mercoledì 16 novembre 2011

talenti


Mt 25, 14-30

un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
La parola ‘talento’ è passata nell’uso comune per indicare le doti o capacità di una persona. Il talent scout è colui che va a cercare persone con doti particolari per lanciarle nel mondo dello spettacolo o della televisione. In una lettura superficiale, i talenti di questa parabola sono stati appunto identificati con le doti personali, da cui l’interpretazione moralistica e un po’ infantile: Dio ci ha dato dei talenti, delle doti, e dobbiamo svilupparli, non nasconderli. Come sempre però credo che Gesù volesse comunicare e rivelare qualcosa di più. Un primo indizio di questo è il termine ‘talento’ che Gesù usa.
Il talento, come la mina, è una «moneta di conto», cioè un’unità monetaria che non esiste in realtà ma alla quale si fa riferimento per calcolare somme di grande quantità. Fra l’altro essi hanno dato il nome a due parabole specifiche, fra loro simili. Il talento attico, di cui parlano i Vangeli, si divideva in sessanta mine, ognuna delle quali valeva cento denari … si è calcolato che in quindici anni un lavoratore poteva guadagnare un talento in tutto... 
(Cesare Pasini. Le monete di Dio)
Per semplificare e per dare l’idea di come il talento indicasse una cifra altissima, enorme, potremmo dire che un talento corrisponde a ‘un milione’ (come quello del Signor Bonaventura, che i diversamente giovani come me ricorderanno).


Questa enorme cifra sono tutte le risorse che abbiamo a disposizione (quindi non solo i talenti personali, ma anche il tempo, la salute, l’intelligenza, le risorse energetiche, la vita stessa…). Come già ho detto in altre occasioni, nessuna di queste cose può essere considerata come veramente nostra. Sono realtà che ci siamo trovati, e ciascuno ne ha una quantità diversa rispetto agli altri. Sono il capitale iniziale che ci è stato affidato. Un capitale enorme. Una enorme responsabilità. Una enorme fiducia da parte del padrone nei confronti dei suoi servi.

colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Come accade spesso nelle parabole, i diversi protagonisti riassumono i diversi atteggiamenti, con i quali possiamo confrontarci per chiederci a quale somigliamo di più.

Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”.
La stessa cosa fa colui che aveva ricevuto due talenti. Hanno considerato questi talenti come cosa propria, tanto che si sono impegnati per svilupparli, si sono dati da fare. Ma nello stesso tempo sono consapevoli che non sono cosa loro. Entrambi dal padrone si sentono dire le stesse parole:

“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco,
Il secondo indizio che rivela che Gesù sta parlando di qualcosa di più grande delle sole doti personali è questa parola: poco. Poco? Cinque/due talenti sono poco? Neppure un talento solo è poco. Se tutte le risorse che abbiamo a disposizione sono ‘poco’ cosa sarà il ‘molto’?

ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Il padrone coinvolge il servo nella sua gioia. Questo è il molto. È la vita eterna, la vita-con-Dio, la cui porta è stata aperta da Gesù e che ci è stata ricordata dalla parabola delle dieci ragazze. È la vita-con-lui intesa come matrimonio vero e proprio, in cui lo sposo e la sposa diventano ‘padroni’ insieme di tutto.
(Isacco, abate del monastero della Stella)
Una sorta di eterna comunione dei beni. Questo è l’orizzonte di Gesù, che a volte noi, anche noi cristiani, dimentichiamo per limitarci a considerare la sola vita attuale.
Terzo indizio: ‘Sei stato fedele’, sono le parole che Gesù mette in bocca al padrone. Il termine ‘fedele’ è uno dei termini usati per indicare chi segue una dottrina o un comportamento religioso. Il termine richiama l’obbedienza, sottolineata dall’uso in questa parabola degli altri due termini, ‘padrone’ e ‘servo’. Ma nel modo di vedere le cose di Gesù indica anche un atteggiamento di fiducia. I primi due servi hanno avuto fiducia che il loro padrone li avrebbe ricompensati della loro dedizione nell’usare bene cose di cui non avevano la proprietà, nell’usarle al meglio, come fossero loro. In realtà il padrone fa molto di più, non solo li ricompensa, ma li fa entrare ‘nella sua gioia’. Nella sua famiglia, nella sua casa.

voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, Ef 2, 19

Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. Lc 12, 35-37

Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Gv 15, 15

Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.


