Lc 16, 19-31
«C’era un uomo ricco, che
indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti
banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe,
bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i
cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Gesù
presenta qui una parabola con molte connotazioni ‘estremiste’. Ma ogni tanto lo
fa, e anche quando dice delle cose che ci irritano o ci danno fastidio occorre
starlo a sentire. Non possiamo affettare Gesù e prendere solo quello che ci
piace. Le persone non si affettano.L’immagine
iniziale è quella di un ricco e di un povero. Entrambi estremamente
caratterizzati dalla propria situazione. Il ricco è molto ricco. Il povero è molto
povero. Purtroppo non è una situazione irreale. In molte zone del mondo il divario
ricchissimi-poverissimi è molto alto. E
anche qui in Italia, pur non essendoci forse una differenza così pronunciata,
certamente e sempre di più si notano situazioni di disagio e di squilibrio
sociale. La
reazione di fronte a questo sbilanciamento porta a chiedersi: ma è giusto? È
giusto che ci sia questo divario tra chi ha più di quanto gli serva e chi è
costretto, per usare le parole di Gesù, a ‘sfamarsi con quello che cade dalla
tavola del ricco’? Ovviamente
la questione è molto complessa, e semplificarla ad esempio demonizzando i
ricchi e esaltando i poveri, è scorretto. La stessa definizione di ‘ricco’ e di
‘povero’ è troppo semplicistica. Ma la questione rimane, ed è assai scottante.
Pur senza considerare tutti i ricchi alla stregua di Paperon de’ Paperoni,
egoisti che pensano solo ad accumulare, insensibili alle necessità dei poveri,
la domanda sulla giustizia non può essere elusa. Il
vangelo è sempre stimolo alla riflessione, ma occorre non dimenticare che
questa riflessione deve sempre essere rivolta a se stessi in primo luogo, anche
se può stimolare l’impegno sociale. Non è il vangelo, che pure non è tenero con
i ‘ricchi’, a invitare ad aggredirli e a spogliarli. Il vangelo è sempre da
usare come invito a meditare in se stessi, confrontandosi con la Parola di Dio,
su come migliorare e correggere noi stessi. Anche in questa parabola l’invito è
sempre quello di mettersi in discussione. E se chi lo legge e ascolta è ‘ricco’
è invitato a mettere discussione il proprio stile di vita.
Inoltre non dimentichiamo che la sensibilità verso l’uguaglianza sociale non è uno specifico cristiano. Molti, anche non cristiani, anche non credenti, si sentono in dovere di denunciare l’ingiustizia sociale e di fare qualcosa per combatterla. Infatti questo è solo il primo passo. Gesù prosegue aggiungendo un aspetto che è invece specifico per il credente, per il cristiano in particolare: la prospettiva della vita eterna e del giudizio di Dio.
Un giorno il povero morì e
fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e
Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e
manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua,
perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Se
non siamo stati capaci di fare giustizia noi, ci penserà Dio stesso, che è
certamente misericordioso, ma non per questo meno giusto. Questa prospettiva
del giudizio di Dio, che interverrà anche a equilibrare le ingiustizie, deve
essere sempre tenuta presente nella nostra vita di cristiani, e deve essere uno
stimolo ulteriore a creare situazioni di giustizia in questa vita. Anche per
non incorrere in un giudizio divino, la cui prospettiva a volte viene passata
sotto silenzio. Credo che invece un po’ di timore di questo giudizio (senza
giungere all’eccesso opposto del terrore) ci farebbe bene.
Ma Abramo rispose:
“Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i
suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai
tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro
che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino
a noi”.
Come
dicevo prima, se non saremo capaci di fare giustizia, ci penserà Dio a mettere
a posto le cose. Ma nella prospettiva cristiana il momento del giudizio di Dio
è anche il momento della definitività. Questa prospettiva ci serva da stimolo a
darci da fare ora, mentre siamo in tempo. Lo so che l’amore verso gli altri (e
il conseguente impegno verso la giustizia) dovrebbe essere l’orizzonte continuo
e quotidiano di ogni cristiano, e che non dovrebbe essere necessaria la ‘minaccia’
del giudizio per farci muovere, ma al di là del giudizio comunque la
prospettiva della vita eterna non può essere ignorata dal cristiano, e questa
prospettiva cambia tutta la visione della vita, stimolandoci a iniziare qui il
modo di vivere e convivere che proseguirà per sempre.
Dopo una lunga e
vita, un saggio giunse nell'aldilà e fu destinato al paradiso. Era un tipo
pieno di curiosità e chiese di poter dare prima un'occhiata anche all'inferno. Un
angelo lo accontentò. Si trovò in un vastissimo salone che aveva al centro una
tavola imbandita con piatti colmi di pietanze succulente e di golosità
inimmaginabili. Ma i commensali, che sedevano tutt'intorno, erano smunti,
pallidi, lividi e scheletriti da far pietà. "Com'è
possibile?" chiese l'uomo alla sua guida "Con tutto quel ben di
Dio davanti!". "Ci sono bacchette
per mangiare, rispose l’angelo, ma sono lunghe un metro e devono essere
rigorosamente impugnate all'estremità. Solo così possono portarsi il cibo alla
bocca". Il saggio rabbrividì.
Era terribile la punizione di quei poveretti che, per quanti sforzi facessero,
non riuscivano a mettersi neppure una briciola sotto ai denti. Non volle vedere
altro e chiese di andare subito in paradiso. Qui lo attendeva una
sorpresa. Il paradiso era un salone identico all’inferno. Dentro
l’immenso salone c’era un’infinita tavolata di gente seduta davanti ad
un’identica sfilata di piatti deliziosi. Non solo: tutti i commensali erano
muniti delle stesse bacchette lunghe un metro, da impugnare
all’estremità per portarsi il cibo alla bocca. C’era una sola differenza: qui
la gente intorno al tavolo era allegra, ben pasciuta, sprizzante di gioia. “Ma com’è
possibile?”, chiese stupito. L’angelo sorrise: “All’inferno ognuno si affanna
ad afferrare il cibo e portarlo alla propria bocca, perché così si sono sempre
comportati nella loro vita. Qui al contrario, ciascuno prende il cibo con i
bastoncini e poi si preoccupa di imboccare il proprio vicino”.
Fiaba cinese
E quello replicò: “Allora,
padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque
fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo
luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino
loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da
loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti,
non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
L’ultimo
messaggio della parabola è la constatazione che ciò che ci serve per stimolare
la nostra azione è già a nostra disposizione: Mosè e i Profeti. Nel linguaggio
biblico questo binomio (più frequentemente espresso con ‘la legge e i profeti’)
riassume tutta la rivelazione.
La Legge e i Profeti fino a Giovanni; da allora
in poi viene annunziato il regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi. Lc 16,
16
“Amerai il Signore
Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo
è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo:
Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono
tutta la Legge
e i Profeti”. Mt 22, 37-40
Filippo incontrò
Natanaèle e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè
nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”. Gv 1, 45
Quindi
le indicazioni le abbiamo già, non c’è bisogno di aspettare chissà quale
rivelazione. Se non facciamo quel che dobbiamo fare è per volontà e colpa
nostra. Tanto che neppure una rivelazione potrebbe persuadere chi non volesse
impegnarsi. ‘Neppure se uno risorgesse dai morti sarebbero persuasi’. E Uno che
è risorto dai morti c’è, ma questo come abbiamo visto e continuiamo a vedere
non è sufficiente per chi non lo vuole ascoltare.
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