ho notato quanto mi dici sull’opportunità di dirigere le letture del paziente sottoposto alla tua cura, e di far sì che il più spesso possibile stia in compagnia di quel suo amico materialista. Ma non ti pare di essere un pochino ingenuo? Le tue parole fan pensare che tu sia d’opinione che la discussione sia il metodo per tenerlo lontano dalle grinfie del Nemico. Avrebbe potuto essere così se egli fosse vissuto alcuni secoli fa. A quei tempi gli uomini avevano una coscienza abbastanza chiara di quando una cosa veniva provata e di quando no; e, se gli argomenti erano convincenti, la credevano veramente. Mantenevano ancora una relazione tra il pensiero e l’agire, ed erano pronti, come risultato di una serie di ragionamenti, a mutar vita. Ma, un po’ per mezzo della stampa settimanale, un po’ con altre armi, siamo riusciti in gran parte a mutare questo stato di cose. Il tuo giovanotto è stato abituato, fin da ragazzo, ad avere nella testa una dozzina di filosofie inconciliabili tra loro, che danzano insieme allegramente. Non considera le dottrine come, in primo luogo, ‘vere’ o ‘false’, ma come ‘accademiche’ o ‘pratiche’, ‘superate’ o ‘contemporanee’, ‘convenzionali’ o ‘audaci’. Il gergo corrente, non la discussione, è il tuo alleato migliore per tenerlo lontano dalla chiesa. Non perdere tempo nel tentare di fargli pensare che il materialismo è vero! Mettigli in mente che è forte, o robusto, o coraggioso, che è la filosofia del futuro. È di questo che si preoccupa. Il male della discussione è che essa convoglia tutta la lotta sul terreno del Nemico. Anche Lui sa discutere; mentre in quel genere di propaganda veramente pratica alla quale sto accennando, Egli si è dimostrato, da secoli, di molto inferiore al Nostro Padre che sta Laggiù. Il fatto stesso di discutere sveglia la ragione del tuo paziente, e una volta sveglio chi può prevedere di risultati che potrebbero seguire? Anche se in qualche caso specifico un seguito di ragionamenti può essere distorto in modo da farlo finire in nostro favore, ti accorgerai di aver rafforzato nel tuo paziente l’abitudine fatale di prestare attenzione ai problemi universali e di allontanarlo dalla corrente delle immediate esperienze sensibili. Il tuo lavoro deve essere quello di fissare la sua attenzione su questa corrente. Insegnagli a chiamarla ‘la realtà della vita’, senza permettere che si chieda che cosa intende dire quando dice ‘realtà’. Ricordati che non è, come te, un puro spirito. Non essendoti mai fatto uomo (Ah! quell’abominevole vantaggio del Nemico!), tu non puoi capire come gli uomini siano schiavi dell’urgenza delle cose ordinarie. Io avevo una volta un paziente, un ateo ben saldo, che era solito recarsi a studiare nelle biblioteca del British Museum. Un giorno, mentre stava leggendo, mi accorsi che un certo filo del pensiero cominciava a prendere una direzione sbagliata. Il Nemico, naturalmente, gli fu in un attimo al fianco. Prima che riuscissi a raccapezzarmi, vidi che il mio lavoro di vent’anni cominciava a barcollare. Se, perdendo la testa, mi fossi messo a tentare una difesa per mezzo di una discussione, sarebbe stata finita per me. Ma io non sono così sciocco. Senza perder tempo colpii quella parte che il lui era più di ogni altra sotto il mio controllo, e suggerii che era giunto ormai il momento di andare a fare colazione. Il Nemico, è presumibile (poiché sai che non è mai proprio possibile riuscire ad afferrare ciò che Egli dice loro), fece a sua volta la contro-insinuazione che ciò che stava pensando era più importante della colazione. Almeno io penso che la sua linea sia stata questa, perché quando osservai: ‘perfettamente. Anzi, è troppo importante perché ci si accinga a trattarne a mezzogiorno’, il volto del paziente si illuminò considerevolmente, e io non feci in tempo ad aggiungere: ‘molto meglio tornare dopo pranzo, e trattare l’argomento con la mente fresca’, che era già a mezza strada verso la porta. Una volta sulla via la battaglia fu vinta. Gli mostrai il giornalaio che gridava le notizie delle edizioni pomeridiane, e un autobus, il 73, che passava, e prima che giungesse in fondo ai gradini riuscii a convincerlo più che mai che, siano pur strane fin che si vuole le idee che sorgono in capo quando si è chiusi da soli con i propri libri, una dose salutare di ‘realtà della vita’ (e con ciò intendevo dire l’autobus e il giornalaio) bastava per dimostrargli che ‘tutte quelle robe’ semplicemente non potevano essere vere. Sapeva di essersela cavata per poco, e più tardi provava un gran gusto nel parlare di ‘quel senso inespresso della realtà che è la nostra ultima salvaguardia contro le aberrazioni della logica pura’. Ora egli è al sicuro nella casa di Nostro Padre. Capisci ciò che voglio dire? Grazie a quei procedimenti che abbiamo cominciato a far operare in loro secoli fa, per loro è ormai quasi impossibile credere a ciò che non è ordinario, mentre ciò che è ordinario gli sta davanti agli occhi. Continua a battere il chiodo della ordinarietà delle cose. Soprattutto guardati bene dal fare il tentativo di usare della scienza (voglio dire delle vere scienze) come di una difesa contro il cristianesimo. Quelle scienze altro non potrebbero fare che incoraggiarlo a pensare alle realtà che non può toccare nè vedere. Sono avvenuti tristi casi tra i moderni studiosi di fisica. Se deve sguazzar nella scienza, mantienilo nell’economia e nella sociologia; non permettere che si allontani da quell’impagabile ‘realtà della vita’. L’ideale è, naturalmente, di non fargli leggere neppure una riga di veramente scientifico, ma di infondergli l’idea generale grandiosa che egli conosce tutta la scienza, e che ogni cosa che gli avvenga di raccogliere in conversazioni casuali o nelle letture è ‘i risultati della moderna investigazione’. Ricordati bene che il tuo dovere è di ubriacarlo. Dal modo con il quale alcuni di voi giovani demoni parlate si potrebbe pensare che la nostra occupazione sarebbe quella di insegnare!

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche