mercoledì 24 settembre 2014

Scontro



Pubblico un secondo articolo di Umberto Eco, scritto pochi giorni dopo il precedente, perchè mi sembra ancora più attuale, dopo le notizie di questi giorni.

Scenari di una guerra globale

di UMBERTO ECO


La questione che agita la coscienza di tutti in questi giorni non è se il terrorismo sia bene o male e se vada debellato, anche in modo violento: su questo, almeno in occidente e in molti paesi arabi, il consenso è unanime, e persino un pacifista ammette che una dose di violenza sia indispensabile in ogni reazione di legittima difesa. Altrimenti non dovrebbero esistere neppure le forze di polizia, e non si dovrebbe usare violenza a chi sta sparando sulla folla. I veri problemi sono altri due: se la guerra sia la forma giusta di violenza e se lo scontro che ci attende debba diventare uno scontro di civiltà, o di culture che dir si voglia, ovvero una guerra tra oriente e occidente. D'ora in poi userò l'espressione "guerra E/O" per comodità, così come durante la guerra fredda, con molta flessibilità geografica, si consideravano Est la Cecoslovacchia e Ovest la Finlandia, Est la Cina e Ovest il Giappone. E naturalmente, parlando di un confronto tra mondo cristiano e mondo musulmano, metto tra i cristiani tutti gli occidentali, anche gli atei e gli agnostici, così come nel mondo musulmano porremo anche fedeli di poca fede, che bevono vino di nascosto curandosi pochissimo del Corano.

Da un lato le operazioni di guerra possono spingere le masse fondamentaliste a oriente a prendere il potere nei vari stati musulmani, anche quelli che oggi appoggiano gli Stati Uniti, dall'altro, l'intensificarsi di attentati insostenibili può spingere le masse occidentali a considerare l'Islam nel suo complesso come il nemico. Dopo di che si avrebbe lo scontro frontale, l'Armageddon decisivo, l'urto finale tra le forze del Bene e quelle del Male (e ciascuna parte considererebbe male la parte opposta). Non è uno scenario impossibile. Quindi, come tutti gli scenari, deve essere delineato sino alle sue ultime conseguenze.

Ammetto che per farlo bisogna esercitare l'arte della fantascienza, ma anche il crollo delle due torri era stato anticipato da molta fantascienza cinematografica, e dunque gli scenari fantascientifici, se pure non dicono quello che necessariamente avverrà, certamente servono a dire quello che potrebbe avvenire.
Scontro frontale, dunque, come nel passato. Ma nel passato c'era un'Europa ben definita nei suoi confini, con il Mediterraneo tra cristiani e infedeli, e i Pirenei che tenevano isolata la propaggine occidentale del continente, ancora in parte araba. Dopo di che lo scontro poteva assumere due forme, o l'attacco o il contenimento.

L'attacco è stato costituito dalle Crociate, ma si è visto che cosa è successo. L'unica crociata che ha portato a una effettiva conquista (con l'installazione di regni franchi in Medio Oriente) è stata la prima. Poi per un secolo e mezzo (tornata Gerusalemme in mano ai musulmani) ce ne sono state altre sette, senza considerare spedizioni fanatiche e dissennate come la cosiddetta crociata dei fanciulli. In ciascuna di esse la risposta all'appello di San Bernardo o dei pontefici è stata stanca e confusa: la seconda crociata era male organizzata, la terza ha visto il Barbarossa morire per strada, francesi e inglesi arrivare sulle coste nemiche e, dopo qualche conquista e qualche patteggiamento, tornarsene a casa. Nella quarta i cristiani si sono dimenticati Gerusalemme e si sono fermati a saccheggiare Costantinopoli. La quinta e la sesta sono state praticamente due viaggi di andata e ritorno. Nella settima e nell'ottava il buon San Luigi si è battuto bene sulle coste, ma non ha ottenuto nulla di consistente, ed è morto laggiù. Fine delle crociate.

L'unica operazione militare riuscita è stata più tardi la Reconquista della Spagna, ma non era una spedizione oltremare, bensì una lotta di riunificazione nazionale (un poco come il Piemonte col resto dell'Italia), che non ha risolto il confronto tra i due mondi, bensì ne ha semplicemente spostato la linea di confine.