Il terzo servo è invece uno che non è fedele, nel senso che non si fida. Ha paura del padrone. Non usa neppure i talenti per farsi i propri affari, perché ha paura della punizione. E non li usa per arricchire il padrone; perché dovrebbe? Mica li sente come suoi. Quindi quei talenti non servono a nulla, né a lui, né al padrone. Infatti vengono nascosti.

Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse.
La paura genera diffidenza. Credo che, anche se non ci piace pensarlo, in questo terzo servo sia possibile intravedere un po’ di noi. Qual è il mio rapporto con Dio? Mi fido di lui o ne ho paura? Dagli atteggiamenti e dai comportamenti si vede qual è il mio atteggiamento, così come si vede nei tre servi. Dio è mio amico o mio nemico? Credo che a volte lo consideriamo, se non nemico, almeno un concorrente. Quindi non ci fidiamo di lui. Se facciamo le cose per lui è più per timore che per amore. Le facciamo per non venir puniti, quindi ci limitiamo al minimo indispensabile, e appena possibile ci facciamo le nostre cose. Verso queste sì che ci impegniamo, verso le sue molto meno. Perché non le consideriamo nostre.

Un capomastro lavorava da molti anni alle dipendenze di una grossa società edile. Un giorno ricevette l’ordine di costruire la villa più bella che sarebbe riuscito a immaginare, secondo un progetto a suo piacere. Poteva costruirla nel posto che più gli gradiva e non badare a spese. I lavori cominciarono, ma approfittando di questa cieca fiducia, il capomastro pensò di usare materiali scadenti, di assumere operai poco competenti a stipendio più basso, e di intascare così la somma risparmiata. Quando la villa fu terminata, durante la festa di inaugurazione, il capomastro consegnò al presidente della società la chiave di entrata. Il presidente gliela restituì e disse, stringendogli la mano: “Questa villa è il nostro regalo per lei in segno di stima e di riconoscenza”



8 commenti:

  1. sono le parole che hai usato domenica a messa... molto belle! mi ha colpito molto la storiella finale del capomastro... grazie per le parole che aiutano sempre molto :-)

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  2. sono le parole che hai usato domenica a messa
    Sì, mi sono copiato :-)
    Carino il racconto, vero?
    Buona giornata (e buone lotte con i bambini scalmanati!)

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  3. È un po' che voglio chiedere a un prete questo, ma non ho mai tempo/hanno tempo loro/mi dimentico...

    E se, dopo un investimento dei 5 talenti, si perdono tutti? O magari se ne perde metà?

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  4. non mi sembra possibile.
    se i talenti sono tutte le risorse che abbiamo a disposizione, le cose peggiori che possiamo fare sono
    a) usarle malamente
    b) non usarle
    in entrambi i casi le risorse rimangono. magari inutilizzate o rovinate, ma rimangono.
    proprio perchè in realtà non sono nostre.

    Però forse non ho capito cosa intendevi per perdere i talenti.

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  5. Posso sbattermi, impegnarmi, fare, brigare senza cavare un ragno dal buco. Vuoi perché altri non hanno utilizzato al meglio i loro, vuoi perché sono capra e sbaglio qualcosa.
    Ovvero, riporto gli n talenti dati, che però non ne hanno fruttati altri.
    Questo intendevo...

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  6. ah, capito adesso :-)
    Non mi pare sia un problema se pur dandosi da fare non si ottengono risultati.
    Dubito che siano i nostri risultati che interessino a Dio, quanto il nostro impegno e il nostro prendersi a cuore i suoi interessi. Credo che occorra tener conto che non è una questione gestionale o economica, anche se l'esempio che Gesù usa è di quel tipo. Il rimprovero che il padrone fa al terzo servo è quello di non essersi fidato e di non aver preso a cuore i beni del padrone, non di aver prodotto poco. Se anche il terzo servo si fosse interessato agli affari del padrone come i primi due, il risultato sarebbe stato uguale al loro: “Bene, servo buono e fedele...” indipendentemente dalla cifra prodotta.

    Inoltre i talenti che abbiamo sono per natura loro in qualche modo indipendenti da noi. Nel senso che 'funzionano' da soli. Non so se mi spiego bene, ma per capra che io possa essere, la mia intelligenza l'ho usata in qualche modo, e questo ha prodotto inevitabilmente dei risultati. Per non produrre nulla occorrerebbe non fare assolutamente nulla per tutta la propria vita, cosa che mi sembra francamente impossibile. Anche una capra, per poco che faccia, un po' di latte e un po' di lana la produce :-)

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