Lc 14, 25-33
Una
folla numerosa andava con Gesù.
Gesù è ormai famoso. Ha molti seguaci. Se allora ci fossero
stati i social network avrebbe avuto molti followers su Twitter e molti amici
su Facebook. Ma ora come allora queste cifre e questi numeri sono assai labili
e difficilmente esprimono un legame personale reale. Oggi il personaggio famoso
può usare questi numeri per ottenere prestigio e per mettere in moto interessi
economici e pubblicitari letteralmente sfruttando e usando i numeri di cui
dispone. Anche Gesù avrebbe potuto giocare su questi numeri per ottenere
potere, visibilità e gratificazione. Invece...
Egli
si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo
padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la
propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria
croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Curiosamente Gesù sembra fare di tutto per convincere i suoi
seguaci a lasciarlo. E non è l’unica occasione in cui lo fa:
Da allora molti dei suoi discepoli si
tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi
volete andarvene?”. Gv 6, 66-67
Gesù non cerca folle di seguaci. O meglio, non si lascia sviare
dalla fama e dagli ammiratori. Ha qualcosa da dire e da fare e lo dice e fa. Senza
curarsi se quello che dice e fa piace o no. Su un suo ipotetico profilo
Facebook all’inizio avrebbe avuto tantissimi like, ma a poco a poco si
sarebbero trasformati in pollici versi.
Ma Gesù tira dritto. Dice quel che deve
dire. Anche se i seguaci si diradano e aumentano perplessità e contrarietà. E le
cose che dice Gesù sono spesso davvero difficili e impegnative. Le stesse perplessità
della folla probabilmente sono anche le nostre. Abbiamo visto che anche gli
stessi discepoli sono sconcertati. Ma Gesù non cerca fama e gratificazioni,
anche se credo gli facesse piacere vedere tutta quella gente che lo cercava. Ma
lo cercava per cosa?
Quando la folla
vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si
diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare,
gli dissero: “Rabbì, quando sei venuto qua?”. Gesù rispose: “In verità, in
verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché
avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che
perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi
darà. Gv 6, 24-27
Credo che la parola chiave per capire ciò che Gesù propone sia molto impegnativa, anche se ahimè troppo abusata: Gesù chiede di
essere amato, non solo seguito. E non chiede l'amore del fan per il suo idolo, amore che non ha nulla di personale, perchè idolo e seguace non si incontreranno mai. Amare per
Gesù è qualcosa di totalizzante, unico, e profondamente personale. Lui amerà fino a dare la
vita. E chiede di essere amato con la stessa totalità. Ecco allora che i tanti
seguaci, che andavano da lui per ottenere qualcosa per sé (un miracolo, una
guarigione, una gratificazione), lo lasceranno poco a poco.
Ora però Gesù dice una cosa assai curiosa:
Chi
di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a
vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta
e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a
deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di
finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non
siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene
incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei
messaggeri per chiedere pace.
È come se Gesù volesse in qualche modo giustificare chi non è
capace di amarlo con quella totalità che lui richiede. ‘Se capite di non essere
in grado di fare quello che vi dico, piuttosto non impegnatevi. Ma non
seguitemi per finta. Non pensate di dichiararvi miei discepoli per poi amare
altri, seguire altri, tenermi in comproprietà con altri interessi e affetti^.
Credo che questa provocazione sia molto attuale. Certamente la tentazione di tenere il piede in due scarpe,
fino a sconfinare nell’ipocrisia che Gesù tanto detesta, è presente in tutta la
storia della chiesa. Ma oggi in particolare la nostra esasperazione del
personalismo tende proprio a portarci a usare cose e persone per accontentare
le nostre esigenze. Così ci porta a cercare in giro tutto ciò che ci gratifica,
ci piace e corrisponde ai nostri desideri, magari raccattando e mettendo
insieme realtà e anche fedi diverse, in un sincretismo che ha come unico
criterio se stessi. Così dal vangelo o dalla chiesa prendiamo quello che ci
serve e ci piace, lasciando il resto. E altro prendiamo da altre realtà che
possono esserne estranee o perfino contrarie. Come al supermercato. Ma Gesù non
vuole essere messo nel carrello della spesa come un qualunque altro bene di
consumo. Chiede di essere scelto come alimento principale oppure di essere
lasciato.
Così
chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Chi ama il padre
o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me
non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di
me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita
per causa mia, la troverà. Mt 10, 37-39
Ciò che è in ballo è la vita stessa. E Gesù senza mezze parole
presenta se stesso come la vita.
Gesù disse a Marta: “Io sono la
risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;. Gv 11, 25
E la vita (tanto più se è eterna) merita di essere in cima alla
lista della spesa. Tutto il resto viene dopo. Perché senza la vita tutto il
resto non sarebbe che polvere e nulla.
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