martedì 6 marzo 2012

tre sono le cose

Quali sono gli aspetti essenziali della vita relazionale di un cristiano? Le persone, ovviamente. Quali sono le persone con cui un cristiano ha a che fare? Dio e gli altri. E cosa dice il vangelo su questi aspetti relazionali? Molte cose, ovviamente, in particolare riguardo alla relazione con gli altri, perché gli altri sono tanti. Partirei prima però da una affermazione importante di Gesù:

Un dottore della Legge, interrogò Gesù per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Mt 22, 35-40

Con il termine ‘Legge e Profeti’ si intende la parte essenziale della rivelazione biblica, il Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia) e i Profeti maggiori, quindi se Gesù dice che da questi due comandamenti dipende la parte essenziale della rivelazione, vuol dire che sono davvero importanti.
Dunque, ci sono due comandamenti essenziali da cui dipende addirittura tutta la rivelazione biblica, e sono comandamenti che riguardano essenzialmente le relazioni interpersonali: amare Dio e amare gli altri. Aggiungerei un accento su un altro aspetto non secondario, che è un po’ nascosto (forse perché non evidenziabile in un contesto come quello biblico, molto meno incline di quando siamo noi nella nostra cultura occidentale a sottolineare l’aspetto personale): il secondo comandamento dice ‘amerai il prossimo come te stesso’.  È un particolare non da poco, perché implica che il prossimo lo si debba amare come si ama se stessi. Può essere che l’amare se stessi sia dato per scontato, ma vederlo espresso in un comandamento così fondamentale non è poca cosa. Anche perché il secondo comandamento finisce per dipendere da questo particolare. Gesù non dice ‘ama gli altri’, ma ‘ama gli altri come te stesso’, quindi se non ami te stesso non potrai amare gli altri, oppure se ami te stesso nel modo sbagliato amerai nel modo sbagliato anche gli altri.
Quindi, tornando alla domanda iniziale, gli aspetti essenziali della vita relazionale di un cristiano sono evidenziati da un comandamento dichiarato da Gesù come il più grande, e si orientano su tre direzioni:

amare Dio
amare gli altri
amare se stessi

Un’ultima sottolineatura: Gesù parla esplicitamente di amare. Il tipo di relazione che chiede è una relazione personale e affettiva, non solo funzionale. Non si tratta di dire solo ‘Dio, gli altri, me stesso sono importanti, quindi bisogna rispettarli, custodirli, proteggerli’. Gesù va molto oltre: chiede di amarli.

Siamo in Quaresima, e il mercoledì delle Ceneri nel vangelo Gesù indicava quelli che devono diventare gli impegni operativi quaresimali: elemosina, preghiera e digiuno (Mt 6, 2-18).
Sono tre impegni, e ciascuno di loro indica come realizzare concretamente ciascuna delle relazioni fondamentali:

il rapporto con Dio: la preghiera
il rapporto con gli altri: l’elemosina
il rapporto con se stessi: il digiuno

Sono gli unici modi? No, ma se Gesù li evidenzia così vuol dire che hanno un’importanza particolare. Il grande comandamento indica l’atteggiamento, il vangelo delle Ceneri indica la modalità. Potrei accontentarmi di rispettare Dio, gli altri e me stesso. Ma Gesù chiede di amare, che è molto di più. Il rispetto non richiede necessariamente una relazione affettiva. Posso rispettare una persona senza provare nulla per lei. Ma se amo, allora farò diventare questo amore dei fatti che lo dimostrino. Ecco allora la preghiera, l’elemosina e il digiuno. Ma sono realtà che vanno spiegate.

