venerdì 20 ottobre 2017

Invito



Mt 22, 1-14

Gesù, riprese a parlare con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.

Questa parabola inizia con un accenno che diventerà essenziale man mano che si svilupperanno gli eventi raccontati. C’è una festa di nozze, e lo sposo è il figlio del re. Il riferimento al Figlio è importante perché richiama Gesù stesso. Ma se  il Figlio è lo sposo, la sposa chi è?

Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.

Gli invitati scelti per primi, che potremmo considerare i parenti e amici più intimi, curiosamente non vogliono partecipare. Preferiscono continuare con le proprie attività. Alcuni addirittura uccidono i servi mandati a invitarli.


Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Vengono chiamati altri invitati. Non sono i più vicini e gli amici più stretti. E sono sia cattivi che buoni. Se volessimo semplificare potremmo dire che questa parabola parla di chi va a messa e di chi non ci va. ‘Beati gli invitati alla mensa del Signore’, dice il celebrante prima di dare la comunione. Chi va a messa ha accettato l’invito, ma non può sentirsi migliore degli altri, perché sono stati gli altri a essere invitati per primi. Ma hanno rifiutato.

Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

La parabola si conclude in modo sconcertante. Uno degli invitati, uno di quelli della seconda infornata, non indossa l’abito nuziale. E a causa di questa mancanza viene cacciato fuori ‘nelle tenebre, dov’è pianto e stridore di denti’. Com’è possibile che la mancanza di un vestito adeguato possa portare a una tale punizione? Evidentemente questo abito nuziale ha un significato particolare. La parola ‘abito’ deriva dal latino ‘Habitus’ che significa soprattutto modo di essere, personalità, da cui anche la parola ‘abitudine’. Evidentemente il problema qui non è il vestito, ma il comportamento. Non basta accettare l’invito del Dio, occorre anche comportarsi di conseguenza. È vero che i primi invitati (chi non va a messa) non hanno accettato, ma è altrettanto vero che chi ha accettato (chi va a messa) deve comportarsi in modo adeguato.
Ma non è ancora finita: abbiamo ancora una domanda a cui dare risposta: dov’è la sposa? Ed ecco che torna in ballo l’abito nuziale, che prima ancora di rappresentare il comportamento richiama una realtà molto più immediata: è il vestito della sposa. Torniamo così all’inizio della parabola. È un pranzo di nozze, ma gli invitati, sia chi ha accettato, sia chi non ha voluto partecipare, non sono considerati solo parenti o amici, invitati generici per quanto vicini. Attraverso di loro si intravvede la sposa. Non sono solo invitati a pranzo, per il quale un rifiuto, pur essendo gesto scortese, non sarebbe tuttavia molto di più. Sono invitati a diventare la Sposa! Ecco perché due così sproporzionate arrabbiature del Re: la sua richiesta non è solo un invito, ma è una proposta di matrimonio. Dio ama l’umanità e vuole darle in sposo il suo Figlio, ma la sposa rifiuta (gli invitati che dicono no) o vuole approfittare dell’invito per gestirselo a modo suo (l’invitato senza abito nuziale). Questo rifiuto diventa rifiuto verso Dio stesso. E se Dio è la fonte della vita, il rifiuto di Dio diventa scelta di morte

Cristo sposo della Chiesa

Accusate vostra madre, accusatela, 
perchè essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito!
Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni 
e i segni del suo adulterio dal suo petto;
altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò come quando nacque
e la ridurrò a un deserto, come una terra arida, e la farò morire di sete.
I suoi figli non li amerò, perchè sono figli di prostituzione.
La loro madre si è prostituita, la loro genitrice si è coperta di vergogna.
Essa ha detto: “Seguirò i miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua,
la mia lana, il mio lino, il mio olio e le mie bevande”.
Perciò ti sbarrerò la strada di spine e ne cingerò il recinto di barriere 
e non ritroverà i suoi sentieri.
Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli.
Allora dirà: “Ritornerò al mio marito di prima perchè ero più felice di ora”.
Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio
e le prodigavo l'argento e l'oro che hanno usato per Baal.
Perciò anch'io tornerò a riprendere il mio grano, a suo tempo,
il mio vino nuovo nella sua stagione; 
ritirerò la lana e il lino che dovevan coprire le sue nudità.
Scoprirò allora le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti 
e nessuno la toglierà dalle mie mani.
Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue solennità.
Devasterò le sue viti e i suoi fichi, di cui essa diceva: 
“Ecco il dono che mi han dato i miei amanti”.
La ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici.
Le farò scontare i giorni dei Baal, quando bruciava loro i profumi,
si adornava di anelli e di collane e seguiva i suoi amanti mentre dimenticava me!
Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.
Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza.
Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto.
E avverrà in quel giorno che mi chiamerai: Marito mio, 
e non mi chiamerai più: Mio padrone.
Le toglierò dalla bocca i nomi dei Baal, che non saranno più ricordati.
In quel tempo farò per loro un'alleanza con le bestie della terra
e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo;
arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli.
Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto,
nella benevolenza e nell'amore,
ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. Osea 2, 4-22


giovedì 28 settembre 2017

primi e ultimi



Mt 20, 1-16

Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.

