Gv 2, 1-11
la
madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».
Mentre in tutto l’episodio non si fa cenno alla sposa, Maria ha
un ruolo importante. È lei che si accorge della mancanza di vino. È lei che
prende l’iniziativa. È lei che provoca la reazione del figlio ed è da lei che
arriva l’indicazione operativa che porterà alla soluzione del problema. Ma che
ruolo simbolico ha Maria in questo quadro? C’è un testo che vale la pena di
leggere e che può darci uno spunto:
Maria e la Chiesa sono una sola e molte
madri, una sola e molte vergini. Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue
concepiscono per opera dello Spirito santo, ambedue danno al Padre figli senza
peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo, la Chiesa
nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il corpo. Tutt'e due
sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l'altra. Perciò
giustamente nelle Scritture quel ch'è detto in generale
della vergine madre Chiesa, s'intende singolarmente della vergine madre Maria;
e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in
generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d'una delle due, può
essere inteso indifferentemente dell'una e dell'altra. Anche la singola anima
può essere considerata come Sposa del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di
Cristo, vergine e feconda. Viene detto dunque in generale per la Chiesa, in
modo speciale per Maria, in particolare anche per l'anima fedele.
Dai
«Discorsi» dell’abate Isacco della Stella (Disc. 51)
Isacco mette in relazione Maria con la Chiesa, mentre io ho
sempre parlato dell’umanità come sposa. Diciamo che la Chiesa è la parte umana
della sposa consapevole (con alti e bassi) del suo rapporto con lo sposo, mentre c’è una parte che
è ugualmente sposa ma non lo sa, che sono tutti coloro che della Chiesa non
fanno parte. Maria è la ‘donna’ (infatti così la chiama Gesù), la sposa
perfetta e immagine della sposa totale che è la Chiesa e in ultima analisi
l’umanità. Attraverso di lei cominciamo a capire qual è il nostro ruolo. Non
siamo solo spettatori della salvezza, delle nozze. Se siamo la sposa abbiamo
anche noi la nostra parte da svolgere.
Un matrimonio per essere valido ed efficace richiede la
consapevolezza di entrambi gli sposi, la sposa deve essere attenta a quel che
succede, a quel che c’è e a quel che manca, non solo spettatrice. E qual è la
prima cosa che, se consideriamo la nostra vita, risulta evidente (a qualcuno di
più e a qualcuno di meno)? Che manca la gioia. O meglio, ce n’è un po’ ma va e viene, e prima
o poi finisce. E ci sono momenti in cui la gioia non riusciamo proprio a
sentirla (come ho sentito dire l’altro ieri: ‘come si fa ad essere gioiosi di
lunedì?’).
‘Non hanno vino’.
E
Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».
È vero che “Dio sa di quali cose abbiamo bisogno ancor
prima che gliele chiediamo” (Mt 6,7), ma ugualmente ha senso che gliele
chiediamo, se ci teniamo e se le riteniamo importanti e necessarie. Se la sposa
ha veramente bisogno di qualcosa dallo sposo, non starà lì passiva ad
aspettare, ma chiederà, e se necessario insisterà fino a ottenerlo.
Se uno di voi ha un amico e va da lui
a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico
da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli
risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a
letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si
alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono
almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato,
cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi
cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli
chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto
del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Lc 11,
5-11
La sposa insiste, anche a costo di sentirsi rispondere male. Non
è ancora l’ora, dice lo sposo. Che significa? L’ora del ‘matrimonio’ sarà
quella in cui Gesù muore in croce per salvare/sposare l’umanità. È interessante
notare come Giovanni citi Maria solo due volte nel suo vangelo, e tutte e due
le volte lei è chiamata ‘donna’; e l’altro episodio che la vede
protagonista è proprio il momento della morte di Gesù:
Gesù allora,
vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla
madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua
madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Gv 19, 26-27
Sua
madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Anche se non è ancora l’ora definitiva, la sposa può già permettersi
di ottenere l’attenzione dello sposo. E in qualche modo può permettersi di
costringerlo ad agire dando lei le istruzioni ai servi. Dopotutto Gesù non è
venuto nel mondo per iniziare questa salvezza e preparare le condizioni per
questo incontro? E Gesù non è Dio stesso fatto uomo proprio per facilitare
l’incontro con lui?
‘fate quello che vi
dirà’.
Ecco allora che abbiamo scoperto quali sono le cose che noi, la
sposa, su suggerimento della sposa per eccellenza che è Maria, dobbiamo fare
nonostante i nostri limiti: fargli la corte, suscitare il suo interesse e la
sua attenzione, e se necessario insistere, ma soprattutto fare tutto quello che
lui ci dice (non dire noi a lui cosa deve fare, come ahimè facciamo spesso).
E finalmente siamo arrivati all’intervento dello sposo.
Vi
erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei,
contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite
d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo.
Raramente Gesù fa le cose da solo e ci lascia a fare gli
spettatori. Vuole che facciamo la nostra parte, fosse anche solo mettergli a
disposizione dei pani e dei pesci (Lc 9, 12-17) o un nostro sforzo personale (Mt
18, 24-27. Lc 5-4-7). In questo caso tocca a noi mettere l’acqua.
È curioso però notare qual è l’acqua che Gesù chiede di usare. Le
anfore di pietra a cui fa riferimento servivano ‘per la purificazione’.
Contenevano cioè non l’acqua che veniva usata per bere, ma quella che veniva
usata per lavarsi mani e piedi. È un po’ come se Gesù avesse chiesto di
riempire d’acqua i lavandini dei bagni.
Insomma, fuor di metafora, Gesù ci sta chiedendo di mettergli a
disposizione ciò che abbiamo, per quanto limitato (e anche sporco) sia:
la nostra stessa vita. Non pulita, non limpida, non vino. Manca qualcosa che
dia gusto, gioia e felicità. Abbiamo sì l’essenziale per sopravvivere, ma non per
vivere felici. Allora lo sposo ci aggiunge quello che solo lui può dare:
Disse
loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed
essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che
dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i
servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti
mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto,
quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo,
a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la
sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
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