giovedì 25 aprile 2013
martedì 16 aprile 2013
lunedì 15 aprile 2013
vedente e credente
Gv 20, 19-31
Il vangelo di
domenica 7 aprile (puff… puff… sto invecchiando, perdo colpi) contiene
un’affermazione molto interessante, suscitata dalla presa di posizione di
Tommaso: ‘se non vedo non credo’.
Gesù …disse a Tommaso: «Metti qui il
tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e
non essere incredulo, ma credente!».
Dichiarazione strabiliante, se valutata con l’ottica che vede il credente come uno che
‘crede’ in qualcosa che non è dimostrabile, visibile o verificabile: il
credente è uno che non vede, se vedesse non sarebbe più credente.
Invece Gesù dice
esattamente il contrario: il credente è colui che ha potuto toccare, vedere,
sperimentare. Solo così può definirsi credente. Da Gesù in poi la
definizione di credente si è completamente ribaltata, anche se ahimè ancora
molti cristiani, che pure a Gesù fanno riferimento, intendono la propria fede
come un qualcosa di esclusivamente irrazionale, emotivo, fondamentalmente
immotivato: credo senza capire.
L'incredulità di san Tommaso - Caravaggio |
Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e
mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli
che non hanno visto e hanno creduto!».
Beato davvero chi
riesce a credere senza vedere. Non so come faccia. Io ho bisogno
di verificare, di capire e per quanto possibile vedere con i miei occhi. Ho bisogno
di verificare l’attendibilità dei vangeli. Ho bisogno delle ricerche storiche,
archeologiche e letterarie. Ho bisogno di qualcuno che ne sappia più di me, che
abbia visto e toccato e che mi aiuti a capire senza sbagliare.
Gesù, in presenza dei suoi
discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro.
Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di
Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Un libro scritto da
un testimone oculare, che riferisce di testimoni oculari e che è lì a
disposizione per essere verificato, criticato, approfondito, messo in
discussione. E dopo tutte queste verifiche rimane in piedi, ulteriormente verificabile da chiunque voglia prendersi la briga di farlo.
lunedì 8 aprile 2013
Dio e Uomo
Dalla Maestà divina fu assunta l'umiltà
della nostra natura, dalla forza la debolezza, da colui che è eterno la
nostra mortalità; e la natura impassibile fu unita alla nostra natura passibile.
Tutto questo avvenne perché
il solo e unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù,
immune dalla morte per un verso, fosse, per l'altro, ad essa soggetto. Vera, integra e perfetta fu la natura umana nella quale è nato, ma nel
medesimo tempo vera e perfetta la natura divina nella quale rimane
immutabilmente. In lui c'è tutto della sua divinità e tutto della nostra
umanità. Sublimò l'umanità, ma non sminuì la divinità. Il suo annientamento
rese visibile l'invisibile e mortale il creatore e il Signore di tutte le
cose. Il Figlio di Dio fa dunque il suo ingresso in mezzo alle miserie di questo
mondo, scendendo dal suo trono celeste, senza lasciare la gloria del
Padre. Invisibile in se stesso si rende visibile nella
nostra natura; infinito, si lascia circoscrivere; esistente prima di tutti
i tempi, comincia a vivere nel tempo; padrone e Signore dell'universo,
nasconde la sua infinita maestà e prende la forma di servo; impassibile e
immortale, in quanto Dio, non disdegna di farsi uomo passibile e soggetto
alle leggi della morte.
Gesù Risorto - cappella antica, santuario di san Magno (CN) |
Colui infatti che è vero Dio, è anche vero uomo. Non vi è nulla di
fittizio in questa unità, perché sussistono e l'umiltà della natura
umana e la sublimità della natura divina. Dio non subisce mutazione per la sua misericordia, così l'uomo non viene
alterato per la dignità ricevuta. Ognuna delle nature opera in comunione
con l'altra tutto ciò che le è proprio. Il Verbo opera ciò che spetta
al Verbo, e l'umanità esegue ciò che è proprio della umanità. La prima
di queste nature risplende per i miracoli che compie, l'altra soggiace
agli oltraggi che subisce. E, come il Verbo non rinuncia a quella gloria
che possiede in tutto uguale al Padre, così l'umanità non abbandona la
natura propria della specie.
Non ci stancheremo di ripeterlo: L'unico e il medesimo è veramente Figlio di Dio e veramente figlio dell'uomo. E' Dio, perché «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1, 1). E' uomo, perché: «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14).
Non ci stancheremo di ripeterlo: L'unico e il medesimo è veramente Figlio di Dio e veramente figlio dell'uomo. E' Dio, perché «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1, 1). E' uomo, perché: «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14).
san Leone Magno, papa - Lettera a Flaviano
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