martedì 25 marzo 2014

due nature

Dalla Maestà divina fu assunta l'umiltà della nostra natura, dalla forza la debolezza, da colui che è eterno, la nostra mortalità e la natura impassibile fu unita alla nostra natura passibile. Tutto questo avvenne perché, come era conveniente per la nostra salvezza, il solo e unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, immune dalla morte per un verso, fosse, per l'altro, ad essa soggetto.
Vera integra e perfetta fu la natura nella quale è nato da Dio, ma nel medesimo tempo vera e perfetta la natura divina nella quale rimane immutabilmente. In lui c'è tutto della sua divinità e tutto della nostra umanità.
Per nostra natura intendiamo quella creata da Dio al principio e assunta, per essere redenta, dal Verbo. Nessuna traccia invece vi fu nel Salvatore di quelle malvagità che il seduttore portò nel mondo e che furono accolte dall'uomo sedotto. Volle addossarsi certo la nostra debolezza, ma non essere partecipe delle nostre colpe.
Assunse la condizione di schiavo, ma senza la contaminazione del peccato. Sublimò l'umanità, ma non sminuì la divinità. Il suo annientamento rese visibile l'invisibile e mortale il creatore e il Signore di tutte le cose. Ma il suo fu piuttosto un abbassarsi misericordioso verso la nostra miseria, che una perdita della sua potestà e del suo dominio. Fu creatore dell'uomo nella condizione divina e uomo nella condizione di schiavo. Questo fu l'unico e medesimo Salvatore.


Il Figlio di Dio fa dunque il suo ingresso in mezzo alle miserie di questo mondo, scendendo dal suo trono celeste, senza lasciare la gloria del Padre. Entra in una condizione nuova, nasce in un modo nuovo. Entra in una condizione nuova: infatti invisibile in se stesso si rende visibile nella nostra natura; infinito, si lascia circoscrivere; esistente prima di tutti i tempi, comincia a vivere nel tempo; padrone e Signore dell'universo, nasconde la sua infinita maestà, prende la forma di servo; impassibile e immortale, in quanto Dio, non sdegna di farsi uomo passibile e soggetto alle leggi della morte.
Colui infatti che è vero Dio, è anche vero uomo. Non vi è nulla di fittizio in questa unità, perché sussistono e l'umiltà della natura umana, e la sublimità della natura divina.
Dio non subisce mutazione per la sua misericordia, così l'uomo non viene alterato per la dignità ricevuta. Ognuna delle nature opera in comunione con l'altra tutto ciò che le è proprio. Il Verbo opera ciò che spetta al Verbo, e l'umanità esegue ciò che è proprio della umanità. La prima di queste nature risplende per i miracoli che compie, l'altra soggiace agli oltraggi che subisce. E, come il Verbo non rinunzia a quella gloria che possiede in tutto uguale al Padre, così l'umanità non abbandona la natura propria della specie.
Non ci stancheremo di ripeterlo: L'unico e il medesimo è veramente Figlio di Dio e veramente figlio dell'uomo. E' Dio, perché «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1, 1). E' uomo, perché: «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14).

san Leone Magno, papa - Lettera a Flaviano 

giovedì 20 marzo 2014

trasfigurazione



Mt 17, 1-9

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.

La Quaresima è un tempo favorevole per approfondire le nostre possibilità di incontro con Dio. Ma questo richiede alcune condizioni:
Trovare del tempo per stare ‘in disparte’ con lui.
Certamente Dio è ovunque, ma noi non siamo capaci di ascoltare e percepire la sua presenza, se viviamo in una situazione di continuo caos: innumerevoli cose da fare, da decidere, da pensare, da scegliere, da godere, da realizzare, da difendere, da preparare, da finire, da comprare, da vendere, da conquistare …e va a finire che non c’è mai spazio per lui

venite in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po’

Siccome non sempre abbiamo la volontà di farlo occorre almeno avere il coraggio di lasciarsi ‘prendere e condurre’.

Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso. Ger 20, 7

Gesù prende i tre e li conduce su un alto monte. Faticaccia. Il testo non dice altro, ma mi sono immaginato che i tre abbiano almeno brontolato un po’. Non solo per la salita, ma anche perché gli altri se ne sono stati in basso, senza faticare. Perché noi e gli altri no?

Gesù fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.

