giovedì 7 settembre 2017

chi precede e chi segue



Mt 16, 21-27

Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

È il suo programma. Non è solo un destino, ma una sua scelta consapevole anche se faticosa. E noi, ascoltando queste parole di Gesù di nuovo veniamo posti di fronte alla scelta se essere credenti o discepoli. Il credente crede in Dio, ma può farlo a modo suo, se vuole. Può anche solo credere che esista e basta. Oppure può credere che faccia le sue cose più o meno a nostra insaputa. Solamente credere non implica un seguire o un obbedire.
Il problema di Pietro inoltre è che quando si comincia ad essere affezionati a qualcuno si vorrebbe che per lui tutto vada nel modo migliore. È una cosa molto bella in sé. Ma contiene un grosso rischio: che ‘il modo migliore’ siamo noi a deciderlo.

Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai».

Dire ‘Dio non voglia’ quando appena un momento prima il Figlio di Dio ha comunicato quello che vuole è veramente un bel paradosso. Ma la situazione è ancora più complicata, perché Gesù stesso, come Figlio diventato uomo, sta faticando lui stesso ad accettare il progetto del Padre. Lo conosce e lo riconosce, ma umanamente è faticoso per lui. Lo si vedrà bene più tardi nell’orto del Getsemani:

…si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu! … E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà”. Mt 26, 39-42


Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

Poco prima Gesù aveva gratificato Pietro di un altissimo complimento:

…Gesù disse loro: “Voi chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. 16, 13-20
 
E ora Pietro stesso viene chiamato Satana. Da beato a satana in meno di un minuto. Gesù era stato molto contento che Pietro lo avesse riconosciuto per quello che è. Ma questo implica anche l’accettarlo per quel che è. Si può anche credere che Cristo sia il Figlio di Dio e poi non seguirlo. Giacomo nella sua lettera aveva sottolineato così questo concetto:

Tu credi che c'è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! Gc 2, 19

Lo credono ma certo non lo seguono. Ai suoi discepoli Gesù chiede di seguirlo, non solo di riconoscerlo.

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.  Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Seguire significa stare dietro, non davanti. ‘Va’ dietro a me!’. Se si sta davanti a Cristo lo si fa inciampare (questo significa il termine greco skandalon), si ostacola il suo cammino. È molto di più che dare genericamente cattivo esempio, è proprio intralciare Dio. Ecco perché Pietro viene chiamato Satana. Perché impedisce a Cristo di fare quello che deve: salvare l’uomo con il proprio sacrificio. 


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