Preghiera

Non è solo credere in Dio, non è solo rispettarlo, non è neppure solo obbedirgli. È dialogare con lui, è parlarsi, è comunicare. Questo richiede una parte del dialogo che venga da noi, e fin lì ce la caviamo abbastanza, pur con distorsioni che meriterebbero un approfondimento, ad esempio il ridurre il comunicare con Dio a chiedergli delle cose. Ma ci vuole anche la parte del dialogo che venga da lui, altrimenti che dialogo è? Infatti per lo più quello che noi chiamiamo preghiera non è un dialogo, ma un monologo. Parliamo solo noi:


Il dialogo però richiede la partecipazione di tutti e due. Questa dovrebbe essere la preghiera:


Ma se la parte che dipende da noi, magari un po’ malamente, riusciamo a realizzarla, come si realizza la parte di Dio? Dio non parla, Dio non comunica con me, Dio non dice niente, non risponde.
E' davvero così? E se fosse vero che Dio ha parlato, anche solo in alcuni momenti della storia? Non varrebbe la pena andare in cerca di queste parole come fossero perle preziose? È vero che ciascuno di noi vorrebbe che Dio gli parlasse personalmente, ma se questo fosse possibile, a patto di imparare il suo linguaggio?
Ecco perché Gesù indica la preghiera come il modo concreto di realizzare il comandamento dell’amare Dio. Ci sono certo molti modi per dimostrare l’amore per una persona, ma il modo migliore è dirglielo.

Elemosina

Il termine deriva dal greco eleèo, che significa aver compassione, aver misericordia. Nell’uso parlato ‘elemosina’ è finito ahimè a indicare il banale lasciar cadere degli spiccioli a un mendicante, ma nel linguaggio biblico esprime un coinvolgimento emotivo personale, non solo un gesto formale. Ad esempio:

grazie alle viscere di misericordia (elèous) di Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto. Lc 1, 78 (traduzione letterale)


In questa citazione Dio non è che si limita a degnare di una misera elemosina noi poveracci, ma si lascia coinvolgere interiormente, emotivamente. Da notare insieme al termine elèous il termine splanchna, che traduce l'ebraico rahamìm, viscere, plurale di rehèm, utero. Un rafforzamento di immagine che rende bene il coinvolgimento personale di Dio. Una misericordia sentita fin nelle viscere è ben diversa dal dare qualche spicciolo a qualcuno. Elemosina non è donare soldi, ma sentirsi l’altro nella pancia.

Digiuno

Altro termine equivoco, che va chiarito nel suo significato riferito a Dio. Digiunare significa di per sé non mangiare, ma perché? Perché ‘non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio’ (Mt 4,4). Il senso del digiuno quaresimale sta nell’aver trovato qualcosa di più grande, importante e urgente delle semplici esigenze fisiologiche, per quanto importanti. Il digiuno porta con sé poi una conseguenza pratica: immedesimarsi nella situazione di chi è costretto a digiunare, e magari mettere da parte qualcosa per fare in modo che chi ha fame possa essere sfamato.


Riassumendo, i tre aspetti relazionali di un cristiano (Dio, gli altri, se stesso) si concretizzano in tre modi che esprimono il modo giusto di realizzare le proprie relazioni:

preghiera: il dialogo è il rapporto giusto con Dio
elemosina: la misericordia è il rapporto giusto con gli altri
digiuno: il controllo degli istinti è il rapporto giusto con se stessi

Ci sono anche modi sbagliati? Il vangelo della prima domenica di Quaresima, con Gesù che si ritira quaranta giorni nel deserto e con le tentazioni, ce ne dà un quadro interessante:

…il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; e anche: Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».. Lc 4, 3-13

Il diavolo, il separatore (questo significa il greco diàbolon), vuole spezzare il legame tra Dio e l'uomo usando a proprio favore e distorcendo le stesse parole di Dio. 
Se il modo giusto nel rapporto tra Dio e uomo è il dialogo, il legame (io ti amo) il modo sbagliato sarà la provocazione, la rottura del rapporto (io ti uso): gettati giù, Dio ti aiuterà.
Se il modo giusto nel rapporto con gli altri è la misericordia, il donare, il modo sbagliato è il prendere, il dominare: 'ti darò tutto questo potere ... tutto sarò tuo'.
Se il modo giusto nel rapporto con se stessi è il saper controllare gli istinti, il modo sbagliato sarà farsi guidare dagli istinti: hai fame? trasforma questa pietra in pane.

il rapporto sbagliato con Dio: usarlo
il rapporto sbagliato con gli altri: esercitare potere su di loro
il rapporto sbagliato con se stessi: farsi guidare dagli istinti  



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