Lc 24, 13-34
In quello stesso giorno due
di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici
chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era
accaduto.
Siamo
sempre nel giorno della resurrezione, nel grande ‘oggi’ al di fuori dei
calendari nel quale ci troviamo anche noi. Quello che è accaduto, e che
riassumeranno tra poco, è la vicenda di Gesù, soprattutto i suoi ultimi giorni.
Una storia tragica che i due hanno visto da vicino.
Anche
noi stiamo vivendo da vicino un momento drammatico e difficile, e di quello che
è accaduto e sta accadendo conversiamo tra di noi e se ne parla ovunque,
talmente tanto che anche nei giornali e telegiornali praticamente non si sente altro.
Mentre conversavano e
discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i
loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ancora
una volta, come già abbiamo visto in tutti gli episodi dopo la resurrezione di Gesù,
nei protagonisti la percezione della realtà è limitata alle loro conoscenze immediate.
I due ritengono che le cose siano in un dato modo e reagiscono di conseguenza,
mentre le cose stanno diversamente, non solo per il fatto che Gesù sia nel
frattempo risorto. Questo lo sappiamo noi, loro potevano anche non saperlo
(nonostante alcune cose che diranno tra poco). È diverso da come lo
percepiscono loro anche tutto quello che è successo prima. Gesù stesso è
diverso dall’idea che loro si sono fatti di lui. Lo vedremo tra poco quando i
due riveleranno le loro aspettative nei suoi confronti. Ma andiamo con ordine.
Ed egli disse loro: «Che
cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si
fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu
sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?».
Il
loro volto triste rispecchia il nostro in questi giorni. Nelle nostre preghiere
stiamo anche noi raccontando al Signore quello che sta accadendo. Ed è anche
possibile che ci venga il pensiero che Dio sia lontano, estraneo, forestiero,
distante. Molte volte nei commenti agli articoli dei giornali in questo periodo
è venuta fuori l’obiezione ‘Dio se esiste dovrebbe fare qualcosa’. Obiezione
peraltro non nuova; ci eravamo imbattuti in qualcosa di simile proprio nei
giorni della crocifissione:
I
passanti insultavano Gesù e, scuotendo il capo, esclamavano: “Ehi, tu che
distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni, salva te stesso scendendo
dalla croce!”. Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi
beffe di lui, dicevano: “Ha salvato altri, non può salvare se stesso! Il
Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo”. E
anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Mc 15, 29-32
Domandò loro: «Che cosa?».
Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in
opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti
e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo
hanno crocifisso.
Per noi
che in questo momento stiamo leggendo, questo dialogo ha un che di surreale: Gesù,
che ha vissuto quegli eventi in prima persona, sulla propria pelle, chiede ai
due che sono stati solo spettatori (e non sappiamo neppure con quale grado di
vicinanza con gli eventi) di descrivere cosa gli è successo. I due riassumono
correttamente gli eventi storici per come si sono succeduti, ma quello che non
sanno dire è il significato di tutto questo. La ricerca di senso la esprimono
così:
Noi speravamo che egli fosse
colui che avrebbe liberato Israele;
I
fatti sono una cosa, trovarne il senso è ben diverso. E questa ricerca di senso
generalmente anche noi (come i due di Emmaus) la mescoliamo o la identifichiamo
con le nostre aspettative. Atteggiamento assai comprensibile ma che complica
ancora di più le cose. Noi non siamo estranei a ciò che vediamo (specialmente
se questo ci tocca in prima persona, come in questi giorni), ma rischiamo di
non distinguere tra le nostre impressioni e i nostri desideri. Questo è ancora
più complicato per chi è credente e cerca di collegare gli eventi, le
impressioni, le aspettative e, in tutto questo, la presenza di Dio. Nel caso
dei due di Emmaus, Gesù ha fatto una fine che non si aspettavano e non ha
realizzato le loro speranze, quindi sono doppiamente delusi. Ma questo è proprio
uno dei motivi per cui non lo sanno riconoscere: erano disposti a vedere in lui
il Messia solo se avesse fatto quello che loro si aspettavano. In fondo è la
stessa cosa che era successa (più in grande) per tutto il tempo della vita
pubblica di Gesù: la gente, i sacerdoti e gli scribi, le autorità e gli stessi
discepoli fanno una fatica terribile a riconoscere in Gesù il Messia, perché loro
si erano fatti un’idea a cui Gesù non si adatta. Credo che anche a noi succeda
spesso la stessa cosa.
con tutto ciò, sono passati
tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre,
ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato
il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i
quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e
hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Ancora
una volta si gioca sul ‘vedere’. Abbiamo visto, abbiamo sperato, altri hanno
visto qualcosa ma non hanno visto lui. E tutto questo lo stanno dicendo proprio
a lui che è lì, accanto a loro.
