lunedì 12 marzo 2012

bellissimo


Consiglio di guardarlo su apod.nasa.gov dove è più manovrabile a piacere.
Suggerisco anche di leggere le descrizioni dei vari oggetti.

venerdì 9 marzo 2012

berlicche 12

Mio caro Malacoda,
è evidente che stai facendo un meraviglioso progresso. L’unico mio timore è che nel tentativo di affrettare il paziente, tu non lo risvegli al senso della sua posizione reale. Tu ed io, che vediamo la sua posizione com’è nella realtà, non dobbiamo mai dimenticare che a lui essa appare totalmente differente. Noi sappiamo di avere già introdotto un cambiamento di rotta nel suo corso, un cambiamento che lo sta già trasportando fuori dalla sua orbita intorno al Nemico. Ma bisogna far sì che egli si immagini che tutte le decisioni che hanno effettuato questo cambiamento di rotta siano banali e revocabili. Non gli si deve permettere di nutrire il sospetto che egli sia ora su una direzione che, sia pure adagio, lo allontana dal sole, su una linea che lo porterà nel freddo e nella tenebra dello spazio più lontano. Per questa ragione sono quasi contento di sapere che va ancora in chiesa e che ancora fa la comunione. So che in ciò non mancano i pericoli, ma ogni cosa è preferibile alla scoperta della rottura che ha fatto con i primi mesi della sua vita cristiana. Finchè mantiene esternamente le abitudini del cristiano, gli si può ancora far credere di essere uno che ha adottato alcuni nuovi amici e nuovi divertimenti, ma il cui stato spirituale è quasi lo stesso di sei mesi fa. E fintanto che pensa così, dobbiamo preoccuparci non del pentimento esplicito di un peccato ben definito, ma soltanto del sentimento vago, quantunque inquietante, che di recente non si sia comportato proprio bene. Questa oscura inquietudine deve essere maneggiata con molta cura. Se divenisse troppo forte potrebbe svegliarlo e rovinare tutto il gioco. D’altra parte, se la sopprimi del tutto (cosa che il Nemico non ti permetterà comunque di fare) perdiamo un elemento della situazione che può essere volto a buon fine. Se si permette di vivere a un tale sentimento, pur non permettendogli di diventare irresistibile e di fiorire in pentimento vero e proprio, esso possiede una tendenza incalcolabile: aumenta la riluttanza del paziente a pensare al Nemico. Tutti gli esseri umani provano una tale riluttanza in quasi tutti i tempi, ma quando pensare a lui significa porsi di fronte e intensificare tutta una vaga nube di consapevolezza semiconsapevole, codesta riluttanza viene accresciuta di dieci volte. Essi odiano ogni idea che abbia riferimento a lui, precisamente come un uomo che si trova in strettezze finanziarie odia la vista stessa di un libretto bancario. In questo stato il tuo paziente non ometterà i suoi doveri religiosi, ma gli diverranno sempre più antipatici. Prima di compierli ci penserà il meno possibile, se lo potrà fare decentemente, e terminati che li abbia li dimenticherà al più presto. Alcune settimane fa dovevi tentarlo all’irrealtà e alla disattenzione nelle preghiere, ma ora lo troverai che ti apre le braccia e quasi ti prega di distrarlo dal suo proposito e di ottundergli il cuore. Desidererà che le sue preghiere siano irreali, poiché di nulla avrà tanto spavento quanto del contatto reale con il Nemico. Suo scopo sarà di lasciare che i vermi che dormono continuino a dormire.
Una volta che questa condizione si sarà stabilita sempre più pienamente, ti libererai dallo stucchevole compito di dovergli offrire i piaceri come tentazioni. Poiché l’inquietudine e la sua riluttanza ad affrontarla lo taglieranno fuori sempre maggiormente dalla vera felicità, e poiché l’abitudine rende i piaceri delle vanità, dell’eccitazione e della volubilità meno piacevoli e insieme più difficili a lasciarsi (questo è infatti ciò che l’abitudine fortunatamente dona al piacere) ti accorgerai che qualsiasi cosa, magari un nulla, basterà ad attrarre a sé la sua vagante attenzione. Non ti sarà più necessario un buon libro, che veramente gli piaccia, per tenerlo lontano dalle preghiere, o dal lavoro, o dal sonno; basterà una colonna di pubblicità del giornale di ieri. Potrai fargli perdere tempo non nella conversazione della quale gode, con gente che veramente gli piace, ma in conversazioni con coloro dei quali non gli importa nulla, su argomenti che lo annoiano terribilmente. Potrai riuscire a non fargli far nulla del tutto per lunghi periodi di tempo. Potrai tenerlo alzato fino a notte inoltrata, non a far baldoria rumorosa, ma a tenergli gli occhi aperti su un fuoco spento in una camera fredda. Tutte le attività sane ed esuberanti che noi desideriamo che egli eviti possono essere soppresse, senza dargli in cambio nulla, così che alla fine possa dire, come disse uno dei miei pazienti nel giungere quaggiù: “Ora mi accorgo di aver trascorso gran parte della mia vita non facendo né ciò che dovevo né ciò che mi piaceva”. I cristiani descrivono il Nemico come uno ‘senza il quale nulla è forte’. E il Nulla è assai forte. È tanto forte da rubare all’uomo gli anni migliori non in dolci peccati, ma in una terribile volubilità della mente che si aggira in non si sa cosa senza saperne il perché, nell’appagamento di curiosità così deboli che ne è consapevole soltanto a metà, nel tamburellare con le dita e nel battere i tacchi, nel fischiettare musichette che non gli piacciono, o nel lungo e oscuro labirinto di sogni privi perfino di quel piacere o di quell’ambizione che dia loro un certo gusto, ma che la creatura è troppo debole e troppo intossicata per scrollare da sé.
Dirai che questi sono peccati veniali. Senza dubbio, come tutti i tentatori giovani, tu hai una gran voglia di poter fare un rapporto con qualche delitto spettacolare. Ma ricordati che la sola cosa che ha importanza è la distanza con la quale riuscirai separare il giovanotto dal Nemico. La piccolezza dei peccati non ha importanza, purchè il loro effetto cumulativo scacci l’uomo nel nulla, lontano dalla Luce. Un assassinio non è migliore delle carte da gioco, se le carte riescono a fare il gioco. La strada più sicura per l’inferno, ricordalo, è quella graduale, il dolce pendio, il soffice suolo senza brusche voltate, senza pietre miliari, senza indicazioni.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche

