venerdì 28 febbraio 2014

siate santi



Mc 5, 38-48

Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

Continua il grande discorso di Gesù che nel vangelo di Matteo è il cuore della sua rivelazione e la vetta del suo insegnamento. E tutto diventa sempre più spiazzante e irraggiungibile. C’è una chiave con cui sia possibile comprendere un discorso così ostico? Credo che nelle prime due letture di domenica scorsa ci sia quantomeno uno spiraglio.
Il primo testo è dal libro del Levitico.

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”». Lv 19, 1-2.17-18

La concretizzazione dell’amore verso il prossimo viene legata non all’operatività, ma alla santità. Non è una delle cose da fare, da realizzare, ma è la conseguenza della propria somiglianza con Dio. Senza questa somiglianza con Dio nella santità, quello che Gesù chiede diventa impossibile.
Il secondo testo è tratto dalla seconda lettera di Paolo ai Corinti.

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».. I Cor 3, 16-23



La sapienza di Dio, la sua visione delle cose, è molto diversa dalla nostra. Solo se impareremo a entrare nella vita di Dio, così come ce l’ha rivelata in Cristo, saremo capaci di vedere le cose in un altro modo. Ma non per le nostre sole capacità; solo con il suo aiuto e con il suo accompagnamento saremo in grado di diventare poco a poco come lui.

Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Di nuovo la perfezione che viene proposta non sta nelle azioni o nelle nostre realizzazioni, quanto nell’identificazione con il modo di essere di Dio stesso.

venerdì 21 febbraio 2014

fuorilegge



Mt 5, 17-37

Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.


A chi ritiene già eroico rispettare le leggi, umane o divine che siano, Gesù ancora una volta propone un’altra visione delle cose, assai spiazzante: se fate solo quello ‘non entrerete nel regno dei cieli’. Per dichiarare questo Gesù prende a paragone gli scribi e i farisei. Ma questo paragone ci complica un po’ le cose, e ci costringe subito a fermarci un momento per chiarirle, perché partiamo già svantaggiati e rischiamo di non capire. Per noi gli scribi e i farisei sono gli ipocriti (come del resto li definisce Gesù stesso) per cui il suo paragone ci parrebbe non troppo difficile da realizzare: Gesù ci chiede di non essere come loro, e questo non abbiamo nessuna difficoltà ad accettarlo. Nessuno di noi vorrebbe essere come i viscidi e perfidi farisei.
Ma le cose non stanno proprio così. Questa è una delle situazioni in cui rischiamo di lasciarci sviare dalle nostre precomprensioni riguardo al vangelo. Il confronto continuo con la Parola di Dio, se fatto bene, ci permette di evitare questo pericolo. Ma richiede molto coraggio. Una dimostrazione immediata? Basta leggere la continuazione del testo:

Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.

Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

E noi che ci riteniamo già dei supereroi se osserviamo i dieci comandamenti! (anzi, per la verità ci riserviamo la possibilità di sorvolare su due o tre. In fondo la media del 7 è già una buona media, no?).
Ebbene, i dieci comandamenti, osservati scrupolosamente, sono esattamente quello che Gesù intende quando parla della ‘giustizia degli scribi e dei farisei’. Quello era il loro vanto, la loro caratteristica principale, riconosciuta da tutta la gente di Israele: la Legge di Mosè osservata scrupolosamente e attentamente fin nei minimi particolari. Sono giusti perché osservano e praticano la Legge. E non dimentichiamo che la legge di Mosè è stata data da Dio stesso, ed è la Legge che Gesù dice di essere venuto a compiere, non certo ad abolire:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto»


Dunque Gesù non è venuto a cancellare i dieci comandamenti, ma a compierli. E cosa significa compierli? Credo che la chiave di tutto stia in questa parola. I farisei intendono questo compimento come l’applicazione letterale e precisa di quello che i comandamenti dicono. Questa è la loro giustizia: l’applicazione alla lettera della Legge. Precisa e verificabile. E di conseguenza per loro il compimento della Legge sta nel definire i più piccoli particolari pratici, tecnici e operativi con cui mettere in pratica ogni comandamento. Da questa esigenza di precisare nei dettagli i particolari della legge derivano le 613 Mitzvot, i precetti dell’ebreo ortodosso.
Maggiori informazioni qui.
Un esempio curioso delle conseguenze pratiche qui.
E’ questo che Gesù intende con il termine ‘compimento’? Basta scorrere la sua spiegazione per accorgersi che lui si muove in una direzione diversa, molto diversa. E cos’è che fa la differenza? Ne troviamo un indizio in un altro dialogo tra Gesù e i farisei:

I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?”. Gli rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”. Mt 22, 34-40