Tutto
questo però non scaccia una nostra obiezione che credo sia legittima: se non
vediamo non è anche un po’ colpa del Signore stesso, che tutti questi nostri
limiti e difetti di valutazione li conosce, e potrebbe anche mostrarsi in modo
un po’ più evidente?
Vediamo
cosa fa con questi due:
Disse loro: «Stolti e lenti
di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il
Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando
da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si
riferiva a lui.
Bisognava:
era necessario che le cose andassero in un certo modo, anche se non è quello
che avremmo voluto o sperato noi. In questo ‘bisognava’ è contenuto tutto il
modo di Dio di vedere le cose, che è immensamente più vasto, nello spazio, nel
tempo e nel senso, del nostro. Noi possiamo vedere dei fatti, degli eventi, ma
non tutti i fatti e tutti gli eventi e soprattutto non siamo in grado di vederne
né le conseguenze né il loro significato profondo. Gesù allora lentamente aiuta
i due ad allargare il proprio sguardo. E lo fa non rivelando loro segreti
divini o misteri sconosciuti, ma aiutandoli a conoscere e a capire ciò che loro
avevano già a disposizione: le Scritture.
Cominciamo
a intravvedere qualcosa del metodo di Gesù. Non si rivela ...perchè si era già
rivelato. Non si fa vedere ...perchè si era già fatto vedere. Lo comprenderemo ancora
meglio tra poco.
Non dimentichiamo
tra l’altro le parole di Gesù stesso in un’altra occasione:
Se non
credono a Mosè e ai profeti, neanche se uno risorgesse dai morti sarebbero
persuasi
Quando furono vicini al
villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma
essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al
tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese
il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono
loro gli occhi e lo riconobbero.
Come
già aveva fatto prima con le Scritture, Gesù completa il proprio svelamento non
mostrando qualcosa di nuovo apposta per loro, ma rifacendo quello che aveva già
fatto in precedenza: spezzando il pane, come nell’ultima cena. E i due scoprono
che avevano già tutto il necessario per vedere, ma non se n’erano resi conto. Gesù
aiuta i due a vedere quello che avevano già sotto gli occhi. Che sono le stesse
cose che abbiamo anche sotto gli occhi noi: le Scritture e l’Eucarestia. Non ci
serve altro. Tanto è vero che...
Ma egli sparì dalla loro
vista.
Ma come?
Proprio adesso che lo riconoscono sparisce? E perché? Credo sia proprio perché non
c’è più bisogno della sua presenza fisica, che è quella che noi desideriamo di
più ma paradossalmente è anche quella che serve di meno. Serve di meno perché è
limitata nello spazio e nel tempo. Quando Gesù si è fatto uomo ha ridotto, non
aumentato la sua presenza. Nella Scrittura c’è molta, ma molta più parola di
Dio che in tutte le cose che Gesù ha detto nella sua vita. Nell’Eucarestia c’è
molta, ma molta più presenza di Cristo in tutti i tempi e in tutti i luoghi che
nei pochi anni e nel poco spazio in cui Gesù è stato in terra.
Non dimentichiamo
poi che molti altri hanno visto e toccato fisicamente Gesù eppure non lo hanno
riconosciuto e non hanno creduto in lui.
C’è
poi un altro motivo per il quale Gesù sparisce dalla loro vista, ed è un motivo
insito nella realtà stessa dell’Eucarestia: se l’Eucarestia è il pane che
diventa il corpo di Cristo, il pane non rimane sulla tavola per essere
guardato. Gesù sparisce perché l’hanno mangiato. Non è più davanti a loro perché
è dentro di loro.
Ed essi dissero l’un
l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con
noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e
fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che
erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a
Simone!».
Ora che
i due hanno capito di avere dentro di sé sia la comprensione delle Scritture
che la presenza del Signore, dopo che tristi hanno fatto undici chilometri a
piedi verso Emmaus ora rifanno la stessa strada di corsa verso Gerusalemme per dirlo
agli altri, che a loro volta hanno avuto la stessa esperienza. Inizia il tempo
dell’annuncio, che non è propaganda o proselitismo, ma raccontare la propria
esperienza di incontro con il risorto.