Un unico commento: tendiamo a far nostre le ragioni dei primi, di chi ha lavorato tutto il giorno, perché in fondo ci identifichiamo con lui. Ci diamo da fare, ci impegniamo, facciamo le cose per bene, e ci irrita che chi ha fatto poco o nulla sia trattato come noi. 
Ma noi non siamo i primi…


venerdì 15 settembre 2017

Importanza delle parole



Mt 16, 21-27

Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te,

Fratello.
Non conoscente, non nemico, non avversario. Chi ha fatto qualcosa contro di te è tuo fratello. Può un fratello commettere una colpa contro di te? Certo. Ma rimane tuo fratello. Invece appena qualcuno ci fa del male lo declassiamo subito a estraneo, prendiamo le distanze, tagliamo i ponti.

Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Mt 18, 21-22

va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;

Fra te e lui solo.
Facilmente saltiamo questo passaggio e passiamo al successivo, parlandone con chiunque tranne che con l’interessato.


se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.

Testimoni
Non alleati. Quando lo diciamo ad altri, non solo diamo solamente la nostra versione, non sempre vera e completa, ma tendiamo a dare in modo che gli altri ci diano ragione, che passino dalla nostra parte. Mentre invece è necessario che ci sia qualcuno che veda le cose diversamente da come le vediamo noi. Dei testimoni, appunto.

Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali, darete ascolto al piccolo come al grande; non temerete alcun uomo, poiché il giudizio appartiene a Dio. Dt 1, 17

Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità;

Comunità
Il passaggio che generalmente noi facciamo per primi, l’andarlo a dire a tutti, qui viene messo alla fine. Non come la prima cosa da fare ma come l’ultima, come la decisione e la difesa estrema. Talmente estrema che se sono stati fatti i passi precedenti non dovrebbe mai essere attuata.

e se non ascolterà neanche la comunità,

È ciò che è conosciuto come scomunica. Esiste ancora, appunto come atto estremo di difesa della comunità cristiana. Ma è competenza della guida della chiesa, non nostra. Noi non possiamo scomunicare nessuno (anche se ahimè lo facciamo spesso).

sia per te come il pagano e il pubblicano.

Pagano e pubblicano
Cioè sia considerato fuori della comunità. Ma attenzione: Gesù come tratta i pagani e i pubblicani?

Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro”.  Lc 18, 10-14


In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

Ma se scioglie quello che Cristo ha legato? O se si lega quello che Cristo ha sciolto?

giovedì 7 settembre 2017

chi precede e chi segue



Mt 16, 21-27

Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

È il suo programma. Non è solo un destino, ma una sua scelta consapevole anche se faticosa. E noi, ascoltando queste parole di Gesù di nuovo veniamo posti di fronte alla scelta se essere credenti o discepoli. Il credente crede in Dio, ma può farlo a modo suo, se vuole. Può anche solo credere che esista e basta. Oppure può credere che faccia le sue cose più o meno a nostra insaputa. Solamente credere non implica un seguire o un obbedire.
Il problema di Pietro inoltre è che quando si comincia ad essere affezionati a qualcuno si vorrebbe che per lui tutto vada nel modo migliore. È una cosa molto bella in sé. Ma contiene un grosso rischio: che ‘il modo migliore’ siamo noi a deciderlo.

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai».

Dire ‘Dio non voglia’ quando appena un momento prima il Figlio di Dio ha comunicato quello che vuole è veramente un bel paradosso. Ma la situazione è ancora più complicata, perché Gesù stesso, come Figlio diventato uomo, sta faticando lui stesso ad accettare il progetto del Padre. Lo conosce e lo riconosce, ma umanamente è faticoso per lui. Lo si vedrà bene più tardi nell’orto del Getsemani:

…si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu! … E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà”. Mt 26, 39-42


Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Poco prima Gesù aveva gratificato Pietro di un altissimo complimento:

…Gesù disse loro: “Voi chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. 16, 13-20
 
E ora Pietro stesso viene chiamato Satana. Da beato a satana in meno di un minuto. Gesù era stato molto contento che Pietro lo avesse riconosciuto per quello che è. Ma questo implica anche l’accettarlo per quel che è. Si può anche credere che Cristo sia il Figlio di Dio e poi non seguirlo. Giacomo nella sua lettera aveva sottolineato così questo concetto:

Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Gc 2, 19

Lo credono ma certo non lo seguono. Ai suoi discepoli Gesù chiede di seguirlo, non solo di riconoscerlo.

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.  Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Seguire significa stare dietro, non davanti. ‘Va’ dietro a me!’. Se si sta davanti a Cristo lo si fa inciampare (questo significa il termine greco skandalon), si ostacola il suo cammino. È molto di più che dare genericamente cattivo esempio, è proprio intralciare Dio. Ecco perché Pietro viene chiamato Satana. Perché impedisce a Cristo di fare quello che deve: salvare l’uomo con il proprio sacrificio.