domenica 8 febbraio 2015

Pandemonio



Giobbe parlò e disse:
«L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi giorni non sono come quelli d’un mercenario?
Come lo schiavo sospira l’ombra
e come il mercenario aspetta il suo salario,
così a me sono toccati mesi d’illusione
e notti di affanno mi sono state assegnate.
Gb 7, 1-4


La prima lettura di questa domenica, dal libro di Giobbe, mi ha fatto venire in mente questa canzone:


traduzione per i non piemontesi:

Pandemonio
in una strada solitaria
un frastuono che somiglia
a un crollo di un parquet
e un carro trainato da due bestie
questo pomeriggio agreste passa lì davanti a me.
Una cicca in bocca corta quasi che si brucia,
lui impreca e si arrabbia per farle camminare.
Quando mi ha visto quasi per chiedermi scusa
ha chinato la testa per salutare.
E io lo guardo e lui pian piano se ne va via
lasciandosi dietro una scia di mosche da letamaio.
E io sto lì seduto su una pietra
gioco con un pugno di ghiaia
faccio finta di centrare un bersaglio.
C’è un’afa, un calore che mi riempie di sudore,
profumo, forse un odore, di grano appena mietuto,
e io andrei a dormire ma non posso
devo andare a voltare il fieno nel campo del mio padrone.
Passa a prendermi, tra un po’ spunta di là,
andiamo nei suoi prati, mi ha preso da manovale,
ma se un giorno, se un giorno sarò padrone anch’io
ti giuro che a quest’ora andrò a dormire.
E queste mosche porche mi danno una noia
sto qui ma non ho voglia nemmeno di respirare,
se il diavolo venisse a prendermi adesso
per me sarebbe lo stesso, mi toglierebbe dal faticare.


Nessun commento:

Posta un commento