martedì 1 ottobre 2013

giustizia


Lc 16, 19-31 


«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.


Gesù presenta qui una parabola con molte connotazioni ‘estremiste’. Ma ogni tanto lo fa, e anche quando dice delle cose che ci irritano o ci danno fastidio occorre starlo a sentire. Non possiamo affettare Gesù e prendere solo quello che ci piace. Le persone non si affettano.L’immagine iniziale è quella di un ricco e di un povero. Entrambi estremamente caratterizzati dalla propria situazione. Il ricco è molto ricco. Il povero è molto povero. Purtroppo non è una situazione irreale. In molte zone del mondo il divario ricchissimi-poverissimi è molto alto. E anche qui in Italia, pur non essendoci forse una differenza così pronunciata, certamente e sempre di più si notano situazioni di disagio e di squilibrio sociale. La reazione di fronte a questo sbilanciamento porta a chiedersi: ma è giusto? È giusto che ci sia questo divario tra chi ha più di quanto gli serva e chi è costretto, per usare le parole di Gesù, a ‘sfamarsi con quello che cade dalla tavola del ricco’? Ovviamente la questione è molto complessa, e semplificarla ad esempio demonizzando i ricchi e esaltando i poveri, è scorretto. La stessa definizione di ‘ricco’ e di ‘povero’ è troppo semplicistica. Ma la questione rimane, ed è assai scottante. Pur senza considerare tutti i ricchi alla stregua di Paperon de’ Paperoni, egoisti che pensano solo ad accumulare, insensibili alle necessità dei poveri, la domanda sulla giustizia non può essere elusa. Il vangelo è sempre stimolo alla riflessione, ma occorre non dimenticare che questa riflessione deve sempre essere rivolta a se stessi in primo luogo, anche se può stimolare l’impegno sociale. Non è il vangelo, che pure non è tenero con i ‘ricchi’, a invitare ad aggredirli e a spogliarli. Il vangelo è sempre da usare come invito a meditare in se stessi, confrontandosi con la Parola di Dio, su come migliorare e correggere noi stessi. Anche in questa parabola l’invito è sempre quello di mettersi in discussione. E se chi lo legge e ascolta è ‘ricco’ è invitato a mettere discussione il proprio stile di vita.



Inoltre non dimentichiamo che la sensibilità verso l’uguaglianza sociale non è uno specifico cristiano. Molti, anche non cristiani, anche non credenti, si sentono in dovere di denunciare l’ingiustizia sociale e di fare qualcosa per combatterla. Infatti questo è solo il primo passo. Gesù prosegue aggiungendo un aspetto che è invece specifico per il credente, per il cristiano in particolare: la prospettiva della vita eterna e del giudizio di Dio.



Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 


Se non siamo stati capaci di fare giustizia noi, ci penserà Dio stesso, che è certamente misericordioso, ma non per questo meno giusto. Questa prospettiva del giudizio di Dio, che interverrà anche a equilibrare le ingiustizie, deve essere sempre tenuta presente nella nostra vita di cristiani, e deve essere uno stimolo ulteriore a creare situazioni di giustizia in questa vita. Anche per non incorrere in un giudizio divino, la cui prospettiva a volte viene passata sotto silenzio. Credo che invece un po’ di timore di questo giudizio (senza giungere all’eccesso opposto del terrore) ci farebbe bene.



Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.


Come dicevo prima, se non saremo capaci di fare giustizia, ci penserà Dio a mettere a posto le cose. Ma nella prospettiva cristiana il momento del giudizio di Dio è anche il momento della definitività. Questa prospettiva ci serva da stimolo a darci da fare ora, mentre siamo in tempo. Lo so che l’amore verso gli altri (e il conseguente impegno verso la giustizia) dovrebbe essere l’orizzonte continuo e quotidiano di ogni cristiano, e che non dovrebbe essere necessaria la ‘minaccia’ del giudizio per farci muovere, ma al di là del giudizio comunque la prospettiva della vita eterna non può essere ignorata dal cristiano, e questa prospettiva cambia tutta la visione della vita, stimolandoci a iniziare qui il modo di vivere e convivere che proseguirà per sempre.


Dopo una lunga e vita, un saggio giunse nell'aldilà e fu destinato al paradiso. Era un tipo pieno di curiosità e chiese di poter dare prima un'occhiata anche all'inferno. Un angelo lo accontentò. Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una tavola imbandita con piatti colmi di pietanze succulente e di golosità inimmaginabili. Ma i commensali, che sedevano tutt'intorno, erano smunti, pallidi, lividi e scheletriti da far pietà. "Com'è possibile?" chiese l'uomo alla sua guida "Con tutto quel ben di Dio davanti!". "Ci sono bacchette per mangiare, rispose l’angelo, ma sono lunghe un metro e devono essere rigorosamente impugnate all'estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla bocca". Il saggio rabbrividì. Era terribile la punizione di quei poveretti che, per quanti sforzi facessero, non riuscivano a mettersi neppure una briciola sotto ai denti. Non volle vedere altro e chiese di andare subito in paradiso. Qui lo attendeva una sorpresa. Il paradiso era un salone identico all’inferno. Dentro l’immenso salone c’era un’infinita tavolata di gente seduta davanti ad un’identica sfilata di piatti deliziosi. Non solo: tutti i commensali erano muniti delle stesse bacchette lunghe un metro, da impugnare all’estremità per portarsi il cibo alla bocca. C’era una sola differenza: qui la gente intorno al tavolo era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia. “Ma com’è possibile?”, chiese stupito. L’angelo sorrise: “All’inferno ognuno si affanna ad afferrare il cibo e portarlo alla propria bocca, perché così si sono sempre comportati nella loro vita. Qui al contrario, ciascuno prende il cibo con i bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino”.


Fiaba cinese



E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».


L’ultimo messaggio della parabola è la constatazione che ciò che ci serve per stimolare la nostra azione è già a nostra disposizione: Mosè e i Profeti. Nel linguaggio biblico questo binomio (più frequentemente espresso con ‘la legge e i profeti’) riassume tutta la rivelazione.


La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora in poi viene annunziato il regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi. Lc 16, 16


“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”. Mt 22, 37-40


Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”. Gv 1, 45



Quindi le indicazioni le abbiamo già, non c’è bisogno di aspettare chissà quale rivelazione. Se non facciamo quel che dobbiamo fare è per volontà e colpa nostra. Tanto che neppure una rivelazione potrebbe persuadere chi non volesse impegnarsi. ‘Neppure se uno risorgesse dai morti sarebbero persuasi’. E Uno che è risorto dai morti c’è, ma questo come abbiamo visto e continuiamo a vedere non è sufficiente per chi non lo vuole ascoltare.
 
 

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