lunedì 24 settembre 2012

non dirlo a nessuno




Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse.

Il vangelo di ieri è strettamente legato al testo della domenica precedente. Al centro di entrambi c’è Gesù che rivela il suo ‘programma’.

Insegnava ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 

Nel brano della domenica precedente la reazione dei discepoli, e in particolare di Pietro, era stata assai decisa:

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Mc 8, 32

Ma non meno decisa è stata la risposta di Gesù:

rimproverò Pietro e disse: Va’ dietro a me, Satana! Mc 8, 33

Questo appellativo, già di per sé pesantissimo, in bocca a Gesù, assume un peso ancora maggiore. Pietro, pur con tutte le sue buone intenzioni, si mette davanti a Gesù e vuole dargli indicazioni. Questo Gesù non lo accetta, e invita decisamente Pietro a tornare al suo posto, dietro al Maestro, non davanti.
Mi fermo un attimo su questo dialogo perché rivela particolari interessanti.
Innanzitutto non sappiamo i motivi addotti da Pietro per rimproverare Gesù. Non gradisce le cose che Gesù ha detto perché vuole bene a Gesù e non accetta che possa andare a soffrire, oppure non le gradisce perché non gli piacciono, non corrispondono al proprio programma? Non dimentichiamo che le persone che stanno discutendo sono ebrei, e hanno in mente un’idea ben chiara di Messia. Poco prima Pietro aveva appena dichiarato di Gesù:

«Tu sei il Cristo». Mc 8, 29


Cristo è la traduzione in greco di mashiah, messia. Quindi Pietro stava comportandosi nei confronti di Gesù come di fronte al Messia atteso dal popolo di Israele. Ma appunto il Messia atteso da Israele è un Messia trionfante, potente, glorioso. E Pietro non capisce come Gesù possa dire:

…il Figlio dell’uomo dovrà soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e venire ucciso. Mc 8, 31

Ma pure nella sua buona fede Pietro diventa tentatore, come satana, che aveva chiesto a Gesù di dimostrare il proprio essere Figlio di Dio facendo quello che lui gli chiedeva.

Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane … Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù».Mt 4, 3-7

Pietro vuole dire al Signore cosa deve fare. Il Signore rimette subito Pietro al suo posto, dietro e non davanti. Il discepolo deve seguire il Maestro, non indicargli la strada.
C’è ancora un aspetto che mi sembra rilevante: Gesù sa cosa vuole fare e non si lascia dirigere da Pietro, ma credo che la sua volontà si scontrasse ogni giorno con la debolezza umana che aveva assunto, e dubito che andasse verso la propria morte con allegria e noncuranza. La notte al Getsemani rivelerà quanto grande sia la sua fatica nell’accettare di dare la vita per l’umanità. Ma credo che anche in questa discussione con Pietro Gesù sia lui stesso tentato di fermarsi, di tornare indietro, di percorrere un’altra strada, che peraltro gli veniva richiesta dai discepoli stessi, quella del trionfo e della gloria. Pietro allora diventa davvero il tentatore, perché gli è d’ostacolo, gli impedisce di realizzare la propria decisione, e lo fa in modo subdolo, solleticando il desiderio di vivere, e di essere glorioso e vincitore in modo umano, che certo Gesù aveva. Pietro è scandalo per Gesù, nel significato proprio di questa parola di origine greca: scàndalon, pietra che affiora dal terreno e che fa inciampare. Interessante tra l’altro l’accostamento pietro-pietra.

Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Torniamo al nostro testo. Alla seconda predizione di Gesù riguardo alla propria sorte che lo attende, i discepoli, non pretendono più, dopo la ramanzina a Pietro, di ostacolare la decisione di Gesù, ma non capiscono. E non osano chiedere. Allora che fanno?

Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande.

Davanti alla durezza del programma di Gesù, se la reazione di Pietro era stata quella di costringere Gesù a fare qualcosa di diverso e più adeguato ai desideri umani, la reazione dei discepoli è quella di disinteressarsi del programma di Gesù e di pensare al proprio, ovviamente realizzato secondo criteri umani, dove vale chi è più grande.
Ecco allora che forse riusciamo a capire perché Gesù continua a proibire ai discepoli di fargli pubblicità. Come impediva agli spiriti impuri di rivelare la sua identità

«Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». Mc 1, 23-25
non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Mc 2, 34
Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse. Mc 3, 11-12

così chiede e anche ordina sia ai discepoli che alle persone che ha intorno di non parlare di lui

disse al lebbroso: «Guarda di non dire niente a nessuno. Mc 1, 44
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Mc 7, 36
E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. Mc 8, 30

Gesù non cerca agenti pubblicitari che gli facciano una campagna di propaganda. Non vuole che si parli di lui perché, come Marco dice dei discepoli, ‘non capivano’, e se non capiscono come fanno a parlare di lui nel modo giusto? Possiamo fargli pubblicità, ma si tratterebbe di pubblicità ingannevole, vuota, come è spesso la pubblicità televisiva, che fa credere ciò che non è. 

Chi non ha capito Gesù finisce per dire a nome suo le proprie idee, finisce per proporre come suo il proprio programma, finisce per mettere in bocca a Dio delle proposte solo umane.
Ecco perché è così grave quando noi cristiani ci permettiamo di dichiararci tali, quindi di parlare a nome di Cristo, e poi proponiamo, decidiamo, chiediamo delle cose che sono nostre, non sue.
Come Pietro diventiamo degli scandali, delle pietre che fanno inciampare gli altri.
Ecco perché Gesù non cerca agenti pubblicitari,  ma umili discepoli che siano disposti a stare dietro di lui e non davanti.
Solo quando il discepolo ha capito può comunicare. Solo dopo la resurrezione, quando avranno fatto esperienza di tutta la vita di Gesù, compreso il fallimento e la croce, e ne avranno capito il senso, i discepoli di Gesù potranno cominciare a parlare di lui nel modo giusto. Ma anche allora dovranno fare ben attenzione ad annunciare lui, non se stessi.

Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

Questa dichiarazione finale è talmente chiara e lapidaria che non richiede commenti. Ma certo non corrisponde ai nostri desideri.

E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

L’immagine dei piccoli tornerà domenica prossima, legata ancora allo scandalo, e avremo modo di approfondirla meglio.


1 commento:

  1. >Chi non ha capito Gesù finisce per dire a nome suo le proprie idee

    Grande osservazione.
    Vera e attuale.

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