martedì 9 maggio 2023

acqua e vino - 2


Gv 2, 1-11

la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino».

Mentre in tutto l’episodio non si fa cenno alla sposa, Maria ha un ruolo importante. È lei che si accorge della mancanza di vino. È lei che prende l’iniziativa. È lei che provoca la reazione del figlio ed è da lei che arriva l’indicazione operativa che porterà alla soluzione del problema. Ma che ruolo simbolico ha Maria in questo quadro? C’è un testo che vale la pena di leggere e che può darci uno spunto:

Maria e la Chiesa sono una sola e molte madri, una sola e molte vergini. Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera dello Spirito santo, ambedue danno al Padre figli senza peccato. Maria senza alcun peccato ha generato al corpo il Capo, la Chiesa nella remissione di tutti i peccati ha partorito al Capo il corpo. Tutt'e due sono madri di Cristo, ma nessuna delle due genera il tutto senza l'altra. Perciò giustamente nelle Scritture quel ch'è detto in generale della vergine madre Chiesa, s'intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice d'una delle due, può essere inteso indifferentemente dell'una e dell'altra. Anche la singola anima può essere considerata come Sposa del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di Cristo, vergine e feconda. Viene detto dunque in generale per la Chiesa, in modo speciale per Maria, in particolare anche per l'anima fedele.
Dai «Discorsi» dell’abate Isacco della Stella (Disc. 51)

Isacco mette in relazione Maria con la Chiesa, mentre io ho sempre parlato dell’umanità come sposa. Diciamo che la Chiesa è la parte umana della sposa consapevole (con alti e bassi) del suo rapporto con lo sposo, mentre c’è una parte che è ugualmente sposa ma non lo sa, che sono tutti coloro che della Chiesa non fanno parte. Maria è la ‘donna’ (infatti così la chiama Gesù), la sposa perfetta e immagine della sposa totale che è la Chiesa e in ultima analisi l’umanità. Attraverso di lei cominciamo a capire qual è il nostro ruolo. Non siamo solo spettatori della salvezza, delle nozze. Se siamo la sposa abbiamo anche noi la nostra parte da svolgere.
Un matrimonio per essere valido ed efficace richiede la consapevolezza di entrambi gli sposi, la sposa deve essere attenta a quel che succede, a quel che c’è e a quel che manca, non solo spettatrice. E qual è la prima cosa che, se consideriamo la nostra vita, risulta evidente (a qualcuno di più e a qualcuno di meno)? Che manca la gioia. O meglio, ce n’è un po’ ma va e viene, e prima o poi finisce. E ci sono momenti in cui la gioia non riusciamo proprio a sentirla (come ho sentito dire l’altro ieri: ‘come si fa ad essere gioiosi di lunedì?’).
Non hanno vino’.

E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora».

È vero che “Dio sa di quali cose abbiamo bisogno ancor prima che gliele chiediamo” (Mt 6,7), ma ugualmente ha senso che gliele chiediamo, se ci teniamo e se le riteniamo importanti e necessarie. Se la sposa ha veramente bisogno di qualcosa dallo sposo, non starà lì passiva ad aspettare, ma chiederà, e se necessario insisterà fino a ottenerlo.

Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte a dirgli: Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti; e se quegli dall'interno gli risponde: Non m'importunare, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me, non posso alzarmi per darteli; vi dico che, se anche non si alzerà a darglieli per amicizia, si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono almeno per la sua insistenza. Ebbene io vi dico: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Lc 11, 5-11

La sposa insiste, anche a costo di sentirsi rispondere male. Non è ancora l’ora, dice lo sposo. Che significa? L’ora del ‘matrimonio’ sarà quella in cui Gesù muore in croce per salvare/sposare l’umanità. È interessante notare come Giovanni citi Maria solo due volte nel suo vangelo, e tutte e due le volte lei è chiamata ‘donna’; e l’altro episodio che la vede protagonista è proprio il momento della morte di Gesù:

Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Gv 19, 26-27



Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Anche se non è ancora l’ora definitiva, la sposa può già permettersi di ottenere l’attenzione dello sposo. E in qualche modo può permettersi di costringerlo ad agire dando lei le istruzioni ai servi. Dopotutto Gesù non è venuto nel mondo per iniziare questa salvezza e preparare le condizioni per questo incontro? E Gesù non è Dio stesso fatto uomo proprio per facilitare l’incontro con lui?
‘fate quello che vi dirà’.

Ecco allora che abbiamo scoperto quali sono le cose che noi, la sposa, su suggerimento della sposa per eccellenza che è Maria, dobbiamo fare nonostante i nostri limiti: fargli la corte, suscitare il suo interesse e la sua attenzione, e se necessario insistere, ma soprattutto fare tutto quello che lui ci dice (non dire noi a lui cosa deve fare, come ahimè facciamo spesso).
E finalmente siamo arrivati all’intervento dello sposo.

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo.

Raramente Gesù fa le cose da solo e ci lascia a fare gli spettatori. Vuole che facciamo la nostra parte, fosse anche solo mettergli a disposizione dei pani e dei pesci (Lc 9, 12-17) o un nostro sforzo personale (Mt 18, 24-27. Lc 5-4-7). In questo caso tocca a noi mettere l’acqua.
È curioso però notare qual è l’acqua che Gesù chiede di usare. Le anfore di pietra a cui fa riferimento servivano ‘per la purificazione’. Contenevano cioè non l’acqua che veniva usata per bere, ma quella che veniva usata per lavarsi mani e piedi. È un po’ come se Gesù avesse chiesto di riempire d’acqua i lavandini dei bagni.
Insomma, fuor di metafora, Gesù ci sta chiedendo di mettergli a disposizione ciò che abbiamo, per quanto limitato (e anche sporco) sia: la nostra stessa vita. Non pulita, non limpida, non vino. Manca qualcosa che dia gusto, gioia e felicità. Abbiamo sì l’essenziale per sopravvivere, ma non per vivere felici. Allora lo sposo ci aggiunge quello che solo lui può dare:

Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.








Nessun commento:

Posta un commento