I farisei (ma è un rischio che corriamo sempre noi cristiani, basta vedere le modalità dell’integralismo cristiano, soprattutto americano) intendono la Legge come somma di norme da applicare, ma rischiano di smarrire il senso e il fine di quelle norme, chi le ha proposte e al servizio di chi sono state date. Tanto è vero che negli eventi del vangelo saranno proprio i farisei a far condannare Gesù (lo stesso Dio che ha dato quelle norme) …perché va contro le norme!
Gesù non va contro le norme, ma le riporta al loro significato originale: devono essere la concretizzazione dell’amore di Dio per l’uomo. Sono i comandi di un padre che ama il figlio e non vuole che si faccia male. E’ vero, la situazione dei figli è in continua evoluzione e crescita, e l’applicazione delle norme cambia a seconda delle situazioni e delle persone, ma sempre uguale rimane il senso di chi le propone. E’ questo senso che vuole recuperare Gesù.


Ecco allora che forse si riescono a capire meglio le sue parole in questo testo. I comandamenti vanno osservati attentamente non tanto per attuarne i singoli particolari formali, quanto per realizzarne fino in fondo il senso ultimo, chiarito da Gesù nel Grande Comandamento che li riassume tutti: amare Dio e amare gli altri come se stessi.
Ecco perché non è sufficiente limitarsi a non uccidere. Se ci si limita a questo, si rispetta forse la lettera della legge ma non il suo significato. Se un comandamento ha come fine realizzare l’amore per gli altri, non ci si può accontentare di non ucciderli. Allora hanno un senso gli esempi concreti che porta Gesù, in particolare il primo:

Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti  con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

I farisei sbagliano il fine della legge, che non è la giustizia, ma la salvezza. Se si esaspera la giustizia si attiva a giustiziare. Gesù, realizzando la salvezza, è arrivato a farsi giustiziare lui.
Con questa diversa visione della legge diventano più comprensibili per noi le discussioni e gli scontri che Gesù ha avuto con gli scribi e i farisei:

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Mt 23, 23-24

…quei farisei e scribi lo interrogarono: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?”. Ed egli rispose loro: “Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:
Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. E aggiungeva: “Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e chi maledice il padre e la madre sia messo a morte. Voi invece dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me, non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre, annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte”. Mc 7, 1-13

Certo, rimane la difficoltà dell’attuazione concreta di queste indicazioni. E’ certamente difficile, molto più che limitarsi a osservare con precisione una norma per poi ritenersi giusti. E’ difficile anche perché richiede una continua attenzione non solo ai precetti da osservare, ma soprattutto alle persone per le quali la legge è stata promulgata. Ogni volta devo essere capace di adattare, ascoltare, capire, valutare, applicare le norme alla persona. 




martedì 11 febbraio 2014

sale e luce



Lc 15, 13-16

Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra;

Il sale dà sapore, ma solo se dosato nel modo giusto. Senza sale un piatto è sciapo, insignificante. Con troppo sale diventa immangiabile. Ma noi siamo il sale. Se potrebbe essere abbastanza ovvio sentirsi dire che abbiamo in qualche modo un ruolo nel mondo, mi sembrano sorprendenti le conseguenze della condizione opposta: non dobbiamo essere troppo presenti, altrimenti il mondo diventa ‘immangiabile’.
Credo sia un’esperienza comune a molti di noi quella di trovarsi in minoranza in molte situazioni di vita. Essere ad esempio gli unici della famiglia o della classe, dell’ufficio, del gruppo di amici che vanno a messa. La percentuale di praticanti qui nella mia zona è all’incirca intorno al 10% della popolazione. Siamo presenti in piccole dosi. E mi capita molto spesso di incontrare miei parrocchiani che mi parlano della difficoltà nell’avere figli o nipoti (per gli anziani questo è spesso un dramma) o comunque familiari che non vogliono saperne di chiesa o di fede, con le conseguenti recriminazioni: non ho saputo educarli, non sono stato capace di comunicare loro questa esperienza, non ho saputo fare bene il mio dovere di genitore.
Le parole di Gesù in questo testo mi hanno fatto molto pensare. Se dobbiamo essere il sale, allora non dobbiamo essere il tutto. Non dobbiamo pretendere che tutti diventino come noi. Portando all’estremo queste sue parole potremmo dire: ‘guai se tutti fossero come noi’. Così come sarebbe un guaio se tutta la pasta, o l’arrosto, o la minestra diventasse sale. Nostro compito è rendere saporito, significativo, ciò che deve mantenere il suo sapore, il suo gusto, che con il sale viene esaltato, non annullato. A me sembra una cosa strabiliante.

ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

La conseguenza che Gesù sottolinea non va nella direzione del cambiare l’identità degli altri, ma nell’invito a verificare la propria identità: il nostro compito è rivolto a noi stessi. Dobbiamo assicurarci di avere sapore, di essere quello che dobbiamo essere. 

  
Voi siete la luce del mondo;

La seconda immagine che usa Gesù è simile alla prima, ma serve a sottolineare un altro aspetto della nostra identità di discepoli di Gesù. La luce non cambia le cose che illumina, ma le rende visibili. E solo se sono visibili se ne può cogliere la bellezza. Così il cristiano, la chiesa, non deve, come detto prima, cambiare la natura delle cose e delle persone che incontra, ma illuminarla, in modo che esse conoscano meglio ciò che sono. Perché possano splendere in tutta la loro bellezza o anche perché possano vedere le proprie bruttezze, che così potranno essere corrette. In una casa completamente buia diventa quasi impossibile muoversi, e inoltre non è possibile vederne le parti sporche e da ripulire.

non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

Le ‘opere buone’ devono essere viste, non tenute nascoste, non per vantarcene (infatti la gloria di queste opere deve andare a Dio, non a noi), ma perché queste azioni hanno in sé il potere di illuminare, di far vedere come si fa.

venerdì 7 febbraio 2014

paradosso



Lc 2, 22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Il Tempio di Gerusalemme era per gli ebrei un riferimento fondamentale, molto più di quanto lo siano per noi le nostre chiese. Perché era unico. Ma soprattutto perché conteneva l’Arca dell’alleanza, in cui erano contenute le Tavole della Legge di Mosè. Su quest’Arca Dio aveva fatto scendere la sua presenza, e l’Arca era diventata il punto di riferimento fondamentale per il popolo di Israele, sia nel cammino nel deserto sia nel successivo stanziarsi in Palestina. L’Arca era stata racchiusa nel Tempio, che era diventato quindi l’unico luogo della presenza di Dio. Questo episodio della presentazione di Gesù, così apparentemente irrilevante, contiene in sé qualcosa di dirompente, perché…

E' in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità. Col 2, 9

Gesù viene presentato al Signore nel Tempio, ma Gesù è il Signore. Quindi cosa succederà? Per ora nulla. Nessuno conosce Gesù, o quasi.

  
A Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito Santo, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».

Il primo che riconosce Gesù come salvatore (‘i miei occhi hanno visto la tua salvezza’) è Simeone. Nelle sue parole comincia a intravedersi quella che sarà l’importanza di Gesù, come lo stesso Simeone dirà tra poco.

Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione affinché siano svelati i pensieri di molti cuori, e anche a te una spada trafiggerà l’anima».

Simeone ha capito l’importanza di quel bambino, che diventerà segno di contraddizione. Ma come fa Simeone a sapere tutto questo?

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Anche Anna lo riconosce. Nessun altro oltre a lei e a Simeone ha capito chi è quel bambino. Perché loro due lo riconoscono e gli altri no? I due vengono descritti in questo modo:

Simeone, uomo giusto e pio, aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui.
Anna … non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.

Credo che la loro situazione personale, se vogliamo la loro devozione, li abbia favoriti nel riconoscere la presenza del salvatore. Se la nostra vita è troppo piena di migliaia di cose, di impegni, di preoccupazioni, di pensieri, di attività, sarà molto difficile per noi saper vedere la presenza di Dio. Se ci saremo ‘allenati’ con il nostro modo di vivere, con la nostra preghiera quotidiana, con l’attenzione alla sua presenza, probabilmente saremo più preparati e predisposti a intravedere la sua azione e la sua parola. Certamente molte delle nostre attività sono importanti ed essenziali, ma forse alcune altre lo sono di meno, e un po’ più di attenzione a Dio potremmo dedicarla.


Tornando alla situazione che viene a crearsi nel Tempio nel momento della presentazione di Gesù, ha un che di paradossale: le centinaia, migliaia di persone che andavano al Tempio per incontrarsi con il Signore …non si accorgono che il Signore è lì. E’ ancora presto perché si crei lo scontro tra Gesù e il Tempio, ma i presupposti ci sono già. Sta accadendo qualcosa di nuovo e di inaspettato. Qualcosa che porterà conseguenze enormi: ora che c’è Gesù il tempio perde di importanza. Ma ci vorrà molto tempo perché qualcuno se ne renda conto. Sarà Gesù stesso a presentare, più avanti, il dilemma:

…i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Gv 2, 18-21

Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”. Lc 21, 5-6

Ma per ora non è ancora così. Gesù se ne torna a casa con la sua famiglia:

Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.