martedì 17 aprile 2012

berlicche 13


Mio caro Malacoda,
mi pare che ti ci vogliano troppe pagine per narrare una storia molto semplice. La cui conclusione è che ti sei lasciato sfuggire il tuo giovanotto dalle dita. La situazione è gravissima. E io non vedo proprio ragione alcuna per la quale dovrei proteggerti dalle conseguenze della tua incapacità.
Un pentimento e un rinnovamento di ciò che l’altra parte chiama ‘grazia’ della grandezza che tu descrivi, è una sconfitta di prim’ordine. Equivale a una seconda conversione, e probabilmente a un livello più profondo della prima. Come avresti dovuto sapere, la nube asfissiante che ti ha impedito di attaccare il paziente nella sua passeggiata di ritorno dal vecchio mulino è un fenomeno ben noto. È l’arma più barbarica del Nemico, e generalmente vien fuori quando egli è direttamente presente al paziente in certe maniere non ancora perfettamente classificate. Alcuni esseri umani ne sono circondati in permanenza, e rimangono perciò inaccessibili a noi.
Veniamo ora alle tue balordaggini. Secondo la tua stessa confessione, dapprima hai permesso al tuo paziente di leggere un libro che veramente gli piaceva, del quale veramente godeva, e non per poter far poi osservazioni intelligenti con i suoi nuovi amici. In secondo luogo gli hai permesso di fare una passeggiata fino al vecchio mulino e di prendervi il tè; una passeggiata attraverso un paesaggio che veramente gli piaceva, e fatta da solo. In altre parole, gli hai permesso due veri, positivi piaceri. Sei stato così ignorante da non vederne il pericolo? La caratteristica dei Dolori e dei Piaceri è che non si può sbagliare sulla loro realtà, e perciò, in quanto esistono, offrono all’uomo che li prova una pietra di paragone con la realtà. Così, sei ti fossi provato a dannare il tuo giovanotto con il metodo romantico, facendone una specie di cavaliere Aroldo e di Werther immerso in un sentimento di compassione personale per cordogli immaginari, avresti dovuto far sì che non provasse in nessun modo un dolore vero. Perché, naturalmente, cinque minuti di genuino mal di denti rivelerebbero i dolori romantici per quell’assurdo che sono e metterebbero a nudo il tuo stratagemma. Ma ti eri messo a dannare il tuo paziente per mezzo del mondo, vale a dire col presentare la vanità, il daffare, l’ironia e il tedio costoso come se fossero dei piaceri. Come non sei riuscito a capire che un piacere vero era l’ultima cosa che avresti dovuto lasciargli incontrare? Come non hai previsto che avrebbe proprio annientato tutto l’inganno che tanto laboriosamente gli hai insegnato a valutare? E che quel genere di piacere che il libro e la passeggiata gli davano era il più pericoloso di tutti? Che gli avrebbe tolto tutta quella specie di crosta che eri riuscito a formargli sulla sua sensibilità e fatto sentire che stava tornando a casa, che stava guarendo? Come preliminare allo staccarlo dal Nemico dovevi staccarlo da se stesso, e avevi già fatto un po’ di progresso si questa linea. Ora tutto è disfatto.
Naturalmente so benissimo che anche il Nemico vuole distaccare gli uomini da se stessi, ma in modo diverso. Ricorda sempre che a lui quel piccoli vermi piacciono veramente, e che pone un assurdo valore assoluto sulla distinzione di ciascuno di loro. Quando dice che devono perdere il loro io, intende solamente dire che devono abbandonare la volontà propria; una volta fatto ciò, in realtà dà loro indietro tutta la loro personalità, e si vanta (sinceramente, temo) che se saranno completamente suoi saranno più che mai se stessi. Quindi, mentre gode nel vederli sacrificare perfino le loro innocenti volontà a lui, odia di vederli allontanare dalla loro natura per qualsiasi altra ragione. E noi invece dovremmo sempre incoraggiarli a farlo. Le più profonde simpatie e i più profondi impulsi di qualsiasi uomo sono la materia prima, il punto di partenza, del quale il Nemico lo ha fornito. Allontanarlo da essi è sempre un punto guadagnato. Perfino in cose indifferenti è sempre desiderabile sostituire le misure del mondo, o della convenzione, o della moda, al posto di ciò che veramente piace o dispiace a un essere umano. A mio avviso andrei molto lontano su questa strada. Mi proporrei come regola di sradicare dal mio paziente qualsiasi forte gusto personale, che non sia un vero peccato, anche nel caso fosse una cosa innocua, come il tifo per il gioco del cricket della sua provincia, o per la collezione di francobolli, o per il cacao. Tali cose, te lo concedo, non hanno nulla della virtù; ma c’è in esse una specie di innocenza, di umiltà e di dimenticanza di sé della quale non mi fido. Colui che gode veramente e disinteressatamente di qualsiasi cosa del mondo, per se stessa, e senza che gliene importi un fico secco di ciò che ne dice la gente, è per ciò stesso armato contro alcuni dei nostri più sottili modi di attaccare. Dovresti sempre preoccuparti di far sì che il tuo paziente abbandoni le persone, o il cibo, o i libri che veramente gli piacciono in favore delle persone ‘migliori’, del cibo ‘giusto’, dei libri ‘importanti’. Ho conosciuto un essere umano che ha trovato le difesa contro forti tentazioni di ambizione sociale in un gusto ancora più forte per la trippa e le cipolle.
Rimane da considerare il modo di riparare al disastro. La cosa migliore è di impedirgli di fare alcunchè. Non importa la sua opinione, anche se elevata, riguardo al nuovo pentimento, purchè non ne faccia un principio di azione. Fa’ in modo che il piccolo bruto si avvoltoli in se stesso. Vi scriva su magari un libro, se ne sente l’inclinazione; è spesso un modo eccellente di sterilizzare i semi che il Nemico pianta in un’anima umana. Lasciagli fare qualsiasi cosa, purchè non venga all’azione. Nessuna quantità di pietà nella sua immaginazione e nei suoi affetti potrà recarci danno, se riusciamo a tenerla lontana dalla sua volontà. Come ha detto uno degli esseri umani, le abitudini attive sono rafforzate per mezzo della ripetizione, ma le passive vengono indebolite. Più spesso egli sentirà senza agire e meno sarà capace di passare all’azione, e con l’andar del tempo sarà meno capace di sentire.

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche


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