sabato 31 agosto 2013

si salvi chi può



 Lc  13, 22-30


Mentre Gesù era in cammino verso Gerusalemme, un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.


Viene fatta a Gesù una domanda molto precisa e impegnativa. Ma nella risposta che Gesù dà la prima cosa da notare è che non dice quello che ci aspetteremmo (e che desidereremmo). Non dice che tutti si salvano. La risposta di Gesù è un po’ più complessa.

‘Sforzatevi’: la salvezza quindi richiede uno sforzo di qualche tipo da parte nostra. Non è solo una cosa che fa Dio per conto suo. È vero che Gesù è il salvatore, ma il suo essere salvatore non è una sorta di magia che fa su di noi mettendo in moto i suoi superpoteri mentre noi stiamo a guardare. Lui fa la sua parte mettendo a disposizione ciò che noi non potremo mai raggiungere da soli (mette in gioco la sua vita che è eterna), ma a noi chiede di fare la nostra nel permettere che questa salvezza ci coinvolga (mettere in gioco la nostra vita).

‘la porta è stretta’: perché è stretta? Perché richiede penitenza, sofferenza, pentimento, sangue, lacrime e flagellazioni come reciterebbe una certa religiosità un po’ giansenista che è rimasta molto radicata specialmente nelle persone anziane? No, semplicemente perché la porta è una sola: Cristo.

Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Gv 10, 7-10

 ‘molti’: Se la porta è Cristo, allora il passaggio attraverso di lui è un incontro di persona, avviene singolarmente, non può avvenire in massa. Non ci si può infilare nel mucchio e cercare di passare lo stesso. Credo che invece alcuni cristiani, soprattutto da noi dove la religiosità è spesso assai generica e indefinita, pensino che sia possibile aggregarsi in qualche modo al gregge e passare in branco. Espressioni come ‘ho lo zio prete’ oppure ‘tanti anni fa andavo a giocare in oratorio’ rivelano come alcuni arrivino a pensare che basti restare attaccati in qualche modo alla chiesa come massa per essere a posto. È certamente vero che ci si può dare una mano a vicenda (la chiesa serve anche a questo), ma non posso passare con lo sforzo fatto da altri al posto mio. Ci si può certamente aiutare pregando gli uni per gli altri, ma la preghiera degli altri non sostituisce la mia. Non posso fare il parassita spirituale.



‘cercheranno di entrare ma non ci riusciranno’: In questo Gesù è molto chiaro. Non solo non si passa in branco, ma addirittura molti, pur sforzandosi di passare (quindi dandosi da fare ben più che solo accodarsi alla truppa) non lo potranno fare. Quindi ci vuole ben altro che il cuggino prete per salvarsi!. Ma perché qualcuno, nonostante gli sforzi, potrebbe non entrare? Perché non solo è necessario lo sforzo personale, il mettersi in gioco completamente e fino in fondo, ma occorre anche centrare la porta giusta: senza Cristo non è possibile arrivare al Padre, cioè alla salvezza, alla vita eterna.

Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”. Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Gv 14, 5-6

Se non si centra la porta, per quanti sforzi si possano fare, non si riesce ad entrare. Non tutte le porte aprono il passaggio alla salvezza. Certo, chi si sforza di passare da un’altra parte perché non conosce Cristo non ha colpe, e ci penserà il Signore stesso a farlo passare in qualche modo. Ma chi potrebbe passare per Cristo e non lo fa e cerca di passare per la finestra rischia grosso. Nel testo di Gv 10 citato più sopra, poco prima Gesù aveva detto:

«Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Gv 10, 1

Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.

Gesù non ha paura di presentare chiaramente delle possibili conseguenze negative. Siamo noi che abbiamo fatto diventare Gesù un sempliciotto al quale va bene tutto. Qui dice: fate attenzione a che non vi succeda di rimanere fuori. E non è neppure la prima volta che lo afferma:

…mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. Mt 25, 10-12

Nel testo di Luca inoltre Gesù sottolinea anche un'altra cosa: perché rischia di restare fuori persino chi ‘ha mangiato e bevuto in sua presenza’? Perché è operatore di ingiustizia. Gesù evidenzia ancora una volta con questo esempio ciò che abbiamo già notato prima. Salvarsi, passare per la porta stretta che è lui, non vuol dire averlo sfiorato vagamente o riferirsi genericamente a lui, ma essersi messi in gioco per incontrarlo personalmente e essere disposti a lasciare che la sua presenza invada la propria vita.

Attenzione alle parole che Gesù usa:

1 – abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza

Non è la stessa cosa che dire ‘abbiamo mangiato con te’. È piuttosto dire: ‘abbiamo continuato a fare le nostre cose a modo nostro, ma in qualche modo le abbiamo giustificate con la tua presenza’. Come ad esempio chi si sposa in chiesa per fare il matrimonio ‘davanti a Dio’ senza avere la più pallida idea di cosa sia il sacramento del matrimonio e quali impegni comporti. Proponendo la propria presenza nei sacramenti, e in particolare nell’Eucarestia, Gesù invece comunica chiaramente che non ci chiede di ‘mangiare e bere’ genericamente in sua presenza, ma di coinvolgerci talmente con lui da mangiare e bere la sua stessa vita, per diventare poco a poco come lui.



2 – hai insegnato nelle nostre piazze

Non vuol dire necessariamente che quello che hai insegnato lo abbiamo messo in pratica. Solo mettendo in pratica quello che Gesù insegna diventiamo operatori di giustizia. Se lo sentiamo solamente ma poi facciamo altro rischiamo di diventare, usando le parole di Gesù ‘operatori di ingiustizia’. Ancora una volta Gesù invita a far diventare dei fatti concreti il nostro dichiararci cristiani, sia nel rapporto con lui che nei rapporti con gli altri. Se mi dichiaro cristiano senza passare attraverso Cristo, niente salvezza. Se mi dichiaro cristiano senza diventare come lui, operatore di giustizia verso le persone che incontro, niente salvezza.

Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.

Gesù rincara la dose. Noi vorremmo sentirci dire che in qualche modo ci salveremo tutti perché tanto Dio è buono, e invece Gesù ci presenta la possibilità di essere cacciati fuori. Il testo seguente in Lc 16 illustra bene cosa Gesù intenda con l’espressione operatori la giustiza:

C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». Lc 16, 19-31

Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

La salvezza è aperta a tutti, senza preclusione di nazionalità o di provenienza, ed è a disposizione di tutti, ma ciascuno deve mettersi in gioco personalmente, con le possibilità che ha a disposizione.





mercoledì 28 agosto 2013

Agostino

O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi parve di udire la tua voce dall'alto che diceva: «Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me».


Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e non la trovavo, finché non ebbi abbracciato il mediatore fra Dio e gli uomini, l'Uomo Cristo Gesù, «che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli» (Rm 9, 5). Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6); e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio essere, poiché «il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14).
Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini.
Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.

 Dalle «Confessioni»