martedì 6 marzo 2012

tre sono le cose

Quali sono gli aspetti essenziali della vita relazionale di un cristiano? Le persone, ovviamente. Quali sono le persone con cui un cristiano ha a che fare? Dio e gli altri. E cosa dice il vangelo su questi aspetti relazionali? Molte cose, ovviamente, in particolare riguardo alla relazione con gli altri, perché gli altri sono tanti. Partirei prima però da una affermazione importante di Gesù:

Un dottore della Legge, interrogò Gesù per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Mt 22, 35-40

Con il termine ‘Legge e Profeti’ si intende la parte essenziale della rivelazione biblica, il Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia) e i Profeti maggiori, quindi se Gesù dice che da questi due comandamenti dipende la parte essenziale della rivelazione, vuol dire che sono davvero importanti.
Dunque, ci sono due comandamenti essenziali da cui dipende addirittura tutta la rivelazione biblica, e sono comandamenti che riguardano essenzialmente le relazioni interpersonali: amare Dio e amare gli altri. Aggiungerei un accento su un altro aspetto non secondario, che è un po’ nascosto (forse perché non evidenziabile in un contesto come quello biblico, molto meno incline di quando siamo noi nella nostra cultura occidentale a sottolineare l’aspetto personale): il secondo comandamento dice ‘amerai il prossimo come te stesso’.  È un particolare non da poco, perché implica che il prossimo lo si debba amare come si ama se stessi. Può essere che l’amare se stessi sia dato per scontato, ma vederlo espresso in un comandamento così fondamentale non è poca cosa. Anche perché il secondo comandamento finisce per dipendere da questo particolare. Gesù non dice ‘ama gli altri’, ma ‘ama gli altri come te stesso’, quindi se non ami te stesso non potrai amare gli altri, oppure se ami te stesso nel modo sbagliato amerai nel modo sbagliato anche gli altri.
Quindi, tornando alla domanda iniziale, gli aspetti essenziali della vita relazionale di un cristiano sono evidenziati da un comandamento dichiarato da Gesù come il più grande, e si orientano su tre direzioni:

amare Dio
amare gli altri
amare se stessi

Un’ultima sottolineatura: Gesù parla esplicitamente di amare. Il tipo di relazione che chiede è una relazione personale e affettiva, non solo funzionale. Non si tratta di dire solo ‘Dio, gli altri, me stesso sono importanti, quindi bisogna rispettarli, custodirli, proteggerli’. Gesù va molto oltre: chiede di amarli.

