Quando
la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle
barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono
di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
Angelo Branduardi ama citare spesso nei suoi concerti una frase
attribuita ad Andrès Segovia: ‘
Gesù prese i pani
e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece
dei pesci, quanto ne volevano … Allora la gente, visto il segno che egli aveva
compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma
Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul
monte, lui da solo. (Gv 6, 1-15)
Già si cominciava ad intuire che tra il significato del ‘segno’
come lo intendeva Gesù e il modo con cui era stato compreso dalla folla c’era
uno sfasamento. Gesù intende i miracoli che fa come segno, segnale che indica
la presenza e l’azione di Dio. La folla li intende come eventi eccezionali e
soprattutto utili per risolvere i propri problemi. Gesù fa i miracoli per
indicare Dio, la gente vede i miracoli indicando se stessa e le proprie
esigenze. Due tonalità diverse, discordanti. Gesù allora cerca di accordarle.
Gesù
rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete
visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.
Visto che ho cominciato citando Branduardi e Segovia, utilizzo
l’immagine della chitarra che mi sembra possa aiutare a capire alcuni passaggi
necessari nell’accordare noi e Dio. Nella chitarra, che ha almeno sei corde,
bisogna che le corde siano accordate le une alle altre. Per far questo di
solito si parte dalla corda di LA e da quella si accordano le altre. Ma non
basta, bisogna anche che ciascuna suoni la nota giusta. Se la corda di LA non è
accordata in LA, tutte le altre corde, che da essa dipendono, suoneranno sì in
armonia tra loro, ma note sbagliate. Nel caso questa chitarra dovesse suonare
con altri strumenti, il risultato sarebbe molto sgradevole.
Molta attenzione deve essere posta nell’accordare noi, lo
strumento, e Dio, l’artista che ci suona. Istintivamente, siccome per noi è
molto difficile adeguarci alla tonalità di Dio, ci aspettiamo, o almeno
desideriamo, che Dio si adatti a noi. E in questo siamo confermati
dall’incarnazione di Dio in Gesù: lui si è adattato al nostro tono. In realtà
non è proprio così. Anzi, questa credo sia proprio la nostra nota più stonata.
E’ vero che Dio si è fatto uomo, ma il suo scopo non è far diventare lui come
noi e basta, ma facilitare il nostro diventare come lui.
Invece, approfittando della vicinanza realizzata da Gesù, noi
tendiamo a restare come siamo (qualunque sia la nostra nota, anche se è
sbagliata) e ci aspettiamo che Dio si adegui a noi. L’immagine della folla che
cerca Gesù, come lui stesso fa notare ‘perché avete mangiato e vi siete
saziati’, è molto chiara in questo senso. Così come la gente che cerca Gesù per
‘farlo re’: eleggiamo nostro sovrano colui che ci dà da mangiare, cioè colui
che soddisfa i nostri bisogni. Vedremo che quando Gesù comincerà a dire
chiaramente alcune cose che non corrispondono più alle aspettative della folla
a nessuno più verrà in mente di farlo re.
Ciò che fa e dice la gente in questo episodio mi richiama anche
un altro momento, all’inizio del vangelo di Luca, in cui Gesù deve combattere
contro tre tentazioni:
…il diavolo gli
disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane».
…Il diavolo lo
condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli
disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data
e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me,
tutto sarà tuo».
…Lo condusse a
Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei
Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà
ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; e anche: Essi ti
porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Lc
4, 3-12
Gesù cerca di avvicinare l’umanità per ‘tirare la corda’, come
si fa per accordare la chitarra, cioè tirare la sua gente verso Dio. Anche se
questo richiede uno sforzo: la nostra tendenza, la nostra frequenza, deve
essere innalzata per raggiungere la nota per cui siamo stati creati. Non basta
che ‘suoniamo’ qualcosa, bisogna che suoniamo la nota giusta. ‘Voi mi cercate
perché avete mangiato’ (nota sbagliata), io vi ho fatto vedere un segno, per
indicarvi verso quale obiettivo dovete tendere (la nota giusta)
Datevi
da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita
eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha
messo il suo sigillo».
