domenica 22 maggio 2011

la tempesta

Mt 14, 22-33

Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario.

Mare
Barca
Riva
Monte
Vento

Oltre a essere elementi del racconto, questi termini richiamano altre realtà. Nella Scrittura il mare è anche il simbolo della vita: per popolazioni che vivono tra il Mediterraneo e il Mar Morto, tra il Mar Rosso e il lago (o mare) di Tiberiade, in territori aridi e quasi desertici, il mare diventa l’immagine stessa della vita. È una delle loro principali fonti di sussistenza (pensiamo a quanti pescatori compaiano nei vangeli) e diventa l’immagine attraverso la quale si può descrivere la vita nei suoi diversi momenti, positivi e negativi. Il mare come la vita è qualcosa di essenziale; è qualcosa di grande e in parte sconosciuto e misterioso; è qualcosa di pericoloso e difficile da affrontare: se si riesce a stare a galla e a pescare alimenta la vita, ma se si sprofonda e si annega porta la morte; è qualcosa che può essere calmo e sereno ma anche agitato o in tempesta…
Gesù costringe i discepoli ad andare in mare. Dio ci ‘costringe’ ad affrontare la vita, non ci lascia rimanere ai bordi, ai margini, in spiaggia. Che ci piaccia o no siamo costretti a vivere. Non abbiamo deciso noi, siamo stati costretti da altri. Questo non vuol dire che la vita sia necessariamente un peso o una sventura. Può essere bella e interessante. Ma può essere anche brutta, detestabile e paurosa. Come il mare.

Mare = vita


Nel racconto compaiono subito altri due elementi: la barca e l’altra riva. Gesù non getta i discepoli a mare, li costringe a prendere il largo, ma su uno dei mezzi con cui è possibile ‘dominare’ il mare, affrontare la vita, stare a galla, viaggiare sull’acqua, renderla meno pericolosa, anzi, dalla barca il mare può diventare, pescando, fonte di vita e di alimentazione.

Barca = mezzo per affrontare la vita

L’altra riva è la meta da raggiungere, l’obiettivo, il fine della vita

Riva = meta da raggiungere

Il vento contrario sono tutti gli ostacoli che l’uomo incontra nel suo viaggio attraverso la vita e che gli impediscono o almeno gli rendono difficile arrivare alla meta.

Vento contrario = ostacoli nell’affrontare la vita

Il monte, quasi necessaria contrapposizione al livello del mare (i monti della Palestina non sono necessariamente degli Everest come altitudine, a volte si designa con questo termine una semplice collina: il Monte Carmelo è alto ben …200 metri). Il monte nella Scrittura è anche il luogo della presenza di Dio e della sua rivelazione all’uomo: pensiamo al monte Oreb e all’esperienza di Mosè nel roveto o al monte Sinai e alle tavole della Legge. Gesù va sul monte, a pregare, a unirsi con il Padre: sul monte ancora una volta l’uomo e Dio si incontrano. Ma occorre che l’Uomo Gesù estenda questo incontro agli altri uomini che è venuto a salvare.

Monte = luogo della presenza di Dio

Con questi elementi e questi riferimenti possiamo vedere in un’ottica diversa quello che segue:

Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!».

Gesù cammina sul mare. Un miracolo strano: perché Gesù fa questa cosa? Quasi tutti gli altri miracoli di Gesù sono interventi di guarigione o comunque di aiuto (ad esempio la moltiplicazione dei pani), quasi mai Gesù fa miracoli per stupire o impressionare: i miracoli sono dei segni che indicano che Dio è all’opera, ma qui sembra che Gesù voglia fare un gesto eclatante tanto per farlo. Quello che abbiamo notato prima forse ci può aiutare a comprendere meglio questo gesto di Gesù. Lui può camminare sul mare. Ma se il mare è anche la vita, Gesù dimostra con questo segno di essere il padrone della vita. Lui non affonda, lui non annega.

Questo gesto di camminare sull’acqua che fa Gesù è uno dei gesti che si prestano di più a battute e a commenti scherzosi.


Ma l’esperienza dei discepoli è terribile: ‘furono sconvolti … e gridarono dalla paura’. Gesù non sta facendo il clown, non sta esibendo uno dei suoi effetti speciali. Sta dimostrando che lui è oltre le leggi della natura, ma un oltre positivo, lui le vince, lui non soccombe. Però sempre l’intervento di Dio nella vita dell’uomo genera paura, e Gesù deve rassicurare: ‘Non abbiate paura!’. Questa frase però è preceduta da un ‘sono io’ che nei vangeli, specialmente in Giovanni, ha un peso e una profondità enormi. Richiama infatti la rivelazione di Dio a Mosè sull’Oreb: ‘Io sono colui che sono’ (Es 4, 14). Io-sono è l’espressione che Gesù usa quando sta svelando la propria identità divina. Io-sono, non temete. Io ho potere sulla vita e sulla morte.

Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Ap 1, 17-18

Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.

Ulteriore passo è il coinvolgimento di Pietro. Coinvolgimento importante in riferimento a ciascuno di noi, perché estende anche a noi le prerogative di Gesù, anche se limitatamente alle nostre capacità e soprattutto alla nostra fiducia in lui, che è sempre carente, e rende imperfetto il risultato. Gesù non tiene per sé le proprie possibilità, ma ne rende partecipe Pietro che glielo ha chiesto.

Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Ma Pietro non si identifica totalmente con Gesù, le paure prendono il sopravvento, e in lui prevale l’uomo, che senza aiuti nel mare (nella vita) va a fondo. Da cui l’invocazione: ‘salvami!’. L’uomo quando affonda nella vita invoca il Signore.


Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».


Un altro testo interessante che permette di aggiungere altri aspetti a quelli accennati è




Venuta la sera, Gesù disse loro: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Chi vuole provare a scoprire dei significati e delle somiglianze con la nostra vita è il benvenuto :-)

 
Rembrandt - La tempesta sedata



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