mercoledì 10 agosto 2011

berlicche 4


Mio caro Malacoda,
le proposte da dilettante che appaiono nella tua ultima lettera mi suggeriscono che è ormai tempo che ti scriva esaurientemente sul penoso argomento della preghiera. Avresti potuto fare a meno di dire che il mio consiglio relativo alle sue preghiere per la madre ‘si è rivelato singolarmente sfortunato’. Non sono cose che un nipote dovrebbe permettersi di scrivere a suo zio, e neppure un tentatore jr. al Sottosegretario di una sezione. Quel tuo modo di fare rivela pure un desiderio spiacevole di scaricare le responsabilità. Devi imparare a pagare per le tue balordaggini.
La cosa migliore, per quanto possibile, sarebbe tenere il paziente completamente lontano da qualsiasi seria intenzione di pregare. Quando il paziente è un adulto riconvertito da poco al partito del nemico, come il tuo giovanotto, la cosa migliore è di incoraggiarlo a ricordare o di fargli pensare a un tipo di preghiera che richiama il modo pappagallesco con il quale pregava quando era fanciullo. Oppure lo si potrebbe persuadere a tendere a qualcosa che sia del tutto spontaneo, interiore, non formalistico, non regolarizzato. Ciò, per un principiante come lui, significherebbe di fatto uno sforzo per produrre in se stesso un umore vagamente devoto in cui non avrebbe parte alcuna la vera concentrazione della volontà e dell’intelletto. Uno dei loro poeti, il Coleridge, ha lasciato scritto che egli non pregava ‘movendo le labbra e piegati i ginocchi’, ma semplicemente con ‘lo spirito composto nell’amore’ e indulgendo a ‘un sentimento di supplica’. Esattamente il genere di preghiera che vogliamo noi. E dal momento che esso presenta una somiglianza superficiale con le preghiera del silenzio praticata da coloro che sono assai progrediti nel servizio del Nemico, pazienti intelligenti ma pigri possono venire irretiti da un tal genere di orazione per un tempo considerevole. Almeno li si può convincere che la posizione del corpo non ha influenza alcuna sulle loro preghiere; poiché essi dimenticano costantemente ciò che tu devi sempre ricordare, vale a dire che sono animali e che qualunque cosa i loro corpi facciano incide sulle loro anime. È buffo che i mortali ci rappresentino sempre come esseri che mettono loro in testa questa o quella cosa: in realtà il nostro lavoro migliore consiste nel tenere le cose fuori della loro testa.
Se questo non riesce, devi ripiegare sopra un più sottile indirizzo sbagliato della sua attenzione. Ogni volta che essi stanno servendo direttamente al Nemico noi siamo sconfitti, ma vi sono molte maniere per impedire loro di farlo. La più semplice è di stornare il loro sguardo da lui verso loro stessi. Fa’ in modo che si preoccupino della loro mente tentando di suscitarvi sentimenti per mezzo della volontà. Quando avessero intenzione di chiedere a lui la carità, fa’ in modo, invece, che comincino a tentare di fabbricarsi da sé sentimenti caritatevoli senza avere coscienza di ciò che stanno facendo. Quando avessero l’intenzione di pregare per ottenere il coraggio, fa’ in modo che di fatto si sforzino di sentirsi coraggiosi. Quando dicono che stanno pregando per ottenere il perdono, fa’ in modo che si sforzino di sentirsi perdonati. Insegna loro a stimare il valore di ciascuna preghiera a seconda del successo di essa nel produrre il sentimento desiderato. E che non abbiano mai il sospetto che un successo o un insuccesso di quel genere dipendono in gran parte dal fatto che in quel momento si sentono bene o si sentono male, sono pieni di energia oppure stanchi.
Ma è chiaro che nel frattempo il Nemico non starà in ozio. Dove c’è la preghiera c’è il pericolo della sua azione immediata. Egli è cinicamente indifferente alla dignità della sua posizione, e della nostra, come puri spiriti, e agli animali umani che si mettono in ginocchio egli riserva la conoscenza di se stesso senza alcun ritegno. Ma, dato pure che riesca a sconfiggere il tuo primo tentativo di direzione sbagliata, noi possediamo un’arma più sottile. Gli esseri umani non partono da quella percezione diretta di lui che noi, sfortunatamente, non possiamo evitare. Essi non hanno mai conosciuto quella orrenda luminosità, quel bagliore lacerante e bruciante che forma lo sfondo del dolore perenne della nostra vita. Se dai uno sguardo nella mente del tuo paziente mentre sta pregando, non vi trovi ciò. Se esamini l’oggetto al quale presta la sua attenzione ti accorgerai che si tratta di un oggetto composto che contiene molti ingredienti quanto mai ridicoli. Vi saranno immagini derivate da scene del Nemico quale appariva durante quell’ignobile episodio noto sotto il nome di Incarnazione; vi saranno immagini più vaghe (magari immagini del tutto barbare e puerili) associate con le altre due persone. Ve ne saranno alcune che si riferiranno perfino alla riverenza verso se stesso (non disgiunte dalle sensazioni corporali che l’accompagnano) oggettivata e attribuita all’oggetto riverito. Ho visto casi nei quali ciò che il paziente chiamava il suo ‘Dio’ era di fatto collocato su in alto, nell’angolo sinistro del soffitto della camera da letto, oppure nell’interno della sua testa, o in un crocefisso che pendeva dalla parete. Ma di qualsivoglia natura sia composto quell’oggetto, bisogna che egli si fissi nel pregare ad esso, a quella cosa che lui stesso ha fatto, non alla Persona che ha fatto lui, che lo ha fatto uomo. Puoi giungere fino a incoraggiarlo a dare grande importanza alla correzione e al miglioramento dell’oggetto, e al tenerlo sempre fisso davanti all’immaginazione durante tutto il tempo della preghiera. Poiché, se mai giunge a fare la distinzione, se mai, con piena avvertenza, dirige le sue preghiere ‘non a ciò che io penso che tu sia, ma a ciò che tu sei’, la nostra situazione diventa disperata. Una volta che tutti i suoi pensieri e tutte le sue immagini vengono cacciate da parte o, se ancora ritenute, ritenute con la piena cognizione della loro natura puramente soggettiva, mentre pone la sua fiducia in quella Presenza perfettamente reale, esterna, invisibile, là nella stanza con lui, e che egli non conoscerà mai come invece viene conosciuto da essa, beh, allora è proprio il momento in cui piò capitare l’incalcolabile. Nel lavoro per evitare questa situazione, questa vera nudità dell’anima in preghiera, sarai aiutato dal fatto che gli stessi uomini non la desiderano tanto quanto suppongono. Sì, esiste quella cosa che consiste nell’ottenere più di quanto si è contrattato!

Tuo affezionatissimo zio

Berlicche
 

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