giovedì 19 settembre 2019

Andare e tornare


Lc 15, 11-20

Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.


giovedì 5 settembre 2019

Si salvi chi può

Lc 13, 22-30

Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».

Prima di esaminare la risposta di Gesù credo siano opportune alcune considerazioni.
·         Il tema della salvezza in passato era assai più presente rispetto ad oggi, nella vita della Chiesa. È difficile per noi renderci conto quale rilevanza avesse fino almeno al XIX secolo la convinzione che la salvezza eterna fosse in assoluto il valore più importante da difendere e da proporre, tanto da superare ogni altro valore o diritto delle persone. Era talmente importante che tutti fossero salvati che non ci si faceva grandi scrupoli a imporre la salvezza anche con la forza. Origine di questa convinzione era la percezione che l’orizzonte principale a cui far continuamente riferimento fosse la vita eterna, non tanto la vita terrena. Certamente su questo influivano condizioni di vita assai precarie e disagiate per la maggior parte delle persone, è vero, ma comunque l’orizzonte eterno era visto da molti come valore assoluto da raggiungere, anche a costo di sacrifici, per sé e anche per gli altri.
·         Sempre, ma in particolare in testi come questo, occorre fare lo sforzo di staccarci dai nostri preconcetti e dalla nostra idea che ci siamo fatti di Dio. È particolarmente necessario perché è radicatissima in noi l’idea che Dio salvi tutti. Idea certo non campata per aria e originata dalla scelta stessa di Gesù che ha offerto addirittura la propria vita ‘in riscatto per tutti’. Ma essendo una parte fondamentale della rivelazione che abbiamo ricevuto e delle verità che abbiamo imparato da Dio, occorre per quanto possibile comprenderla in tutta la sua grandezza e evitare di banalizzarla (o peggio di usarla quando ci conviene). Espressione evidente di questa banalizzazione è la conclusione più o meno implicita che qualunque cosa facciamo va bene, tanto Dio è buono e ci salva comunque. Provate a parlare a qualcuno, anche praticante, dell’inferno. Se non è un tradizionalista vi guarderà inorridito e vi dirà ‘l’inferno non esiste perché Dio salva tutti’; cosa che può certamente essere vera, intendiamoci, ma non perché a noi l’inferno non piace.
·         Il termine ‘salvezza’ richiama un pericolo. In riferimento a quanto detto, solo se si percepisce come grave il pericolo e il rischio di una perdizione totale ed eterna si coglie l’importanza e la necessità di una salvezza. Ovviamente se tanto tutti si salvano non c’è più nessun pericolo percepito, quindi non c’è più nessun desiderio di salvezza. Anche qui il discorso si farebbe molto più ampio; ad esempio dove vanno a finire le responsabilità personali e in fondo anche la libertà? Se mi salvo lo stesso allora posso anche compiere il male, tanto Dio salva tutti.
Vediamo ora che dice Gesù.

Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

Se Dio salva tutti, come fa Gesù a dire addirittura che qualcuno cercherà di entrare per la porta ma non ci riuscirà? E se pur cercando di entrare è possibile che non ci si riesca, che ne sarà di quelli che potrebbero non essere interessati alla cosa o addirittura di quelli che proprio non vorrebbero entrarci, in quella porta? Dio salva anche loro? Torniamo al discorso di prima: la salvezza si può imporre? Se sì, dove va a finire la nostra libertà? Se no, allora non è vero che Dio salva tutti. Del resto se io non voglio essere salvato o non sono interessato, è giusto che Dio mi salvi lo stesso?
Ma torniamo al caso di cui parla Gesù: di quelli che cercano di entrare e non ci riescono.

Sforzatevi di entrare - se la salvezza, cioè la vita eterna (perché di questo si tratta) è importante, vale bene un po’ di sforzo. Magari anche un bel po' di sforzo. Su questo credo non ci siano molte obiezioni, ma il problema è che quello che sta dicendo Gesù è che neppure lo sforzo può essere sufficiente.

per la porta stretta – cos’è e dov’è questa porta? In un altro testo Gesù dice qualcosa che ci può essere di aiuto:

“Chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei”. Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo”. Gv 10, 1-9

E san Tommaso aggiunge:

Siccome Cristo ha detto che il pastore entra per la porta e che egli è la porta, ne segue che egli entra attraverso se stesso. E veramente entra attraverso se stesso, perché rivela se stesso e per mezzo di se stesso conosce il Padre. Noi invece entriamo per mezzo di lui, perché da lui siamo resi beati. Ma osserva che nessun altro, all'infuori di lui, è la porta, perché nessun altro è la luce vera, ma la possiede solo in quanto gli viene partecipata da lui. E perciò nessuno dice di sé di essere la porta. Questo, Cristo lo riservò solo per se stesso. Mentre partecipò ad altri il compito di essere pastori.
san Tommaso d'Aquino - Esposizione su Giovanni, cap 10


perché molti – questa parola, ‘molti’, non dice solo che non sono pochi quelli che cercano di entrare, ma anche che non si entra in molti, in massa, ma uno per volta (la porta è stretta). Non ci si può imbucare. Non è sufficiente ‘infilarsi nel mucchio’. Non è per meriti o sforzi di altri che si può passare. Mi vengono in mente i molti ‘ho la zia suora’ o ‘la mia famiglia è praticante’ sentiti in passato per giustificare in qualche modo la propria fede. Come se le scelte fatte da altri potessero sostituire le proprie. Il rapporto con Dio è personale, unico e non delegabile. Certamente è importante l’aiuto e il sostegno degli altri, è anche per questo che esiste la comunità cristiana. Certamente è fondamentale la preghiera gli uni per gli altri e qualunque tipo di appoggio e condivisione, ma questi non sostituiscono il mio rapporto con Dio. Devo passare io per la porta, non posso delegare altri per me. Ammesso che la zia suora passi, questo non significa che ci passo automaticamente anch’io.

cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno – cercare di entrare parrebbe già un segno di impegno: se ci si dà da fare vuol dire che ci si tiene, no? (eddài Signore, sta cercando di entrare, si sta impegnando, non lasciarlo fuori!). Vero, ma anche un ladro cerca di entrare…  
Non tutti gli sforzi, non tutti gli impegni per raggiungere la vita eterna e la salvezza sono uguali. Non basta la buona volontà o la buona fede. Così come non posso forzare la porta per cercare di entrare. E non basta neppure il desiderio di entrare, se poi lo realizzo passando per altre vie che non sono la porta.

Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.

Qual è la chiave che mi permette di entrare in quella famosa porta stretta, se non posso imbucarmi, scavalcare o scassinare? Chi sarà fatto entrare e chi no? La motivazione che qui viene portata è ‘Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze’. Non è questo già sufficiente? Non è già una buona sintesi di pratica e vita religiosa? E invece no. Cosa manca ancora?
Da parte di Dio nulla. Ha già fatto e dato tutto quanto c’era da fare e dare. Ma se la salvezza passa per l’incontro personale con Cristo non è sufficiente quello che fa lui. In un rapporto interpersonale è necessaria la partecipazione di entrambi. Solo se ciascuno fa la sua parte si può parlare di dialogo, di legame. Per creare un rapporto di coppia non basta che sia innamorato uno dei due. Così non basta che Gesù abbia parlato nelle mie piazze o nella mia chiesa. Non basta neppure che abbia fatto miracoli e che sia morto in croce. Non basta in realtà neppure che IO abbia fatto miracoli nel suo nome.

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità. Mt 7, 21-23

Non basta ‘aver mangiato e bevuto in sua presenza’. Siamo ancora sempre alla zia suora. È come se un marito dicesse alla moglie ‘io ti tradisco ma lo faccio in tua presenza’ come se questo giustificasse e non lo rendesse più un tradimento.  
Sul ‘mangiare e bere’ ci sarebbe anche da fare qualche riflessione sull’Eucarestia, che non è ‘mangiare e bere in sua presenza’, ma mangiare e bere LA sua presenza. Mangiare ciò che lui ha preparato è diverso da mangiare davanti a lui le cose che mi sono preparato io.
Solo se la sua Parola è stata ascoltata e messa in pratica ed è diventata ‘opera di giustizia’ sono sulla soglia giusta per entrare nella porta, anzi, sto già entrando.
Quindi non tanto parole, ma fatti.

Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».


Ma... e quelli che Cristo non l'hanno neppure conosciuto, come fanno a centrare la porta? Se chi non fa opere di giustizia non entra, chi fa opere di giustizia...


Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”. Mt 25, 31-46