Quanto al contenimento, si sono fermati i turchi davanti a Vienna, si è vinto a Lepanto, si sono erette torri sulle coste per avvistare i pirati saraceni, e si è andati avanti così per qualche secolo. I turchi non hanno conquistato l'Europa, ma il confronto è rimasto. Dopo di che si assiste negli ultimi secoli a un nuovo confronto: l'occidente attende che l'oriente s'indebolisca e lo colonizza. Come operazione è stata certamente coronata da successo, e per lungo tempo, ma i risultati li vediamo oggi. Il confronto non è stato eliminato, bensì acuito.
Si potrebbe dire che in fin dei conti l'occidente ha avuto la meglio, l'Europa non è stata invasa dagli uomini col turbante e la scimitarra, e questi, a casa propria, sono stati indotti ad accettare in gran parte la tecnologia occidentale. Potrebbe essere considerato un successo, se non fosse che è grazie alla tecnologia occidentale che Bin Laden è riuscito a far crollare le due torri. Immagino che i produttori occidentali di armi, ogni volta che riescono a vendere alta tecnologia bellica in oriente, si freghino le mani e per celebrare acquistino una nuova barca lunga cento metri. Se vi va bene così, allora allegri ragazzi, avete vinto.

Ma sino ad ora ho mancato alla mia promessa, ed ho parlato di storia, non di fantascienza. Passiamo alla fantascienza, che ha il consolante vantaggio di non essere ancora vera nel momento in cui viene immaginata. Allora, si ripropone lo scontro frontale, ovvero la Guerra E/O. Che cosa avrebbe questo scontro di diverso rispetto ai confronti del passato? Ai tempi delle crociate il potenziale bellico dei musulmani non era tanto dissimile da quello dei cristiani, spade e macchine ossidionali erano a disposizione di entrambi. Oggi l'occidente è in vantaggio quanto a tecnologia di guerra. E' vero che il Pakistan, in mano ai fondamentalisti, potrebbe usare l'atomica, ma al massimo riuscirebbe, diciamo, a radere al suolo Parigi, e subito le sue riserve nucleari verrebbero distrutte. Se cade un aereo americano ne fanno un altro, se cade un aereo siriano avrebbero difficoltà ad acquistarne uno nuovo in occidente. L'Est rade al suolo Parigi e l'Ovest getta una bomba atomica sulla Mecca. L'Est diffonde il botulino per posta e l'Ovest gli avvelena tutto il deserto d'Arabia, come si fa coi pesticidi nei campi sterminati del Midwest, e muoiono persino i cammelli. Benissimo. Non sarebbe neppure una cosa troppo lunga, un anno al massimo, poi si continua tutti con le pietre, ma loro avrebbero forse la peggio.

Salvo che c'è un'altra differenza rispetto al passato. Ai tempi delle crociate i cristiani non avevano bisogno del ferro arabo per fare le loro spade, né i musulmani del ferro cristiano. Oggi invece anche la nostra tecnologia più avanzata vive sul petrolio, e il petrolio ce l'hanno loro, almeno per la maggior parte. Loro da soli, specie se gli bombardi i pozzi, non ce la fanno più ad estrarlo, ma noi rimaniamo senza. A meno che non si paracadutino milioni di soldati occidentali a conquistare e presidiare i pozzi, ma a quel punto sarebbero loro a farli saltare, e poi una guerra per via di terra, da quelle parti, non è così facile.

L'occidente dovrebbe dunque ristrutturare tutta la sua tecnologia in modo da eliminare il petrolio. Visto che ancora oggi non siamo riusciti a fare un automobile elettrica che vada a più di ottanta chilometri all'ora e non impieghi una notte per ricaricarsi, non so quanto tempo questa riconversione prenderà. Anche a propellere aerei e carri armati, e a far funzionare le nostre centrali elettriche, a energia atomica, senza calcolare la vulnerabilità delle nuove centrali, ci vorrebbe molto tempo. Poi vorrei vedere se le Sette Sorelle ci stanno. Non mi stupirei se dei petrolieri occidentali, pur di continuare a fare profitti, fossero pronti ad accettare un mondo islamizzato.

