lunedì 24 ottobre 2011

berlicche 7


Mio caro Malacoda,
mi fa meraviglia che tu mi chieda se sia essenziale tenere il tuo paziente nell’ignoranza della tua esistenza. A questa domanda, almeno nella fase attuale della lotta, è già stato risposto per noi dall’Alto Comando. La nostra politica per il momento è di tenerci nascosti. Naturalmente non è sempre stato così. Noi siamo di fronte a un dilemma crudele. Quando gli uomini non credono alla nostra esistenza perdiamo tutti i piacevoli risultati del terrorismo diretto. D’altra parte, quando credono in noi non siamo capaci di farli diventare materialisti o scettici. Almeno, non ancora. Ho grandi speranze che apprenderemo, a tempo debito, il modo di emozionalizzare e mitologizzare la loro scienza a tal punto che ciò che è, in realtà, fede in noi (quantunque non sotto questo nome) riuscirà a insinuarsi, mentre la mente umana rimarrà chiusa alla fede nel Nemico. La ‘forza vitale’ l’adorazione del sesso, e alcuni aspetti della psicanalisi, potranno qui dimostrarsi utili. Se riusciremo a produrre il nostro capolavoro, il Mago Materialista, l’uomo che non usi, ma veramente adori ciò che chiama vagamente ‘forze’ mentre nega l’esistenza degli ‘spiriti’, allora sarà in vista la fine della guerra. Ma nel frattempo dobbiamo obbedire ai nostri ordini. Non credo che sarà molto difficile tenere all’oscuro il tuo paziente. Il fatto che i diavoli siano soprattutto figure comiche nelle fantasia moderna ti sarà di aiuto. Se qualche debole sospetto della tua esistenza cominciasse a sorgergli in mente, suggeriscigli la figura di qualcosa vestito con un costume scarlatto, e fa’ in modo da convincerlo che dal momento che non può credere a quella cosa non può credere in te.
Non ho dimenticato la promessa di considerare le dobbiamo fare del tuo paziente un estremo patriota o un estremo pacifista. Tutti gli estremi, eccetto l’estrema devozione al Nemico, sono da incoraggiarsi. Non sempre, naturalmente, ma in questo periodo sì. Alcune età sono tiepide e compiacenti, ed è nostro affare cullarle in un sonno ancora più profondo. Altre età, delle quali la presente è una, sono squilibrate e pronte alla faziosità, e allora il nostro compito è di eccitarle. Qualsiasi piccola cricca, tenuta insieme da qualche interesse che gli altri ignorano, tende a sviluppare nel suo seno un’ammirazione reciproca, da serra, e verso il mondo esterno un bel po’ di orgoglio e di odio, ai quali si concede senza vergogna perché la ‘causa’ ne è garante e perché si pensa che quel sentimento sia impersonale. Perfino qualora il gruppetto abbia avuto origine per gli scopi del Nemico tutto quanto ho detto rimane vero. Noi vogliamo che la chiesa sia piccola non solo perché meno uomini conoscano il Nemico, ma anche perché quanti lo conoscono acquistino quell’intensità agitata e quel senso difensivo della propria rettitudine che è la caratteristica delle società segrete e della cricca. La chiesa è, naturalmente, difesa da grosse batterie, e finora non siamo mai riusciti completamente a darle tutte le caratteristiche di una fazione. Ma fazioni secondarie nel suo seno hanno prodotto spesso risultati ammirevoli, dai partiti di Paolo e Apollo a Corinto, giù giù fino ai partiti della Chiesa Alta e della Chiesa Bassa in Inghilterra. Se si riuscirà a indurre il tuo paziente a rifiutarsi di combattere per motivi di coscienza, egli si troverà automaticamente membro di una società piccina, vociante, organizzata e impopolare, e gli effetti di una tale posizione, in uno che è ancora novellino nel cristianesimo, saranno quasi certamente buoni. Ma soltanto quasi certamente. Ha mai avuto dubbi seri sulla legittimità di servire in una guerra giusta prima che iniziasse la guerra presente? È un uomo che possiede un grande coraggio fisico, tanto grande che non verrà assalito da semiavvertite apprensioni rispetto ai veri motivi del suo pacifismo? Può, qualora si trovasse vicinissimo all’onestà (nessun essere umano le è mai molto vicino), sentirsi senz’altro convinto di essere spinto completamente dal desiderio di obbedire al Nemico? Se è un uomo di questo genere il suo pacifismo non ci farà probabilmente gran che bene, e il Nemico lo proteggerà dalle conseguenze che solitamente derivano dal fatto di appartenere a una setta. Il miglior piano che in tal caso potresti scegliere sarebbe di tentare una crisi emotiva subitanea e confusa, dalla quale egli possa emergere come un inquieto convertito al patriottismo. Spesso si riesce in cose di questo genere. Ma se è il tipo che mi pare sia, tenta il pacifismo.
Ma qualunque strada egli prenda, il tuo compito principale sarà sempre lo stesso. Incomincia a fargli trattare il patriottismo o il pacifismo come parte della sua religione. Poi, sotto l’influsso dello spirito di partigianeria, fa’ in modo che lo consideri come la parte principale. Poi, senza chiasso e per gradi, curalo in maniera da portarlo al livello nel quale la religione diviene soltanto una parte della Causa, nel quale il cristianesimo è valutato principalmente per gli argomenti eccellenti che può produrre in favore dello sforzo bellico o del pacifismo. L’atteggiamento dal quale è necessario che tu lo difenda è quello nel quale gli affari temporali vengono trattati soprattutto come materiale per l’obbedienza. Una volta che sarai riuscito a fare del mondo il fine e della fede un mezzo, avrai quasi guadagnato il tuo uomo, e poco importa il genere dello scopo mondano al quale tenderà. Una volta che i comizi, gli opuscoli, le mosse politiche, i movimenti, le cause e le crociate saranno per lui più importanti delle preghiere e dei sacramenti e della carità, sarà tuo, e più sarà ‘religioso’ (in quel senso) più sicuramente sarà tuo. Te ne potrei far vedere una gabbia abbastanza piena laggiù.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche

venerdì 21 ottobre 2011

lo sposo e la sposa


L'Onnipotente, avendo preso in sposa una debole e l'eccelso una di bassa condizione, da schiava ne ha fatta una regina. Colei che gli stava sotto i piedi la pose al suo fianco. Uscì infatti dal suo costato, da cui la fidanzò a sé. E come tutte le cose del Padre sono del Figlio e quelle del Figlio sono del Padre, essendo una cosa sola per natura, così lo sposo ha dato tutte le cose sue alla sposa, e lo sposo ha condiviso tutto quello che era della sposa, che pure rese una cosa sola con se stesso e con il Padre. Voglio, dice il Figlio al Padre, pregando per la sposa, che come io e te siamo una cosa sola, così anch'essi siano una cosa sola con noi (Gv 17, 21). Lo sposo pertanto è una cosa sola con il Padre e uno con la sposa. 
Quello che ha trovato di estraneo nella sposa l'ha tolto via, eliminando i peccati di lei configgendoli sul legno della croce.
Quanto appartiene per natura alla sposa ed è sua dotazione, lo ha assunto e se ne è rivestito.
Ciò che gli appartiene in proprio ed è divino l'ha regalato alla sposa.
Egli annullò ciò che era del diavolo, assunse ciò che era dell'uomo, dono ciò che era di Dio.
Per questo quanto è della sposa è anche dello sposo. Ed ecco allora che colui che non fece alcun male e sulla cui bocca non fu trovato inganno, può dire: «Pietà di me, o Signore: vengo meno» (Sal 6, 3), perché colui che ha la debolezza di lei, ne abbia anche il pianto e tutto sia comune allo sposo e alla sposa. 