Siamo in Quaresima, e il mercoledì delle Ceneri nel vangelo Gesù indicava quelli che devono diventare gli impegni operativi quaresimali: elemosina, preghiera e digiuno (Mt 6, 2-18).
Sono tre impegni, e ciascuno di loro indica come realizzare concretamente ciascuna delle relazioni fondamentali:

il rapporto con Dio: la preghiera
il rapporto con gli altri: l’elemosina
il rapporto con se stessi: il digiuno

Sono gli unici modi? No, ma se Gesù li evidenzia così vuol dire che hanno un’importanza particolare. Il grande comandamento indica l’atteggiamento, il vangelo delle Ceneri indica la modalità. Potrei accontentarmi di rispettare Dio, gli altri e me stesso. Ma Gesù chiede di amare, che è molto di più. Il rispetto non richiede necessariamente una relazione affettiva. Posso rispettare una persona senza provare nulla per lei. Ma se amo, allora farò diventare questo amore dei fatti che lo dimostrino. Ecco allora la preghiera, l’elemosina e il digiuno. Ma sono realtà che vanno spiegate.

Preghiera

Non è solo credere in Dio, non è solo rispettarlo, non è neppure solo obbedirgli. È dialogare con lui, è parlarsi, è comunicare. Questo richiede una parte del dialogo che venga da noi, e fin lì ce la caviamo abbastanza, pur con distorsioni che meriterebbero un approfondimento, ad esempio il ridurre il comunicare con Dio a chiedergli delle cose. Ma ci vuole anche la parte del dialogo che venga da lui, altrimenti che dialogo è? Infatti per lo più quello che noi chiamiamo preghiera non è un dialogo, ma un monologo. Parliamo solo noi:


Il dialogo però richiede la partecipazione di tutti e due. Questa dovrebbe essere la preghiera:


Ma se la parte che dipende da noi, magari un po’ malamente, riusciamo a realizzarla, come si realizza la parte di Dio? Dio non parla, Dio non comunica con me, Dio non dice niente, non risponde.
E' davvero così? E se fosse vero che Dio ha parlato, anche solo in alcuni momenti della storia? Non varrebbe la pena andare in cerca di queste parole come fossero perle preziose? È vero che ciascuno di noi vorrebbe che Dio gli parlasse personalmente, ma se questo fosse possibile, a patto di imparare il suo linguaggio?
Ecco perché Gesù indica la preghiera come il modo concreto di realizzare il comandamento dell’amare Dio. Ci sono certo molti modi per dimostrare l’amore per una persona, ma il modo migliore è dirglielo.

Elemosina

Il termine deriva dal greco eleèo, che significa aver compassione, aver misericordia. Nell’uso parlato ‘elemosina’ è finito ahimè a indicare il banale lasciar cadere degli spiccioli a un mendicante, ma nel linguaggio biblico esprime un coinvolgimento emotivo personale, non solo un gesto formale. Ad esempio:

grazie alle viscere di misericordia (elèous) di Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto. Lc 1, 78 (traduzione letterale)


In questa citazione Dio non è che si limita a degnare di una misera elemosina noi poveracci, ma si lascia coinvolgere interiormente, emotivamente. Da notare insieme al termine elèous il termine splanchna, che traduce l'ebraico rahamìm, viscere, plurale di rehèm, utero. Un rafforzamento di immagine che rende bene il coinvolgimento personale di Dio. Una misericordia sentita fin nelle viscere è ben diversa dal dare qualche spicciolo a qualcuno. Elemosina non è donare soldi, ma sentirsi l’altro nella pancia.

Digiuno

Altro termine equivoco, che va chiarito nel suo significato riferito a Dio. Digiunare significa di per sé non mangiare, ma perché? Perché ‘non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’ (Mt 4,4). Il senso del digiuno quaresimale sta nell’aver trovato qualcosa di più grande, importante e urgente delle semplici esigenze fisiologiche, per quanto importanti. Il digiuno porta con sé poi una conseguenza pratica: immedesimarsi nella situazione di chi è costretto a digiunare, e magari mettere da parte qualcosa per fare in modo che chi ha fame possa essere sfamato.