Ma la cosa non finisce qui. Ai bei tempi andati i saraceni stavano da una parte, oltremare, e i cristiani dall'altra. Se durante le crociate due arabi (magari travestiti) avessero tentato di erigere una moschea a Roma, gli avrebbero tagliato la gola e non ci avrebbero più riprovato. Oggi invece l'Europa è piena di islamici, che parlano le nostre lingue e studiano nelle nostre scuole. Se già oggi alcuni di loro si allineano coi fondamentalisti di casa loro, immaginiamoci se si avesse la Guerra E/O. Sarebbe la prima guerra col nemico sistemato in casa e assistito dalla mutua.
Si badi bene che lo stesso problema si porrebbe al mondo islamico, che ha a casa propria industrie occidentali, e addirittura enclaves cristiane come l'Etiopia. Siccome il nemico è per definizione cattivo, tutti i cristiani d'oltremare li diamo per perduti. La guerra è guerra. Sono già in partenza carne da foiba. Poi li canonizzeremo tutti in piazza San Pietro.
Che cosa facciamo invece a casa nostra? Se il conflitto si radicalizza oltre misura, e crollano altri due o tre grattacieli, o addirittura San Pietro, si avrà la caccia al musulmano. Una sorta di notte di San Bartolomeo, o di Vespri Siciliani: si prende chiunque abbia i baffi e la carnagione non chiarissima e lo si sgozza. Si tratta di ammazzare milioni di persone, ma ci penserà la folla senza scomodare le forze armate. Naturalmente bisognerebbe vedere se si sgozza anche un arabo cristiano, o un siciliano che non ha gli occhi azzurri da normanno, ma noi siamo così politicamente corretti che sulla carta d'identità non sta scritto se sei cristiano o musulmano, e poi bisogna diffidare anche di europei biondi che si sono fatti infedeli. Come si era detto nella guerra contro gli albigesi, per ora ammazzateli tutti, poi Dio riconoscerà i suoi. D'altra parte non puoi rischiare di fare una guerra planetaria e lasciar rimanere a casa tua anche un solo fondamentalista che poi va a fare il kamikaze in una stazione.

Potrebbe prevalere la ragione. Non si sgozza nessuno. Ma anche i liberalissimi americani, all'inizio della seconda guerra mondiale, hanno messo in campo di concentramento, sia pure con molta umanità, tutti i giapponesi che avevano in casa, anche se erano nati laggiù. Quindi (e sempre senza guardare per il sottile) si vanno a individuare tutti coloro che potrebbero essere musulmani - e se sono, per esempio, etiopici cristiani pazienza, Dio riconoscerà i suoi - e li si mettono da qualche parte. Dove? A fare dei campi di prigionia, con la quantità di extracomunitari che girano per l'Europa, si avrebbe bisogno di spazio, organizzazione, sorveglianza, cibo e cure mediche insostenibili, senza contare che quei campi sarebbero delle bombe pronte a esplodere, se appena ne metti mille insieme, e non puoi fare dei campi per gruppi di quattro persone alla volta.
Oppure li si prende, tutti (e non è facile, ma guai se ne resta appena uno, e bisogna farlo subito, in un colpo solo), li si carica su una flotta di navi da trasporto e si scaricano... Dove? Si dice "scusi signor Gheddafi, scusi signor Hussein, mi prende per favore questi tre milioni di turchi che cerco di sbatter fuori dalla Germania"? L'unica soluzione sarebbe quella degli scafisti, li si buttano a mare. Milioni di cadaveri a galla sul Mediterraneo. Voglio vedere il governo che decide di farlo, altro che desaparecidos, persino Hitler massacrava poco alla volta e di nascosto.
Come alternativa, visto che siamo buoni, li lasciamo stare tranquilli a casa nostra, ma dietro a ciascuno mettiamo un agente della Digos che lo sorvegli. E dove trovi tanti agenti? Li arruoli tra gli extracomunitari? E se poi ti viene il sospetto che è venuto negli Stati Uniti, dove le compagnie aeree, per risparmiare, facevano fare i controlli aeroportuali a immigrati dal terzo mondo, e poi gli è venuto in mente che non fossero affidabili?

Naturalmente tutte queste riflessioni potrebbe farle, dall'altra parte della barricata, un musulmano ragionevole. Il fronte fondamentalista non sarebbe certo del tutto vincente, una serie di guerre civili insanguinerebbe i loro paesi portando a orribili massacri, i contraccolpi economici ricadrebbero anche su di loro, avrebbero meno cibo e meno medicine delle poche che hanno oggi, morirebbero come mosche. Ma se si parte dal punto di vista di uno scontro frontale, non ci si deve preoccupare dei loro problemi bensì dei nostri.