Dai «Discorsi» del beato Isacco, abate del monastero della Stella (Disc. 11)



sabato 15 ottobre 2011

invito


un re fece una festa di nozze per suo figlio.

Una festa è sempre un momento bello, ed è strano che gli invitati non vogliano partecipare. Anche se abbiamo sperimentato tutti, credo, degli inviti a feste a cui non avevamo nessuna voglia di andare. Ma l’invito in questo caso arriva dal Re, e nell’immagine del Re è rappresentato Dio stesso. È possibile che un invito che arriva da Dio stesso possa essere disatteso? Inoltre non è una festa qualunque. È la festa per le nozze del Figlio. E quando la Scrittura parla di nozze occorre rizzare bene le orecchie, perché il richiamo è spesso a un matrimonio speciale, quello tra Dio e l’uomo.
I testi dei profeti in modo particolare sottolineano questo aspetto.

Tuo sposo è il tuo creatore,
Signore degli eserciti è il suo nome;
tuo redentore è il Santo di Israele,
 è chiamato Dio di tutta la terra.
Come una donna abbandonata e con l'animo afflitto,
ti ha il Signore richiamata.
Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù?
Dice il tuo Dio.
Per un breve istante ti ho abbandonata,
ma ti riprenderò con immenso amore.
In un impeto di collera
ti ho nascosto per un poco il mio volto;
ma con affetto perenne ho avuto pietà di te,
dice il tuo redentore, il Signore. Is 54, 5-8


Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma tu sarai chiamata Mio compiacimento
e la tua terra, Sposata,
perché il Signore si compiacerà di te
e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo architetto;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te. Is 62, 4-5

la attirerò a me,
la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.
Le renderò le sue vigne
e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza.
Là canterà come nei giorni della sua giovinezza,
come quando uscì dal paese d'Egitto.
E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore -
mi chiamerai: Marito mio,
e non mi chiamerai più: Mio padrone.
Ti farò mia sposa per sempre,
ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,
nella benevolenza e nell'amore,
ti fidanzerò con me nella fedeltà
e tu conoscerai il Signore. Os 2, 16-22

Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire … andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.

Chi sono questi invitati? Alcuni testi dei vangeli contengono, come i testi profetici visti prima, un riferimento al rapporto tra Dio e l’uomo come rapporto di coppia, con un particolare interessante: come succede qui, si parla dello sposo ma la sposa non c’è: come succede alle nozze di Cana (Gv 2, 1-11) o nella parabola delle dieci vergini (Mt 25, 1-13).
Manca la sposa. Che strano.
Non sarà perché qui è velata dietro la figura degli invitati? O nell’episodio di Cana dietro la figura di Maria? O nella parabola nella figura delle 10 vergini?
Se è così, il rifiuto nell’accettare l’invito assume un significato tutto particolare. Non sono solo degli amici o parenti o generici invitati che rifiutano di partecipare, ma in loro c’è la sposa stessa. O almeno il Re e il Figlio suo sposo così considerano l’invito: vi invito non per assistere o per fare da spettatori, ma perché diventiate la mia sposa. Il rifiuto allora diventa ancora più grave.
Potremmo obiettare che questo particolare significato di questa parabola è troppo nascosto, troppo oscuro per gli ascoltatori di Gesù, che probabilmente non riescono a cogliere il senso di quello che sta dicendo. Ma teniamo conto che questa parabola Gesù la dice ‘agli anziani e ai capi dei sacerdoti’, non alla folla.
Questa parabola fa parte di un discorso che Gesù ha iniziato poco prima, nel tempio:
Mt 21,23: Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero… (qui c’è la discussione sul battesimo di Giovanni e parabola dei due figli)
Mt 21, 45: Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. (segue la nostra parabola degli invitati alle nozze)
Mt 22, 15: Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi


Gesù racconta quindi la parabola a chi ha certo le categorie e la preparazione biblica per cogliere il senso delle immagini che Gesù usa. Inoltre la parabola fa parte di una serie di messaggi che Gesù sta mandando agli anziani e ai sacerdoti, per far cogliere loro che con la loro opposizione stanno rifiutando Dio stesso, che pure sono convinti di servire fedelmente. Molto interessanti questi risvolti, molto provocatori.

Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Gli invitati-sposa hanno rifiutato, rendendosi indegni, ma lo sposo non vuole rinunciare alla sposa-umanità, anche se una parte di essa lo rifiuta. Allora chiama l’altra parte: ‘tutti quelli che troverete’. Credo sia molto umiliante per Dio vedere che proprio coloro che aveva preparato e predisposto per accoglierlo e ‘sposarlo’ lo abbiano rifiutato, mentre hanno accettato l’invito quelli dei crocicchi delle strade, quelli dove c’è un po’ di tutto, ‘cattivi e buoni’.
i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Mt 22,31
Allora però cattivi e buoni per il fatto che siano insieme vengono considerati nello stesso modo? la misericordia cancella la giustizia? La continuazione della parabola risponde a questa obiezione:

Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”

Questa appendice è interessantissima. La parabola non si conclude con la sala delle nozze piena nonostante il rifiuto, ma con un altro momento critico, con una cacciata. E per un vestito! Cos’ha di tanto importante questo ‘abito nuziale’ da richiedere un provvedimento così drastico verso chi non lo indossa? Ricordiamoci sempre in che senso si può cogliere l’invito alle nozze: non come invito generico a pranzo ma come una vera e propria proposta di matrimonio. L’abito nuziale è il vestito della sposa, e dov’è mai che la sposa non cura il proprio vestito? È il segno dell’importanza del momento. È il segno della partecipazione della sposa, che si presenta la più bella possibile, impegnandosi per tutta la vita.
Quest’uomo, questo singolo che fa parte dell’umanità-sposa, non ha colto l’importanza dell’invito. Non cura la propria partecipazione. È un invitato ma non vuole essere sposa. È venuto a mangiare a scrocco, non a vivere per sempre con lo sposo.
Ma c’è di più. La parola ‘abito’ è di origine latina e deriva da ‘habitus’, che non significa solo ‘vestito’, ma ‘modo di essere’. Lo sposo nel matrimonio si dona tutto, dona tutto il suo essere, e si aspetta che la sposa faccia altrettanto. Quest’uomo è venuto a prendere dallo sposo ma non ha portato il suo habitus, il suo essere. Non vuole collaborare, non accetta il coinvolgimento affettivo e vitale che il matrimonio richiede. Non si è messo l’habitus giusto, quello bello, il migliore. Come si fa a sposarsi con chi non vuole?

Cristo sposo e la Chiesa sposa,
coro del Monastero di Santa Maria di Monteluce,
Perugia.

Ci sarebbe ancora una considerazione da fare. Una considerazione morale, se vogliamo. Quando banalizziamo la nostra fede e il nostro rapporto con Dio considerandolo come un buonuomo a cui va bene tutto, che qualunque sia il nostro comportamento alla fine si accontenta, dovremmo forse rileggere questa parabola. Per due volte il comportamento di chi viene chiamato in causa attraverso un invito diventa discriminante. Gli invitati che si fanno gli affari propri non sono trattati con una pacca sulla spalla e via, come se qualunque comportamento nei confronti di Dio fosse in fondo la stessa cosa: se venite alle nozze va bene, se non venite va bene lo stesso.
Anche l’uomo senza abito nuziale non viene bonariamente inserito nel gruppo, ma viene gettato fuori nelle tenebre. E le tenebre sono l’immagine della lontananza totale da Dio.
Quindi non tutti i comportamenti e gli atteggiamenti vanno bene. Ciascuno si porta le sue conseguenze. E il fatto che Dio sia buono non significa che non sia giusto.