lunedì 3 agosto 2015

Accordi




Quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

Angelo Branduardi ama citare spesso nei suoi concerti una frase attribuita ad Andrès Segovia: ‘Un chitarrista passa la metà della sua vita ad accordare la sua chitarra, l'altra metà a suonare scordato’. Il paragone con uno strumento credo possa essere applicato anche a Dio che cerca di armonizzare il suo talento con uno strumento spesso discordante che siamo noi. Nei vangeli di queste domeniche di agosto (periodo infelice assai) la chiesa ci propone il bellissimo e difficile discorso di Gesù sul Pane di vita. E proprio in preparazione di questo ‘concerto’ impegnativo che richiede uno strumento perfettamente collaborante, Gesù cerca di accordarlo, incontrando non poche difficoltà, come vedremo tra poco. Il vangelo di ieri segue l’episodio letto la domenica precedente della moltiplicazione dei pani:

Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano … Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. (Gv 6, 1-15)

Già si cominciava ad intuire che tra il significato del ‘segno’ come lo intendeva Gesù e il modo con cui era stato compreso dalla folla c’era uno sfasamento. Gesù intende i miracoli che fa come segno, segnale che indica la presenza e l’azione di Dio. La folla li intende come eventi eccezionali e soprattutto utili per risolvere i propri problemi. Gesù fa i miracoli per indicare Dio, la gente vede i miracoli indicando se stessa e le proprie esigenze. Due tonalità diverse, discordanti. Gesù allora cerca di accordarle.

Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.

Visto che ho cominciato citando Branduardi e Segovia, utilizzo l’immagine della chitarra che mi sembra possa aiutare a capire alcuni passaggi necessari nell’accordare noi e Dio. Nella chitarra, che ha almeno sei corde, bisogna che le corde siano accordate le une alle altre. Per far questo di solito si parte dalla corda di LA e da quella si accordano le altre. Ma non basta, bisogna anche che ciascuna suoni la nota giusta. Se la corda di LA non è accordata in LA, tutte le altre corde, che da essa dipendono, suoneranno sì in armonia tra loro, ma note sbagliate. Nel caso questa chitarra dovesse suonare con altri strumenti, il risultato sarebbe molto sgradevole.


Molta attenzione deve essere posta nell’accordare noi, lo strumento, e Dio, l’artista che ci suona. Istintivamente, siccome per noi è molto difficile adeguarci alla tonalità di Dio, ci aspettiamo, o almeno desideriamo, che Dio si adatti a noi. E in questo siamo confermati dall’incarnazione di Dio in Gesù: lui si è adattato al nostro tono. In realtà non è proprio così. Anzi, questa credo sia proprio la nostra nota più stonata. E’ vero che Dio si è fatto uomo, ma il suo scopo non è far diventare lui come noi e basta, ma facilitare il nostro diventare come lui.
Invece, approfittando della vicinanza realizzata da Gesù, noi tendiamo a restare come siamo (qualunque sia la nostra nota, anche se è sbagliata) e ci aspettiamo che Dio si adegui a noi. L’immagine della folla che cerca Gesù, come lui stesso fa notare ‘perché avete mangiato e vi siete saziati’, è molto chiara in questo senso. Così come la gente che cerca Gesù per ‘farlo re’: eleggiamo nostro sovrano colui che ci dà da mangiare, cioè colui che soddisfa i nostri bisogni. Vedremo che quando Gesù comincerà a dire chiaramente alcune cose che non corrispondono più alle aspettative della folla a nessuno più verrà in mente di farlo re.
Ciò che fa e dice la gente in questo episodio mi richiama anche un altro momento, all’inizio del vangelo di Luca, in cui Gesù deve combattere contro tre tentazioni:

…il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane».
…Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo».
…Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Lc 4, 3-12

