mercoledì 7 settembre 2016

Followers



Lc 14, 25-33

Una folla numerosa andava con Gesù.

Gesù è ormai famoso. Ha molti seguaci. Se allora ci fossero stati i social network avrebbe avuto molti followers su Twitter e molti amici su Facebook. Ma ora come allora queste cifre e questi numeri sono assai labili e difficilmente esprimono un legame personale reale. Oggi il personaggio famoso può usare questi numeri per ottenere prestigio e per mettere in moto interessi economici e pubblicitari letteralmente sfruttando e usando i numeri di cui dispone. Anche Gesù avrebbe potuto giocare su questi numeri per ottenere potere, visibilità e gratificazione. Invece...

Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

Curiosamente Gesù sembra fare di tutto per convincere i suoi seguaci a lasciarlo. E non è l’unica occasione in cui lo fa:

Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.  Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gv 6, 66-67

Gesù non cerca folle di seguaci. O meglio, non si lascia sviare dalla fama e dagli ammiratori. Ha qualcosa da dire e da fare e lo dice e fa. Senza curarsi se quello che dice e fa piace o no. Su un suo ipotetico profilo Facebook all’inizio avrebbe avuto tantissimi like, ma a poco a poco si sarebbero trasformati in pollici versi. 
Ma Gesù tira dritto. Dice quel che deve dire. Anche se i seguaci si diradano e aumentano perplessità e contrarietà. E le cose che dice Gesù sono spesso davvero difficili e impegnative. Le stesse perplessità della folla probabilmente sono anche le nostre. Abbiamo visto che anche gli stessi discepoli sono sconcertati. Ma Gesù non cerca fama e gratificazioni, anche se credo gli facesse piacere vedere tutta quella gente che lo cercava. Ma lo cercava per cosa?

Quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare, gli dissero: “Rabbì, quando sei venuto qua?”. Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Gv 6, 24-27


Credo che la parola chiave per capire ciò che Gesù propone sia molto impegnativa, anche se ahimè troppo abusata: Gesù chiede di essere amato, non solo seguito.  E non chiede l'amore del fan per il suo idolo, amore che non ha nulla di personale, perchè idolo e seguace non si incontreranno mai. Amare per Gesù è qualcosa di totalizzante, unico, e profondamente personale. Lui amerà fino a dare la vita. E chiede di essere amato con la stessa totalità. Ecco allora che i tanti seguaci, che andavano da lui per ottenere qualcosa per sé (un miracolo, una guarigione, una gratificazione), lo lasceranno poco a poco.

Ora però Gesù dice una cosa assai curiosa:

Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

È come se Gesù volesse in qualche modo giustificare chi non è capace di amarlo con quella totalità che lui richiede. ‘Se capite di non essere in grado di fare quello che vi dico, piuttosto non impegnatevi. Ma non seguitemi per finta. Non pensate di dichiararvi miei discepoli per poi amare altri, seguire altri, tenermi in comproprietà con altri interessi e affetti^.
Credo che questa provocazione sia molto attuale. Certamente la tentazione di tenere il piede in due scarpe, fino a sconfinare nell’ipocrisia che Gesù tanto detesta, è presente in tutta la storia della chiesa. Ma oggi in particolare la nostra esasperazione del personalismo tende proprio a portarci a usare cose e persone per accontentare le nostre esigenze. Così ci porta a cercare in giro tutto ciò che ci gratifica, ci piace e corrisponde ai nostri desideri, magari raccattando e mettendo insieme realtà e anche fedi diverse, in un sincretismo che ha come unico criterio se stessi. Così dal vangelo o dalla chiesa prendiamo quello che ci serve e ci piace, lasciando il resto. E altro prendiamo da altre realtà che possono esserne estranee o perfino contrarie. Come al supermercato. Ma Gesù non vuole essere messo nel carrello della spesa come un qualunque altro bene di consumo. Chiede di essere scelto come alimento principale oppure di essere lasciato.

Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Mt 10, 37-39

Ciò che è in ballo è la vita stessa. E Gesù senza mezze parole presenta se stesso come la vita.

Gesù disse a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;. Gv 11, 25

E la vita (tanto più se è eterna) merita di essere in cima alla lista della spesa. Tutto il resto viene dopo. Perché senza la vita tutto il resto non sarebbe che polvere e nulla.



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