venerdì 9 novembre 2012

amerai




Si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».

Domanda semplice e allo stesso tempo fondamentale. Qual è  la cosa più importante? Anzì, non solo la cosa più importante, ma quella da fare prima di ogni altra cosa. Non viene chiesto a Gesù quale sia la verità di fede principale a cui aderire. Un comandamento deve essere eseguito, non solo creduto.

Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”.

Gesù cita lo Shemà Israel, la professione di fede ebraica nell’Unico Signore:

Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Dt 6, 1-8


Il primo è: Amerai il Signore tuo Dio.
Non ‘adorerai’, ‘crederai’, ‘rispetterai’ o ‘venererai’. L’accento è posto sull’amare, che è un atteggiamento profondo, personale, affettivo, non solo intellettuale. Ed è un atteggiamento che richiede un rapporto personale, una personale conoscenza reciproca.



Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.

Gli viene chiesto il comandamento principale e Gesù ne definisce due, strettamente legati ma con un differente grado di rilevanza. Amare Dio è il primo. Amare il prossimo è il secondo. Nel secondo comandamento è sottinteso un terzo, o meglio una condizione essenziale: amare se stessi. Se non si ama se stessi non è possibile amare gli altri come se stessi. E se non si ama Dio non si è capaci ci amare pienamente gli altri. Se non altro perché certamente Dio conosce degli altri e pure di noi stessi delle cose che noi stessi non conosciamo. E poi perché lui è il modello:

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Gv 13, 34

Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dicesse: “Io amo Dio”, e odiasse il suo fratello, sarebbe un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello. I Gv 5, 19-21

Non c’è altro comandamento più grande di questi.

Non l’organizzazione, non le iniziative, neppure tutte le opere realizzabili. E sto pensando anche a tutte le organizzazioni, iniziative e opere della Chiesa Cattolica. A volte ci complichiamo la vita con miriadi di attività e dimentichiamo quelle essenziali. Che peraltro devono poi essere espresse in pratica, non restare solo parole. Allora le opere, le strutture e le iniziative devono essere i modi concreti con cui si realizza il comandamento di amare Dio e gli altri. Quando sono fini a se stesse, come fossero delle cose da perpetuare perché ‘abbiamo sempre fatto così’ oppure per mantenere o ottenere solo visibilità, occorre avere il coraggio di fermarle, magari verificarne il senso e se possibile migliorarle.


Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».

La sottolineatura dello scriba è importante: amare Dio e il prossimo vale più di tutte le altre opere. O, se vogliamo, le altre opere hanno senso solo se sono il modo concreto con cui si esprime l’amore verso Dio e verso gli altri.
Aggiungerei ancora una cosa: i tre ‘amerai’ non sono intercambiabili e classificabili diversamente da come li ha esposti Gesù. C’è un primo e un secondo. E non è sufficiente sceglierne uno a scapito degli altri. Se mi limito ad amare me stesso rischio di finire nell’egoismo. Se amo solo Dio e non mi occupo degli altri l’equilibrio si rompe. Credo che conosciamo tutti delle persone impegnatissime in opere religiose ma che trattano malissimo le persone che incontrano. Così come se mi occupo degli altri e non di Dio scombino il quadro. Anche in questo caso conosciamo certamente persone che si dedicano agli altri anche come surrogato del rapporto con Dio. È vero che Gesù stesso si identifica con le persone a cui abbiamo dedicato attenzione, ma questa è una sua iniziativa, non deve diventare la scusa per non occuparci di lui. Dio ha diritto (e forse anche bisogno) di essere amato tanto e magari più degli altri.

Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. 


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