Riassumendo, i tre aspetti relazionali di un cristiano (Dio, gli altri, se stesso) si concretizzano in tre modi che esprimono il modo giusto di realizzare le proprie relazioni:

preghiera: il dialogo è il rapporto giusto con Dio
elemosina: la misericordia è il rapporto giusto con gli altri
digiuno: il controllo degli istinti è il rapporto giusto con se stessi

Ci sono anche modi sbagliati? Il vangelo della prima domenica di Quaresima, con Gesù che si ritira quaranta giorni nel deserto e con le tentazioni, ce ne dà un quadro interessante:

…il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».. Lc 4, 3-13

Il diavolo, il separatore (questo significa il greco diàbolon), vuole spezzare il legame tra Dio e l'uomo usando a proprio favore e distorcendo le stesse parole di Dio. 
Se il modo giusto nel rapporto tra Dio e uomo è il dialogo, il legame (io ti amo) il modo sbagliato sarà la provocazione, la rottura del rapporto (io ti uso): gettati giù, Dio ti aiuterà.
Se il modo giusto nel rapporto con gli altri è la misericordia, il donare, il modo sbagliato è il prendere, il dominare: 'ti darò tutto questo potere ... tutto sarò tuo'.
Se il modo giusto nel rapporto con se stessi è il saper controllare gli istinti, il modo sbagliato sarà farsi guidare dagli istinti: hai fame? trasforma questa pietra in pane.

il rapporto sbagliato con Dio: usarlo
il rapporto sbagliato con gli altri: esercitare potere su di loro
il rapporto sbagliato con se stessi: farsi guidare dagli istinti  



sabato 3 marzo 2012

le tre cose

Il tempo di Quaresima procede veloce, e se non si fa attenzione si rischia di arrivare a Pasqua lasciandosi scappare questa occasione. Nel vangelo del mercoledì delle Ceneri Gesù aveva indicato le tre cose da fare in Quaresima, e anche il modo di farle:

Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 
E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà … 
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Mt 6, 2-18

Riguardo a queste tre cose, elemosina, preghiera e digiuno, possono venire fuori molti approfondimenti, e mi piacerebbe evidenziarne qualcuno nei prossimi giorni. Intanto ecco quello che mi sembra uno dei migliori commenti a questo vangelo:


Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola, e ricevono vita l'una dall'altra. Il digiuno è l'anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno. Nessuno le divida, perché non riescono a stare separate. Colui che ne ha solamente una o non le ha tutte e tre insieme, non ha niente. Perciò chi prega, digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica. Chi digiuna comprenda bene cosa significhi per gli altri non aver da mangiare. Ascolti chi ha fame, se vuole che Dio gradisca il suo digiuno. Abbia compassione, chi spera compassione. Chi domanda pietà, la eserciti. Chi vuole che gli sia concesso un dono, apra la sua mano agli altri. E' un cattivo richiedente colui che nega agli altri quello che domanda per sé. O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Offri agli altri quella stessa pronta misericordia, che desideri per te. Perciò preghiera, digiuno, misericordia siano per noi un'unica forza mediatrice presso Dio, siano per noi un'unica difesa, un'unica preghiera sotto tre aspetti. Quanto col disprezzo abbiamo perduto, conquistiamolo con il digiuno. Immoliamo le nostre anime col digiuno perché non c'è nulla di più gradito che possiamo offrire a Dio, come dimostra il profeta quando dice: «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi» (Sal 50, 19). O uomo, offri a Dio la tua anima ed offri l'oblazione del digiuno, perché sia pura l'ostia, santo il sacrificio, vivente la vittima, che a te rimanga e a Dio sia data. Chi non dà questo a Dio non sarà scusato, perché non può non avere se stesso da offrire. Ma perché tutto ciò sia accetto, sia accompagnato dalla misericordia. Il digiuno non germoglia se non è innaffiato dalla misericordia. Il digiuno inaridisce, se inaridisce la misericordia. Ciò che è la pioggia per la terra, è la misericordia per il digiuno. Quantunque ingentilisca il cuore, purifichi la carne, sradichi i vizi, semini le virtù, il digiunatore non coglie frutti se non farà scorrere fiumi di misericordia. O tu che digiuni, sappi che il tuo campo resterà digiuno se resterà digiuna la misericordia. Quello invece che tu avrai donato nella misericordia, ritornerà abbondantemente nel tuo granaio. Pertanto, o uomo, perché tu non abbia a perdere col voler tenere per te, elargisci agli altri e allora raccoglierai. Dà a te stesso, dando al povero, perché ciò che avrai lasciato in eredità ad un altro, tu non lo avrai.

Dai «Discorsi» di san Pietro Crisologo, vescovo