Il pane, il potere e la guarigione: ecco le grandi stonature, le grandi tentazioni contro cui deve battersi Gesù all’inizio della sua missione come uomo. E sono le stesse tre stonature che anche l’uomo deve saper riconoscere e combattere per iniziare il suo cammino di divinizzazione al seguito di Gesù: Dio, dammi da mangiare, fammi fare quello che voglio, risolvimi i problemi.
Torniamo al nostro testo: Gesù cerca di avvicinare l’umanità per ‘tirare la corda’, come si fa per accordare la chitarra, cioè tirare la sua gente verso Dio. Anche se questo richiede uno sforzo: la nostra tendenza, la nostra frequenza, deve essere innalzata per raggiungere la nota per cui siamo stati creati. Non basta che ‘suoniamo’ qualcosa, bisogna che suoniamo la nota giusta. ‘Voi mi cercate perché avete mangiato’ (nota sbagliata), io vi ho fatto vedere un segno, per indicarvi verso quale obiettivo dovete tendere (la nota giusta)

Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 

L’altra stonatura che rileva Gesù è che noi ci preoccupiamo per questa vita, mentre lui si preoccupa per la vita eterna. Ora che c’è Gesù, la nota ‘sigillata’, la nota perfetta, dovrebbe essere più facile per noi sapere verso cosa dobbiamo tendere.

Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

La difficoltà degli ascoltatori di Gesù nel capire quello che sta dicendo è grande; Gesù sta indicando Dio, li sta invitando ad ascoltare la sua musica, a contemplare ciò che ha fatto e sta facendo, e loro pensano a cosa devono fare loro. Gesù indica la luna, la folla guarda il dito. L’intenzione però è buona, vogliono darsi da fare e impegnarsi. Allora Gesù  li invita a credere, cioè ad accordarsi con la Nota principale. Come ho già detto molte volte, credere, come lo intende Gesù, non è un atto intellettuale come lo consideriamo in occidente: credere nell’esistenza di Dio. E’ invece tendere verso Dio, suonare all’unisono con lui, diventare, come dice san Paolo ‘suoi familiari’. Noi abbiamo fatto diventare il nostro essere cristiani una massa di doveri, azioni, opere, iniziative, organizzazioni, precetti e norme (il nostro guardare il dito invece che la luna). Servono anche queste, certamente, ma solo se sono i mezzi per facilitare l’accordo con Dio, mentre a volte finiscono per sostituirlo. ‘Cosa dobbiamo fare?’ chiede la folla a Gesù. Fidatevi, accordatevi, sintonizzatevi su ciò che fa lui, risponde Gesù. In altre parole, non dobbiamo fare niente, è Dio che sta già facendo. Se l’opera è di Dio, non siamo noi che dobbiamo farla, la fa lui.

Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 


Ancora il fare, stavolta richiesto a Gesù. Lui però coglie l’esempio che gli viene presentato (ancora il cibo) perché si avvicina già di più alla giusta accordatura, perché richiama un momento fondamentale della storia della salvezza: Dio in azione, Dio che opera, Dio che libera il suo popolo dall’Egitto e gli dona la manna come cibo. Gli eventi dell’Esodo rendono evidente la presenza e l’azione di Dio, mentre il popolo lo segue. Siamo già sulla strada giusta (anche se poi, lo abbiamo sentito nella prima lettura domenica scorsa, il popolo ricomincia subito a lamentarsi se Dio non asseconda le sue richieste), e in più il richiamo alla manna come pane dal cielo può essere utilizzato da Gesù proprio per presentarsi lui stesso come l’opera di Dio, come il segno richiesto, come il pane dal cielo.

Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Le corde cominciano a suonare in sintonia. E’ vero che in realtà la gente chiede pane inteso come cibo materiale, ma tra poco scoprirà che è proprio quello che Gesù vuole diventare per loro: un pane che però sia anche presenza di Dio, un cibo che non sia solo per il corpo ma anche per l’anima e che possa generare in chi lo riceve la vita eterna.
In realtà vedremo che quando Gesù  approfondirà la sua proposta alcune corde perderanno l’accordatura e altre addirittura si spezzeranno, ma per ora accontentiamoci di questa sintonia che si sta creando. Anche perché otterrà, lo vedremo, insieme a delle stonature anche delle bellissime sintonie.