giovedì 14 novembre 2013

dicono che non c'è resurrezione



Lc 20, 27-38

Si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi, i quali dicono che non c’è risurrezione

Dei sadducei (il cui nome deriva da Sadoc, il sacerdote che consacrò come re Salomone) ne dà una buona definizione wikipedia qui. Quello che è interessante e curioso è che questa corrente di pensiero ‘alternativa’ nella cultura ebraica del tempo di Gesù possa essere stata presente e accettata in un ambito che faceva della fede nella resurrezione la propria nota caratteristica (e certo non erano emarginati, se è dall’aristocrazia sadducea che spesso venivano scelte le figure dei sommi sacerdoti, e se ancora pochi anni dopo la morte di Gesù una parte del sinedrio, il massimo organo legislativo ebraico, era composta di sadducei).

Paolo, sapendo che una parte era di sadducei e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducei e l’assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. At 23, 6-8


Tendiamo a dare per scontato che una fede in Dio implichi automaticamente la fede in qualche forma di resurrezione o di sopravvivenza dell’anima dopo la morte. Invece nella religiosità ebraica hanno sempre convissuto queste due correnti, in forme e modi diversi, condividendo la fede nel Dio dei Padri ma non nella resurrezione dei morti. La resurrezione sarà, come si vede in questo testo, espressamente rivelata solo da Cristo.

gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».

Quello dei sadducei non pare un riferimento a una situazione realmente accaduta, ma un esempio creato ad hoc per porre la questione delle modalità della resurrezione. Gli interlocutori di Gesù fanno riferimento alla legge del levirato, promulgata nel libro del Duteronomio, ma presente anche in altre culture.

Quando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà con uno di fuori, con un estraneo. Suo cognato si unirà a lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere di cognato. Il primogenito che ella metterà al mondo, andrà sotto il nome del fratello morto, perché il nome di questi non si estingua in Israele. Ma se quell’uomo non ha piacere di prendere la cognata, ella salirà alla porta degli anziani e dirà: “Mio cognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del fratello; non acconsente a compiere verso di me il dovere di cognato”. Allora gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno. Se egli persiste e dice: “Non ho piacere di prenderla”, allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e proclamerà: “Così si fa all’uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello”. La sua sarà chiamata in Israele la famiglia dello scalzato. Dt 25, 5-10

Gesù coglie l’opportunità non tanto per entrare nella questione dei particolari della resurrezione, quanto per affermarne la reale possibilità.

Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.

Gesù rivela un particolare interessante: nella resurrezione non si è più sposati. Affermazione curiosa e un po' spiazzante: chi è sposato non sarà più sposato. Perchè? Se il fine della vita, a cui siamo invitati continuamente da Gesù, è amarci gli uni gli altri, nella resurrezione tutti ci troveremo finalmente nella situazione di poter amare tutti in modo completo, cosa che nella vita terrena è possibile realizzare solo verso pochissime persone (la moglie/il marito, i figli), e neppure sempre. Quindi nella resurrezione non sarà più necessario ‘prendere moglie e marito’, perché saremo innamorati di tutti. Se la resurrezione è la pienezza della vita, che ora possiamo realizzare solo parzialmente, sarà anche la pienezza dei legami, non più vincolati da limiti.


"In paradiso ci ameremo tutti e con un cuore puro, senza invidie né diffidenze, e non solo verso il marito o la moglie, i figli o i consanguinei, ma verso tutti, senza eccezioni né discriminazioni d’idioma, di nazionalità, razza o cultura" (San Paolino di Nola).

Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per mezzo di lui».

Per dare forza e autorevolezza all’affermazione della resurrezione, Gesù chiama in causa, da buon ebreo e da buon conoscitore dei sadducei, i libri che anch’essi considerano rivelati da Dio, in questo caso il libro dell’Esodo:

Mosè e il roveto ardente, monastero di Kizhi, Russia, sec. XVIII

Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Es 3, 1-6

Gesù dà quindi peso alle proprie parole legandole alla rivelazione stessa, a cui i sadducei davano in modo particolare importanza e  autorevolezza (non per nulla è appunto nella corrente sadducea che venivano spesso cercati i sommi sacerdoti, massima autorità ebraica), ma evidenziandone espressamente la prospettiva della resurrezione, che essi negavano.

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