L’altra stonatura che rileva Gesù è che noi ci preoccupiamo per
questa vita, mentre lui si preoccupa per la vita eterna. Ora che c’è Gesù, la
nota ‘sigillata’, la nota perfetta, dovrebbe essere più facile per noi sapere
verso cosa dobbiamo tendere.
Gli
dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù
rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha
mandato».
La difficoltà degli ascoltatori di Gesù nel capire quello che
sta dicendo è grande; Gesù sta indicando Dio, li sta invitando ad ascoltare la
sua musica, a contemplare ciò che ha fatto e sta facendo, e loro pensano a cosa
devono fare loro. Gesù indica la luna, la folla guarda il dito. L’intenzione
però è buona, vogliono darsi da fare e impegnarsi. Allora Gesù li invita a credere, cioè ad accordarsi con
la Nota principale. Come ho già detto molte volte, credere, come lo intende
Gesù, non è un atto intellettuale come lo consideriamo in occidente: credere
nell’esistenza di Dio. E’ invece tendere verso Dio, suonare all’unisono con
lui, diventare, come dice san Paolo ‘suoi familiari’. Noi abbiamo fatto
diventare il nostro essere cristiani una massa di doveri, azioni, opere, iniziative,
organizzazioni, precetti e norme (il nostro guardare il dito invece che la
luna). Servono anche queste, certamente, ma solo se sono i mezzi per facilitare
l’accordo con Dio, mentre a volte finiscono per sostituirlo. ‘Cosa dobbiamo
fare?’ chiede la folla a Gesù. Fidatevi, accordatevi, sintonizzatevi su ciò che
fa lui, risponde Gesù. In altre parole, non dobbiamo fare niente, è Dio che sta
già facendo. Se l’opera è di Dio, non siamo noi che dobbiamo farla, la fa lui.
Allora
gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera
fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto:
“Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in
verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre
mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui
che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Ancora il fare, stavolta richiesto a Gesù. Lui però coglie l’esempio
che gli viene presentato (ancora il cibo) perché si avvicina già di più alla
giusta accordatura, perché richiama un momento fondamentale della storia della
salvezza: Dio in azione, Dio che opera, Dio che libera il suo popolo dall’Egitto
e gli dona la manna come cibo. Gli eventi dell’Esodo rendono evidente la
presenza e l’azione di Dio, mentre il popolo lo segue. Siamo già sulla strada
giusta (anche se poi, lo abbiamo sentito nella prima lettura domenica scorsa,
il popolo ricomincia subito a lamentarsi se Dio non asseconda le sue
richieste), e in più il richiamo alla manna come pane dal cielo può essere
utilizzato da Gesù proprio per presentarsi lui stesso come l’opera di Dio, come
il segno richiesto, come il pane dal cielo.
Allora
gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono
il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà
sete, mai!».
Le corde cominciano a suonare in sintonia. E’ vero che in realtà
la gente chiede pane inteso come cibo materiale, ma tra poco scoprirà che è
proprio quello che Gesù vuole diventare per loro: un pane che però sia anche
presenza di Dio, un cibo che non sia solo per il corpo ma anche per l’anima e
che possa generare in chi lo riceve la vita eterna.
In realtà vedremo che quando Gesù approfondirà la sua proposta alcune corde
perderanno l’accordatura e altre addirittura si spezzeranno, ma per ora
accontentiamoci di questa sintonia che si sta creando. Anche perché otterrà, lo
vedremo, insieme a delle stonature anche delle bellissime sintonie.
L'analogia con l'accordatura è una tua idea o l'hai presa da qualche parte?
RispondiEliminaE' mia, almeno credo, ma più probabilmente è il richiamo di qualche cosa di simile letto da qualche parte. Non sono così originale.
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EliminaE' comunque geniale.
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