Tornando dunque all'Ovest, si creerebbero all'interno del nostro schieramento gruppi filoislamici non per fede ma per opposizione alla guerra, nuove sette che rifiutano la scelta dell'occidente, ghandiani che incrocerebbero le braccia e si rifiuterebbero di collaborare coi loro governi, fanatici come quelli di Waco che inizierebbero (senza essere fondamentalisti musulmani) a scatenare il terrore per purificare l'occidente corrotto.

Ma non è indispensabile pensare solo a queste frange. Sto pensando alla maggioranza. Accetterebbero tutti la diminuzione dell'energia elettrica senza neppure poter ricorrere alle lampade a petrolio, l'oscuramento fatale dei mezzi di comunicazione e quindi non più di un'ora di televisione al giorno, i viaggi in bicicletta anziché in automobile, i cinematografi e le discoteche chiuse, la coda ai McDonalds per avere la razione giornaliera di una fettina di pane di crusca con una foglia d'insalata, insomma la cessazione di una economia della prosperità e dello spreco? Figuriamoci che cosa importa a un afgano o a un profugo palestinese vivere in economia di guerra, per loro non cambierebbe nulla. Ma noi? A quale crisi di depressione e demotivazione collettiva si andrebbe incontro? Saremmo disposti ad accettare l'appello di un nuovo Churchill che ci promettesse lacrime e sangue? Ma se noi italiani, dopo vent'anni di propaganda fascista sulla nostra missione di civiltà, arrivati a un certo punto eravamo contenti di perdere la guerra purché finissero i bombardamenti! Va bene che noi aspettavamo in cambio gli americani buoni con le loro razioni, mentre ora si aspetterebbero i saraceni cattivi che ammazzerebbero preti e frati e metterebbero il velo alle nostre donne, ma saremmo così motivati da accettare ogni sacrificio?
Non si creerebbero per le strade di Europa cortei di oranti che attendono disperati e passivi l'Apocalisse? Abbiamo ammirato la tenuta e l'energia patriottica degli americani dopo la tragedia dell'undici settembre ma, con tutto lo sdegno e la solidarietà che provano, hanno ancora la loro bistecca, la loro automobile e, per chi ha coraggio, le loro linee aeree. E se la crisi petrolifera provocasse il black out, la mancanza di Coca Cola e di Big Mac, la visione di supermarket deserti con appena là un pomodoro e qua una scatoletta di carne scaduta, come si è visto in certi paesi dell'est europeo nei momenti di massima crisi? Quanto si identificherebbero ancora con l'occidente i neri di Harlem, i diseredati del Bronx, i chicanos della California, i Caldei dell'Ohio (sì, ci sono e li ho visti, coi loro abiti e i loro riti)?
L'occidente (e l'America più di tutti) ha fondato la sua forza e la sua prosperità accogliendo a casa propria gente di ogni razza e colore. In caso di confronto frontale, quanto reggerebbe il melting pot?
Infine, che cosa farebbero i paesi dell'America Latina, dove molti, senza essere musulmani, hanno elaborato sentimenti di rancore verso i gringos, tanto che anche laggiù, dopo la caduta delle due torri, c'è chi sussurra che i gringos se la sono cercata?
Insomma, la guerra E/O potrebbe certo vedere un Islam meno monolitico di quello che si pensa, ma certo vedrebbe una cristianità frammentata e nevrotica, dove pochissimi si candiderebbero a essere i nuovi Templari, ovvero i kamikaze dell'occidente.

Questi scenari di fantascienza non li sto inventando io, ora. Anche senza prevedere una guerra totale, ma soltanto un black out accidentale, una trentina di anni fa Roberto Vacca aveva delineato scenari apocalittici nel suo Il medioevo prossimo venturo.

Ripeto: ho delineato uno scenario fantascientifico, e naturalmente spero come tutti che non si avveri. Ma era per dire che, ragionando a filo di logica, questo potrebbe avvenire se scoppiasse una guerra E/O. Tutti gli incidenti che ho previsto derivano dal fatto che esiste la globalizzazione, e in questo quadro interessi ed esigenze delle forze in conflitto sarebbero strettamente intrecciati, come già lo sono, in un gomitolo che non può essere sgomitolato senza distruggerlo.

Il che significa che nell'era della globalizzazione una guerra globale è impossibile, ovvero che porterebbe alla sconfitta di tutti.

(15 ottobre 2001)

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