Solo arrivati in cima hanno capito il senso della sfacchinata. Già qui credo si possano intravvedere dei rimandi alle nostre esperienze personali di fede. Essere costretti a fare cose che non si capiscono (per la verità non solo nell’ambito della fede capitano queste cose. Credo che per tutti, credenti e non, possa valere la possibilità di capire il senso di molte cose solo dopo molto tempo.
C’è poi un altro aspetto dell’esperienza dei tre che possiamo sottolineare: perché loro sì e noi no?
I due fratelli Giacomo e Giovanni insieme con Pietro saranno presi da parte anche in un’altra occasione, molto più difficile:

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Gesù disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. Poi, andato un pò innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora. Mc 14, 33-35

Può essere che Gesù abbia voluto far fare loro questa esperienza della trasfigurazione perché in qualche modo la ricordassero nel momento terribile del Getsemani.
C’è un altro testo in cui i tre apostoli compaiono insieme, quando Paolo, anni dopo, va a Gerusalemme per vedere riconosciuto il suo compito di apostolo dalle autorità della chiesa nascente:

…riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. Gal 2, 9


I tre sono ‘ritenuti le colonne’, cioè hanno un ruolo fondante nell’ambito della comunità cristiana che sta sorgendo.
Detto questo, è difficile entrare nell’esperienza particolare che i tre hanno vissuto sul Tabor. Piuttosto possiamo chiederci: e noi, dove e in che modo possiamo vedere Gesù trasfigurato? Non nello stesso modo, ovviamente, ma credo ci siano alcune situazioni in cui qualcosa del genere può avvenire. Sul Tabor l’uomo Gesù si fa intravvedere così com’è nella sua divinità, ma non è l’unica occasione in cui questo avviene. In modo magari meno spettacolare è quello che si realizza nei sacramenti e in particolare nell’Eucarestia. Lo stesso avviene nelle Scritture. Sono due modi in cui si scopre dentro a qualcosa di semplice e banale qualcosa di molto più grande. C’è ancora un’altra situazione in cui questo avviene, e molto spesso, benchè in modo ancora più difficile da sperimentare: nei fratelli che incontriamo, specialmente se a loro volta hanno ricevuto dentro di sé la presenza di Cristo attraverso l’ascolto della sua Parola e attraverso i sacramenti.

Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.

Nella gloria di Cristo vivono tutti i risorti. Ecco quindi che si intravvedono anche loro attraverso Mosè ed Elia. Che sono non solo due dei tanti risorti di tutti i tempi, ma rappresentano la rivelazione precedente, quella che spesso nei vangeli viene espressa con la frase ‘la Legge’ (Mosè) e ‘i Profeti’ (Elia).

Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”. Gv 1, 45

La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunziato il regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi. Lc 16, 16

“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”. Mt 22, 37-40

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».

La lamentela precedente, se c’è stata, viene sostituita ora dal desiderio di fermarsi lì. Mettere la tenda significa aver trovato un bel posto in cui stare. Ma non è questo lo scopo finale di Gesù per questi tre.

Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».

Non sono ancora arrivati alla meta, né loro né Gesù. E’ stato solo suscitato in loro il desiderio di essere in un posto in cui sia bello stare, eco del bel posto definitivo che è la vita eterna con Dio, Ma appunto non ci sono ancora arrivati. Occorrerà ancora viaggiare molto, per loro. Ma ora hanno trovato la guida che li può far arrivare là. Però bisognerà seguirlo, e prima ancora ascoltarlo. E’ quello che chiede la ‘voce’: ascoltatelo! san Giovanni della Croce ha espresso bene l’importanza di questo ascoltare Gesù, il Figlio:

Donandoci il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva Parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta e non ha più nulla da rivelare … Dio è diventato in un certo senso muto, non avendo più nulla da dire, perché quello che un giorno diceva parzialmente per mezzo dei profeti, l'ha detto ora pienamente dandoci tutto nel Figlio suo. Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità. Dio infatti potrebbe rispondergli: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». Se ti ho già detto tutto nella mia Parola che è il mio Figlio e non ho altro da rivelare, come posso risponderti o rivelarti qualche altra cosa? Fissa lo sguardo in lui solo e vi troverai anche più di quanto chiedi e desideri: in lui ti ho detto e rivelato tutto. Dal giorno in cui sul Tabor sono disceso con il mio Spirito su di lui e ho proclamato: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo», ho posto fine ai miei antichi modi di insegnare e rispondere e ho affidato tutto a lui. Ascoltatelo, perché ormai non ho più argomenti di fede da rivelare, né verità da manifestare.
san Giovanni della Croce


All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.

Il timore è la reazione alla manifestazione di Dio.

Giacobbe si svegliò dal sonno e disse: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo". Ebbe timore e disse: "Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo". Gen 28, 16-17

L’angelo del Signore apparve a Mosè in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Es 3, 1-6

Con Gesù questo timore non si era ancora manifestato, perché Gesù si è fatto completamente uomo, tanto da non riuscire a distinguerlo dagli altri uomini.

Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Fil 2, 5-7

Ciò non toglie che in lui vi sia la presenza di Dio. Solo è nascosta, per favorire l’incontro con gli uomini, che altrimenti sarebbero costantemente atterriti.

Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Per un momento i tre apostoli hanno sperimentato la vicinanza di Dio, e anche loro ne hanno sperimentato la terribile portata, insieme alla grande bellezza. Ma non sono ancora al momento dell’esperienza definitiva della vita eterna, occorre tornare giù, scendere dal monte per proseguire con Gesù il viaggio verso Gerusalemme. Gesù ordina loro di non parlarne a nessuno fino alla resurrezione, che completerà davvero il viaggio.

giovedì 13 marzo 2014

tentazioni


Mt 4, 1-11

Gesù fu condotto dallo Spirito Santo nel deserto, per essere tentato dal diavolo.

All’inizio della Quaresima, il Mercoledì delle Ceneri, ci sono state proposte le tre cose da fare in questo periodo che prepara la Pasqua: preghiera, carità e digiuno. Ciascuna di queste azioni è strettamente collegata ad un aspetto fondamentale della nostra vita di cristiani: la preghiera è la concretizzazione del rapporto con Dio, la carità lo è del rapporto con gli altri, e il digiuno è l’allenamento nel saper gestire il rapporto con noi stessi, in modo da non lasciarsi guidare dagli istinti.
Quindi un impegno forte per imparare a vivere al meglio gli aspetti fondanti della nostra vita quotidiana è essenziale, pur essendo faticoso. Ecco perché Gesù viene portato dallo Spirito Santo nel deserto. Le tentazioni che subisce non sono un incidente di percorso, un imprevisto, un episodio negativo e inaspettato della sua vita. Sono un momento essenziale attraverso cui bisogna passare. Senza questo scontro, senza questa prova, la vita di Gesù (così come la nostra) mancherebbe di qualcosa di essenziale. Questa verifica, questa prova, è presente spesso nei testi biblici, e Gesù stesso se ne fa carico.

Dio, tu ci hai messi alla prova; ci hai passati al crogiuolo, come l'argento. Ci hai fatti cadere in un agguato, hai messo un peso ai nostri fianchi. Hai fatto cavalcare uomini sulle nostre teste; ci hai fatto passare per il fuoco e l'acqua, ma poi ci hai dato sollievo.  Sal 66, 10-12

Ricordatevi che i vostri padri furono messi alla prova per vedere se davvero temevano il loro Dio. Ricordate come fu tentato il nostro padre Abramo e come proprio attraverso la prova di molte tribolazioni egli divenne l'amico di Dio. Così pure Isacco, così Giacobbe, così Mosè e tutti quelli che piacquero a Dio furono provati con molte tribolazioni e si mantennero fedeli. Gdt 8, 21.23

Anche nel vangelo della prima domenica di Quaresima si viene invitati a soffermarci sui tre aspetti essenziali della vita cristiana, ma da un'angolazione diversa: qui vengono evidenziati i modi sbagliati di gestirli. In altre parole, in questo testo si parla del peccato. Quello del peccato è un argomento sgradito e sgradevole, ma ignorarlo non ci fa bene. E soprattutto ci impedisce di intervenire per estirparlo.



Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”».

La prima tentazione, il primo rischio di peccato, riguarda il rapporto con noi stessi. Gesù nel vangelo delle Ceneri invitava al digiuno, cioè all’autocontrollo. Il tentatore qui invita a fare l’opposto: hai fame? Mangia. Estendendo questo atteggiamento ai vari aspetti della nostra vita potremmo aggiungere: desideri qualcosa? Prendilo. Vuoi denaro? Procuratelo. Odi qualcuno? Fagli del male… Gli esempi potrebbero continuare all’infinito.
Come risponde Gesù? Che c’è qualcosa di superiore ai nostri istinti, ai nostri impulsi, ai nostri stimoli. Qualcosa che ci permette di capirli e metterli al posto giusto. E che  ci permette di non essere governati e comandati da questi impulsi, ma piuttosto ci insegna a guidarli e a incanalarli in modo che siano al nostro servizio, non noi al loro.

Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

La seconda tentazione riguarda il rapporto con Dio. Anche questo rapporto viene distorto, falsato, capovolto: invece di amarlo si viene provocati a usarlo, dargli ordini, metterlo alla prova. Comandare Dio è una tentazione forte, che spesso si insinua persino nella nostra preghiera, che non a caso è molte volte una richiesta più che un gesto d’amore. Certo, Gesù stesso invita a chiedere, ma all'interno di un atteggiamento di fiducia in Dio, non di comando.

Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

La terza tentazione è una tentazione complessa e infida. L’orizzonte iniziale è quello del rapporto con gli altri, ridotti a cose da satana: ‘tutte queste cose io ti darò’, dice riferendosi ai regni del mondo. Ma questi regni sono composti da persone. Per il diavolo sono cose, mezzi, strumenti da usare. Ma mentre usa cose e persone, satana si svela: è Gesù che vuole usare, sottomettere: ‘gettati ai miei piedi’. Satana si svela nella sua assoluta egocentricità. Per tre volte dà istruzioni a Gesù, gli dice cosa dovrebbe fare, accentuando questa sua pretesa con la provocazione: ‘se sei figlio di Dio…’. Non solo lo mette alla prova, ma lo fa in modo subdolo: ‘dimostrami che sei figlio di Dio facendo quello che ti chiedo. Se non lo fai allora non sei il figlio di Dio’. E' un vero e proprio ricatto, e il ricatto morale è una delle tentazioni più distruttive dei rapporti interpersonali, proprio perchè è subdolo e mette in discussione l'identità e la buona fede dell'altro, provocandolo a dimostrarla. E' il meccanismo che sta sotto a espressioni come 'se mi vuoi bene, fai questa cosa...', oppure 'dopo tutto quello che ho fatto per te questo è il ringraziamento?'.

Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.



Controparte di Gesù in questo episodio è il diavolo. Ma il diavolo esiste davvero? Sì, stando al vangelo. Gesù ne parla chiaramente e qui si scontra anche con lui in modo diretto. Come è fatto? Non lo sappiamo, e non ha molta importanza, neppure per Gesù. Quello che è importante è qual è il rapporto che c’è tra lui e Gesù. E’ un rapporto di contrapposizione totale, ma soprattutto è un rapporto impari. Il diavolo perde sempre, ogni volta che incontra Gesù. Ecco, questa per noi è l’informazione fondamentale, non c’è bisogno d’altro.

I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Egli disse: “Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Lc 10, 17-20

Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle rimasero meravigliate. Ma alcuni dissero: “E' in nome di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni”. Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo i loro pensieri, disse: “Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri discepoli in nome di chi li scacciano? Perciò essi stessi saranno i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via l'armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino. Lc 11, 14-22

Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”. E Pietro gli disse: “Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte”. Gli rispose: “Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi”. Lc 22, 31-34

Quest’ultimo testo, che vede protagonista Pietro, ci rimanda alla sfida che anche noi dobbiamo affrontare: Gesù ha vinto, ma noi non ancora, e siamo deboli, e da soli non riusciamo a vincere. In realtà anche per Gesù la sfida non è ancora compiuta definitivamente. Luca aggiunge, nel suo testo delle tentazioni, un particolare:

Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato. Lc 4

Il tempo fissato sarà quello in cui satana tornerà per l’ultima volta alla carica. Sulla croce Gesù per tre volte si sentirà dire ‘se sei figlio di Dio scendi dalla croce’, e sarà il momento della sua massima debolezza umana. Ma ne parleremo più avanti, quando saremo vicini alla Pasqua.

mercoledì 5 marzo 2014

Ceneri

Sempre, fratelli carissimi, della grazia del Signore è piena la terra ( Sal 33, 5) e la stessa natura, che ci circonda, insegna a ciascun fedele a onorare Dio. Infatti il cielo e la terra, il mare e quanto si trova in essi proclamano la bontà e l'onnipotenza del loro Creatore. E la meravigliosa bellezza degli elementi, messi a nostro servizio, non esige forse da noi, creature intelligenti, un doveroso ringraziamento?
Ma ora ci viene chiesto un completo rinnovamento dello spirito: sono i giorni dei misteri della redenzione umana e che precedono più da vicino le feste pasquali.
E' caratteristica infatti della festa di Pasqua, che la Chiesa tutta goda e si rallegri per il perdono dei peccati: perdono che non si concede solo ai neofiti, ma anche a coloro che già da lungo tempo sono annoverati tra i figli adottivi.
Certo è nel lavacro di rigenerazione che nascono gli uomini nuovi, ma tutti hanno il dovere del rinnovamento quotidiano: occorre liberarsi dalle incrostazioni proprie alla nostra condizione mortale. E poiché nel cammino della perfezione non c'è nessuno che non debba migliorare, dobbiamo tutti, senza eccezione, sforzarci perché nessuno nel giorno della redenzione si trovi ancora invischiato nei vizi dell'uomo vecchio.



Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggior sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell'astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati.
A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell'elemosina, la quale sotto il nome unico di «misericordia» abbraccia molte opere buone. In ciò i fedeli possono trovarsi uguali, nonostante le disuguaglianze dei beni.
L'amore che dobbiamo ugualmente a Dio e all'uomo non è mai impedito al punto da toglierci la possibilità del bene.
Gli angeli hanno cantato: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Ne segue che diventa felice e nella benevolenza e nella pace, chiunque partecipa alle sofferenze degli altri, di qualsiasi genere esse siano.
Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l'elemosina, ma anche quelli di condizione modesta o povera. Così disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell'anima.

 san Leone Magno, papa - Discorso sulla Quaresima